LE MICROSCELTE

Come rovinare la vita degli altri e la propria
a poco a poco e quasi senza rendersene conto

CASA DI RECLUSIONE DI OPERA, 12-05-2009

Tiziana Pozzetti

19-05-2009 La locandina

Il Dott. Aparo introduce il tema delle microscelte proponendo i seguenti spunti di riflessione:

Il tema della scelta è oggetto dell’attenzione dei filosofi da sempre.

A volte le cose accadono senza l’uomo debba scegliere quale direzione imprimere alle cose…

 

Cappella Sistina, La creazione di Adamo - Michelangelo

 

 

Più spesso succede che siamo chiamati ad assumere una specifica posizione, a optare per questo o quello…

 

Vocazione di Matteo - Caravaggio

 

Il tema delle scelte non sembra molto rilevante quando tutto funziona bene. D’altra parte, non facciamo caso al nostro cuore e al suo funzionamento quando non ci sono problemi. Quando il cuore inizia ad avere qualcosa che non va, invece, ce ne accorgiamo; parimenti quando ci troviamo di fronte alle conseguenze negative delle nostre scelte passate siamo motivati a interrogarci sull'importanza delle decisioni che all’epoca ci erano parse irrilevanti…

 

Icarus - Bruegel

 

 

La mia esigenza di parlare della scelta nasce dopo una ventina d’anni di esperienza in carcere, nel corso della quale avevo già constatato mille volte che per i detenuti con i quali parlavo

 

Possiamo dividere le nostre scelte in due categorie:

 

La caduta dei ciechi - Bruegel

 

Come mai alcune persone si ritrovano a compiere la maggior parte delle loro scelte immersi in questa nebbia? Cercare le risposte a questa domanda all'interno del carcere non significa “studiare i detenuti”, bensì studiare “insieme ai detenuti”, costruire insieme a loro delle risposte a delle domande che sono comuni a chi sta dentro e a chi sta fuori dal carcere.

 

 

Completata la sua introduzione, il dott. Aparo chiede a una ventina di persone fra membri del gruppo e ospiti che cosa si aspettino dall’incontro appena iniziato.

Dalle risposte è emerso il bisogno di mettere a confronto esperienze e percorsi diversi. In particolare, alla luce del fatto che ciascuno di noi può compiere degli errori o delle scelte sbagliate lungo il proprio cammino, molti detenuti e anche molti ospiti hanno manifestato l'interesse a capire come mai qualcuno è seduto da una parte, quella degli ospiti, e qualcuno dall'altra, quella dei detenuti. Quali sono le circostanze che hanno portato gli individui a essere dentro o fuori dal carcere? E non poteva essere il contrario? Chi è fuori avrebbe potuto essere dentro? E chi è dentro avrebbe potuto essere fuori? E come ciò sarebbe potuto succedere?

Cercare risposte a queste domande è vissuto dai presenti come una possibilità di acquisire maggiore consapevolezza del proprio cammino e delle proprie scelte, anche in funzione di trasmettere successivamente tali riflessioni ai ragazzi, a scuola o in famiglia, che hanno ancora davanti un futuro pieno di possibili micro e macroscelte.

 

Adriano Avanzini: l'immagine della nostra locandina raffigura Icaro seduto sconsolato su una colonna con le ali spezzate. La chiusura, l'oppressione e l'impotenza, accentuate dal taglio fortemente orizzontale che ho voluto dare all'immagine, contrastano con la voglia di libertà di Icaro. La scelta di Icaro di volare in alto, verso il sole, sembra dettata dal desiderio della libertà. In realtà egli non è stato in grado di misurare le conseguenze di una scelta dettata dal suo desiderio di onnipotenza. Questa immagine è quindi la metafora di una dinamica interna: quelle microscelte che compiamo, quando puntiamo con arroganza ad andare in alto, ci portano, senza rendercene conto, alla caduta.

 

Aparo: si dà sempre per scontato che noi tutti cerchiamo la libertà, ma non è detto che la si cerchi sempre coerentemente. Tante volte l'uomo scappa da questa libertà, anche se dice di amarla e di averla persa per errore o per causa altrui. E' come se ci fosse nel nostro cervello un tarlo che lavora “contro” in background, per farci perdere la libertà.

 

Emilio Pozzi legge lo scritto di Bruno Turci “Istruzioni di disconoscimento”, che parla di quel demone che è dentro di noi e che al Gruppo della Trasgressione è stato chiamato “pensiero vigliacco”. Esso toglie energie ed elimina ogni dubbio e ogni pensiero contraddittorio, non lasciando la possibilità di prendere coscienza delle proprie azioni. E' il modo migliore per nascondersi anche a se stessi.

 

Bruno Turci: “pensiero vigliacco” è un termine suggestivo inventato da Gualtiero su cui tutto il gruppo ha poi lavorato. Il pensiero vigliacco non rende inconsapevoli di quello che si fa, rende sordi al danno che si provoca. Elimina ogni possibilità di riflessione in questo senso, non lasciando più la possibilità di opporsi.

I membri del gruppo sono partiti da posizioni contrastanti: da una parte chi diceva che il pensiero vigliacco non esiste e che ognuno è consapevole delle scelte che fa; dall’altra, chi diceva che il pensiero vigliacco, pur non togliendoti la responsabilità delle tue azioni, ti inganna, facendo sì che tu non sia pienamente consapevole della portata delle tue scelte.

 

Gualtiero Leoni: la definizione di “pensiero vigliacco” mi è sorta spontanea quando, analizzando certi miei comportamenti, mi sono reso conto che mi ero dimenticato con troppa facilità delle conseguenze di certe mie azioni.

 

Renato Vallanzasca: il pensiero vigliacco può essere una scusante di colui che non si vuole assumere le sue responsabilità. In certe situazioni, ad esempio, si toglie agli altri la possibilità di attaccarti: se dici che sei stato sopraffatto da un pensiero che ti ha oscurato la mente, non dai all'altro la possibilità di controbattere. Ti dichiari colpevole dell’azione, ma quasi estraneo all’intenzione. E l’altro cosa fa? Uccide un uomo morto?

 

Aparo: spesso al gruppo è capitato di discutere di questo tema. Il reato che ho fatto, l'ho fatto volendolo fare o sono stato guidato da “qualcosa” che si è infiltrato nella mia mente? Questa domanda ha diviso i detenuti del gruppo in due diversi filoni di pensiero. Un gruppo di detenuti sostiene di avere agito con piena consapevolezza della scelta e delle conseguenze. L'altro sostiene invece che alle volte ti puoi trovare a fare qualcosa senza esserne completamente consapevole.

 

Diego Mombelli: io ero consapevole di quello che facevo. Non c'è spazio per nessun retropensiero per me. Sono stato libero di fare la rapina, tanto quanto di scegliere di venire a questo gruppo.

 

Bruno De Matteis: fino a 17 anni ho avuto una bella vita. A 17 anni quando mia mamma è morta e sono rimasto con un padre, in carcere, che non conoscevo, le cose sono cambiate. Mi sono sposato e ho iniziato a rubare, forse non ero consapevole del male che facevo a chi mi stava intorno. Iniziai a rubare perché mi sentivo tradito dalla vita.

 

Lella Costa: prendiamo ad esempio “La coscienza di Zeno”. Zeno si sposa non perché è innamorato di Augusta ma perché sente che in quel momento ha bisogno di quella scelta, allora mi chiedo, quanto c'è di calcolato, di casuale, di consapevole in questo?

Non dobbiamo puntarci troppo su una risposta. Mi viene in mente quella frase “quando imparammo tutte le risposte... ci cambiarono le domande!”. Allora impariamo a cambiare la domanda! a guardare le cose da altri punti di vista. Io in quel pensiero vigliacco ci vedo anche un “pensiero stupendo”, un piacere. Magari io stessa non sono dentro a questo carcere solo perché mi hanno attratto “altri” pensieri stupendi, meno pericolosi, meno trasgressivi.

Non siamo mai del tutto consapevoli, diceva John Lennon: “la vita è quello che ti succede mentre sei impegnato a fare altri progetti”.

Prendi il mito di Orfeo, ha fatto tanto per andare a recuperare la sua Euridice all'inferno. Solo una cosa gli venne chiesta dagli dei, di non girarsi a guardarla durante la risalita dall'Ade. Non era una cosa difficile! E allora perché lui si gira? E' una scelta? E' destino? Desiderava davvero riprendersi Euridice come tutte le sue azioni, fino a quel momento, sembravano dimostrare?

 

Aparo: Bruno De Matteis, Diego Mombelli, Renato Vallanzasca hanno fatto proprio ciò che volevano fare, ciò che avevano deciso di fare da piccoli? Si ha paura quando si dice che c'è qualcosa nella nostra mente che ci “porta altrove”. Si ha paura che ciò possa corrispondere alla negazione delle proprie responsabilità. Si ha paura di parlare di questo “pensiero vigliacco” perché sembra una scusa.

Al gruppo, per identificare meglio la questione della responsabilità, si è parlato di due stanze:

Ma occorre sottolineare che interrogarsi sul percorso passato non vuol dire giustificare la persona, bensì, studiare, ricercare e capire che cosa l’ha portata fino ai reati. Vuol dire anche cercare di recuperare con le persone il percorso effettuato dalle aspirazioni iniziali alle scelte devianti; vuol dire, fra l’altro, mettere in atto ciò che dice la legge, cioè che la pena deve tendere al recupero del condannato, ovvero al recupero del cittadino responsabile che la persona ha progressivamente disatteso.

 

Silvia Casanova: si dice “ho scelto io le mie scelte, non c'è nessun pensiero vigliacco”, come se il pensiero vigliacco fosse una cosa per “mollaccioni”. In verità il pensiero vigliacco sta semplicemente ad indicare che l'uomo non ha sempre ben chiaro ciò che vuole, non ha cioè sempre sotto controllo le sue spinte e quindi non sa perché gradisce una cosa piuttosto che un’altra. Anche io sentivo quel pensiero che mi stuzzicava a far qualcosa di diverso rispetto alle decisioni che pensavo di aver preso. Dopo tutta la fatica degli esami, alle volte mi balenava l'idea di mollare tutto e non laurearmi più. Con questo voglio dire che, dentro di noi, ci sono delle sensazioni e dei sentimenti che molto spesso ci spingono in una zona non programmata, non costruita a tavolino. Allora, bisogna imparare a dare aria a questa parte di noi e a dialogare con lei. Solo in questo modo possiamo combattere quella sordità che non ci permette di sentire, non solo un nuovo spazio dentro di noi, ma anche lo spazio dell’altro.

 

Livia Nascimben: sono molto felice che ci sia la dottoressa Giovanna Fratantonio, ricordo quando eravamo andati a fare visita al carcere Beccaria al termine del corso di laurea sulla psicologia della Devianza, in quell'occasione dovevamo simulare un processo. Io non volevo fare niente, volevo solo stare zitta ma la Dott.ssa Fratantonio mi trovò lo stesso un ruolo in cui dovevo solo fare ciò che mi riusciva naturale, stare zitta appunto. Però solo il fatto che mi diede un ruolo riuscì a farmi sentire lo stesso partecipe. Oggi, partendo da lì, sono riuscita ad arrivare al punto in cui riesco a prendere la parola.

 

Dott.ssa Giovanna Fratantonio: volevo solo dire che dentro di me c'è tutto il bene e il male che c'è in tutti noi. Forse, l'unico filo conduttore della mia vita, che mi ha permesso di essere da questa parte e non tra i detenuti, è che ho sempre tenuto presente “gli altri” nel mio agire.

 

Dott. Siciliano: sono molto felice di aver assistito a questo convegno, ho potuto vedere il risultato di un lavoro e di un progetto e ho potuto vedere come delle teste pensanti, stando insieme, possano arrivare a riflessioni che permettono di mettere in dubbio le proprie vecchie certezze.

 

Aparo: quanto ciascuno ha presente che sta minacciando “l'altro”? In ciascuno ci sono delle spinte positive e negative, ma tutte le persone maturano dentro di sé la piena consapevolezza dell’altro? Cosa diceva Diego Mombelli a proposito di come sentiva le altre persone all’epoca dei reati? Le persone: ostacoli fra lui e il suo obiettivo!

Al gruppo si è parlato di pensiero vigliacco per ricordarsi che “l’ostacolo” era proprio un’altra persona. L’attività del gruppo punta a svegliare la consapevolezza che c’è anche l’altro. Il nostro lavoro non studia i sentimenti del rapinatore per giungere a una sua giustificazione, bensì per ricostruire le condizioni nelle quali si è prodotto quello scollamento che gli ha permesso di dimenticare che di fronte alla sua pistola c’era un’altra persona.

 

Garrotazos - Goya

 

La nostra costituzione dice che tutte le persone hanno pari diritto alla salute, all’istruzione, a diventare cittadini. Ma diventare cittadini significa, in definitiva, giungere ad avere coscienza gli uni degli altri. A ben guardare, però, e senza mai negare il principio irrinunciabile della responsabilità individuale, non è mica vero che tutte le persone durante gli anni della formazione godano di un humus equivalente nel quale possa maturare la coscienza dell’altro. Non possiamo certo trascurare che per alcuni ragazzi i primi eroi sono Ulisse e il Capitano Nemo e per altri chi sa ottenere prima l'obbedienza dell'altro.

Colui che entra in gioielleria e ammazza il gioielliere, non lo fa principalmente per ottenere denaro, ma lo fa per sentirsi Dio. Chi decide della vita di un uomo è una persona che, per delle ragioni che vale la pena approfondire in un altro momento e che comunque hanno a che fare con il suo senso di impotenza, ha bisogno di fingere di essere Dio! Ma con la pistola in mano la tua finzione diventa vera. L'esempio che riesce a far comprendere la cosa in modo più eclatante è quello della persona che uccide gratis, solo per ristabilire un ordine che, nella sua fantasia, era stato violato con la sua estromissione dal mondo.

 

Dott. Siciliano: generalmente c'è sempre una scusa per ogni cosa. E' bello vedere invece come delle persone che si riuniscono per riflettere riescano a portare tutti verso il modo corretto di tener in conto gli altri.

 

Emilio Pozzi legge la poesia “La scusa” di Vito Cattaneo. Poi aggiunge: a conclusione vorrei dire che sono contento soprattutto che voi oggi, con questo convegno, avete sgretolato il muro della diffidenza. Quello che nel carcere c'è tra i diversi ruoli e anche tra detenuto e detenuto.