Verbale su l'idolatria della verità |
Redazione | 05-06-2008 |
Gaetano porta al gruppo un suo scritto. E' su un foglio piccolo, le parole sono equidistanti e allineate come se fossero appoggiate a dei quadretti che però non ci sono. Lo legge Alberto. Silvia viene invitata a interagire con lo scritto, ma ha paura di farsi coinvolgere e non risponde. Prova a rileggere lo scritto ad alta voce a beneficio di tutti, ma è in difficoltà. Nello scritto manca la punteggiatura, mancano gli accenti o sono fuori posto. Alberto però lo ha letto bene; lo scritto letto da lui sembrava avesse senso: Gaetano invita i membri del gruppo ad essere coerenti con ciò che viene professato a parole, comunica di avere la sensazione che ognuno cerchi qualcosa quando parla, ma si chiede che uso venga poi fatto di ciò che si dice. Infine dichiara di volere contribuire alla ricerca del gruppo.
Iniziano gli interventi. In particolare ci si sofferma su un passaggio dello scritto: "Diamo una svolta alla vita perché al momento non è vita, è solo presunzione di essere quello che non siamo."
Si riflette sul ruolo che può avere nella vita di un individuo portare avanti una convinzione su se stessi e sulla propria relazione col mondo. Dopo alcuni interventi frammentari, Aparo osserva che a volte coltiviamo alcune idee su noi stessi e sugli altri che si appoggiano su elementi di realtà, ma che, per difenderci da alcune nostre paure, ci ingabbiano. A volte, ad esempio, ci si serve dell’immagine negativa dei genitori per bloccare lo scorrere del tempo e della propria evoluzione. Ricordare continuamente che i nostri genitori sono stati inadeguati può far diventare questa nostra verità una corazza. Quando le mancanze di un genitore diventano sfiducia generalizzata negli adulti, fare riferimento alla verità storica può diventare un modo per impedire lo sviluppo delle nostre funzioni adulte.
Di solito, continua Aparo, ci si chiede quale sia l’obiettivo delle affermazioni false, non di quelle vere; ci si chiede perché una persona dice una bugia, non a quale scopo quella stessa persona ribadisce ostinatamente una certa verità. Quando diciamo a noi stessi che i nostri genitori ci hanno trascurato non ci chiediamo a quale obiettivo risponde, nelle nostre vite, fare questa affermazione. Alle verità che ci sembra di scoprire quale funzione affidiamo? Allargare i nostri orizzonti o cristallizzare la nostra condizione?
A volte si imputa a delle verità storiche la responsabilità delle proprie resistenze ad evolversi; si fa riferimento al nostro passato o a una nostra condizione attuale, quasi mitizzando l’origine della nostra resistenza verso alcune delle nostre potenzialità.
Aparo conclude la riunione con una domanda:
Affermare la verità storica, a volte celebrarla o addirittura idolatrarla, quale effetto produce nella nostra vita? Cosa permette di fare? Quali strade consente di percorrere? Quali spazi apre e quali chiude? Quali scelte rende possibili?
Scritti collegati: La Corazza, M. Battarin; Il calco e il manichino, A. Aparo; La corazza, G. Martino; Luci in lontananza, K. Forte, Verbale 19-06-08, La poesia è questa qua; Immagini plurititolate