Su mosche e lucciole
San Vittore, Verbale 01-06-2009

Giulia Marchioro e Tiziana Pozzetti

 

Si legge lo scritto di Ivano Longo “Mosche bianche

IVANO MOCCIA: mi rivedo in una mosca bianca e invisibile alla quale però succede qualcosa che le fa venire voglia di apparire e di fare danni. Nonostante questo, vedo in lei delle doti: il fatto di saper trascinare le persone può essere una qualità, se usata in modo costruttivo. Quando ero libero spesso ero preso dalla voglia di essere riconosciuto dalle persone del mio gruppo e non riuscivo a non commettere reati. In carcere ho notato che sono riuscito a far emergere anche delle qualità che ho: lavoro alla biblioteca e ho coinvolto molte persone nel leggere dei libri. Anche quando ero libero ho provato a fare bene, ma non ho mai avuto la costanza di investire le mie doti in maniera costruttiva. Credo di aver bisogno di una guida che mi indichi la via da seguire, altrimenti mi perdo tra le vie dell’illegalità.

VINCENZO: nello scritto si parla di due tipi di leader, uno costruttivo e uno distruttivo. Io credo si possa attingere sia dall’uno che dall’altro. È anche vero che quando una mosca non si sente riconosciuta, nella società capita che trovi la strada più facile per essere riconosciuta, quella dell’illegalità.

ANTONIO TANGO: quando Ivano parla della seconda mosca, quella distruttiva, ha specificato che ha dei problemi. Quali sono questi problemi?

MARIO: secondo me, Ivano si rivede nel leader distruttivo. Non capisco però come un leader possa avere dei problemi con se stesso: se una persona è così carismatica da trascinare altre persone, secondo me, non ha dei problemi con se stessa, ma solo smanie di potere e la voglia di distruggere gli altri.

APARO: è possibile avere carisma ed essere leader pur avendo dei problemi?

PAOLO: secondo me una persona con dei problemi non può essere un leader. Se una persona sfrutta le altre e approfitta delle debolezze degli altri non può essere riconosciuto come leader. Un vero leader è quello viene riconosciuto spontaneamente dagli altri per le sue qualità, non quello che ha bisogno di imporsi.

ANTONIO TANGO: invece per me un leader può avere dei problemi, e anche tanti. Capita di interpretare il ruolo del “leader negativo” perché, avendo dei problemi a cui non sai trovare una soluzione, riesci a stare meglio facendoti vedere forte e facendoti riconoscere da chi, come te, ha dei problemi. Più riconoscimento ottieni e più ti senti forte; più ti senti forte e più osi; più osi e più gli altri ti riconoscono. Anche una persona che sente di non valere nulla e si sente insicura ha comunque dentro di sé il desiderio di essere riconosciuta. Uno prova, per esempio, a strappare un pezzetto di pagina e vede che attira l’attenzione della gente; poi ne strappa un pezzo più grosso e nota che gli viene data ancora più attenzione. A quel punto strappa il foglio intero. Il leader negativo individua il limite delle persone che gli danno attenzione per superarlo, per ottenere la loro ammirazione e il loro timore.

IVANO MOCCIA: il leader può avere dei problemi, l'apparenza inganna, anche se tutti lo vedono carismatico, di fatto può sentirsi solo. E' difficile tirare fuori le cose più profonde che abbiamo dentro, uno allora si mette la maschera e si fa vedere forte, sorridente.....

VINCENZO: Le persone possono diventare leader distruttivi, pur avendo dei problemi. Quando ottengono il riconoscimento dagli altri, quei problemi continuano ad esistere, solo che rimangono nascosti. Il leader negativo è quello che vede nell'attacco la maniera migliore per difendersi. Ha dei problemi, ma ha affinato i mezzi a sua disposizione in modo tale da andare incontro al problema attaccando. Pur di non pensare a ciò che ci fa stare male, cerchiamo qualcosa di ancora più distruttivo che ci permetta di non sentire più il nostro primo dolore, cerchiamo di anestetizzare i nostri problemi nascondendoli a noi stessi e buttandoci alla ricerca di piaceri che si rivelano esperienze negative. Io, per esempio, avevo tanti problemi e stavo così male che l’eroina, pur rendendomi conto che fosse un “male”, mi sembrava in quel momento l’unico rimedio capace di farmi superare il mio stato d’animo, che comunque solo con le mie forze non riuscivo a cambiare.

APARO: chissà come mai Mario è fra i pochi a sostenere che un leader non ha problemi.

MARIO: Ivano parla di un leader positivo e uno negativo. Secondo me il leader negativo ha meno problemi rispetto ai pecoroni che lo seguono, addirittura si diverte nel vedere gli altri che gli girano intorno come delle marionette.

MARCELLO: una persona può anche essere un leader e avere tante persone che lo seguono, ma avrà sempre dei problemi se sta male dentro. Kurt Cobain e Jim Morrison sono due esempi di leader seguiti da centinaia di fans, ma alla fine si sono suicidati, il loro problema era il male che avevano dentro.

TIZIANA: credo che Mario dia per scontato che il leader agisca consapevolmente, ma non è detto che sia così, magari sta male, ha dei problemi e per venirne fuori in qualche modo calza la maschera da leader.

ANTONIO DI MAURO: io credo che leader non si diventi in modo premeditato. Ci si accorge ad un certo punto di essere riconosciuti come tali. Ma secondo me, il leader può avere più problemi degli altri.

ANTONIO IANNETTA: leader positivi non ne ho ancora conosciuti. Posso dire però di averne conosciuti molti negativi. Mi ricordo che una volta ero in una compagnia per festeggiare il capodanno. In questa compagnia era riconosciuto come leader un ragazzo che per un niente ha quasi ucciso un mio amico. In quel momento ho capito che dovevo diffidare di persone come lui.

 

Tiziana Pozzetti e Giulia Marchioro

 

Si legge lo scritto di Antonio Tango: “Le lucciole

 

VINCENZO: mi ha colpito la prima parte, quando si parla di fare del male a se stessi e/o agli altri. Soltanto quando l’uomo capisce la vera origine del suo male riesce ad uscire dal labirinto in cui si trova.

MARIO: il valore che Antonio T. dà al male è in qualche modo proporzionato al bene che adesso intuisce di poter fare. Solo adesso, che sta conoscendo un modo costruttivo di vivere se stesso e gli altri, aiutato da un leader positivo che dà delle linee guida da seguire, riesce a capire che il male è il modo in cui ha condotto la sua vita, sprecandone una buona parte. Ciò che l'ha indotto a farlo è la sensazione di non avere alcun valore per suo padre.

GIULIA: credo che questo scritto parli anche di me. In passato soffrivo perché non mi sentivo riconosciuta per ciò che ero. Oggi invece sto vivendo un periodo in cui, pur sapendo di avere gli strumenti per fare bene, non mi sento in grado di raggiungere i miei obiettivi, mi sento confusa, lenta, incapace. Vengo chiamata ogni giorno ad essere semplicemente quella che sono, ma a volte questo mi fa ancor più paura, perché se dovessi fallire, non riuscendo a raggiungere i miei obiettivi, deluderei non solo me stessa ma anche le aspettative di chi tiene a me.

Dello scritto non mi convince molto il pezzo in cui Antonio dice che la soluzione al problema dipende tutta da lui. A me sembra che, qui al gruppo, siano stati gli altri che per primi hanno iniziato a credere in lui, facendogli sentire che quello che faceva poteva essere apprezzato. Questo gli ha dato lo stimolo per credere in se stesso. Gli strumenti erano già in lui, ma credo sia stata la relazione con gli altri che gli ha permesso di imparare ad utilizzarli.

MASSIMO: io continuo a pensare alla delusione che ho dato a mio figlio e al rancore che adesso lui ha nei miei confronti. Gli avevo promesso che non sarei più finito in carcere e, invece, sono ancora qua per aver perso la fiducia che i problemi che avevo, col tempo, potessero risolversi.

GIUSEPPE: quando interpreti il ruolo di leader negativo continui a volere sempre di più e non riesci a fermarti, non vedi al di fuori di te nessun buon motivo per il quale dovresti smettere di far quella vita. Dai per scontato che tua moglie e i tuoi genitori siano sempre in grado di sopportare quello che fai. Intanto rovini la tua vita, ma anche la loro… eppure è una scelta tua e loro non c’entrano. Le cose cambiano quando arrivano i bambini. Il loro affetto ti chiama al cambiamento, loro ti esigono presente e maturo. Il mio nipotino più piccolo mi fa sentire importantissimo, così come il figlio di Antonio Tango fa sentire il suo papà. Quando un bambino ti chiede di essere adulto non puoi tradirlo. Lì scatta qualcosa che ti fa venire voglia di essere un uomo migliore.

APARO: vorrei provare a rileggere lo scritto di Antonio alla luce delle parole finali con cui egli si rivolge a suo padre e a suo figlio. Antonio scrive che il vero male è allontanarsi da se stessi; dice di essere fuggito dal sentirsi incapace e inadeguato e di aver fatto il camaleonte per guadagnare velocemente il consenso dei compagni, ma osserva che questo meccanismo lo ha indotto a smettere di porsi domande e a tradire se stesso. Più avanti, nello scritto si ripromette di continuare a porsi domande perché ritiene che questo sia un modo per rientrare in contatto con se stesso.

Mi chiedo cosa abbia indotto Antonio, per la prima volta da quando è al gruppo, a parlare di suo padre. A me pare che le due dichiarazioni d’amore in coda al testo facciano di chi scrive un ponte tra il padre e il figlio e penso che questo sia possibile grazie al fatto che Antonio oggi sta smettendo di sentirsi incapace, come invece suo padre aveva pronosticato.

Se uno ritiene di non aver nulla da offrire e nulla da perdere, può accadere facilmente che si metta a sprecare la propria vita, ma è ben difficile, poi, che la coscienza dello spreco non lo induca a provare rancore verso la persona che aveva profetizzato che le cose sarebbero andate male. Si tratta di un circolo vizioso: tu hai fatto in modo che io scegliessi per il peggio e per questo ti odio; ti odio e questo aumenta la spinta a dare il peggio di me.

Ma se poi uno ha un figlio che cresce in bellezza, se si impegna nel lavoro, se si mette a scrivere testi capaci di comunicare con i ragazzi delle scuole che vengono a trovarci, insomma, se le cose volgono al meglio, allora può succedere che la persona che ha fatto di tutto perché la profezia paterna si attualizzasse, cominci a sentirsi una persona capace e produttiva.

In questo modo, il comportamento distruttivo che per anni è stato praticato per permettere alla profezia paterna di avversarsi oggi comincia a non essere più necessario: forse il padre potrà essere contento anche se la profezia non si avvera.

Io credo che Tango possa citare suo padre nello scritto proprio perché non lo sente più come il giudice cattivo che ha emesso una sentenza cattiva. Forse il giudice può tornare a fare il padre perché è stato aiutato dal figlio a riconoscere che la sua condanna era sbagliata e, per la stessa ragione, il figlio può smettere di subirla: tante volte ci si comporta da delinquenti per evitare di dar torto a chi lo aveva pronosticato.

Ma rimane una domanda aperta. Quando ti rendi conto che la sentenza di tuo padre era sbagliata, comprensibilmente, potresti odiarlo. Invece Tango dice di amarlo. Perché?

Forse perché oggi il padre, da tiranno che l'ha condannato ad un esilio senza appello, diventa semplicemente un padre e un uomo che ha sbagliato. Quando non si sente la morsa di dovere avallare il giudizio sbagliato emesso su di noi da una persona importante, diminuisce il rancore verso quella, mentre cresce la libertà di investire sulle nostre aspirazioni e di impiegare le nostre risorse.