Le mie lucciole

Antonio Tango

 

29/05/2009

Da quando si è aperta la strada al dialogo con me stesso, ho cominciato a scoprire che non esiste niente al mondo che può farti più male di quello che tu puoi fare a te stesso.

Mi sono sempre vergognato e non sopportavo la mia immagine, pensavo di essere brutto e insignificante, di non valere niente. Ero convinto di essere scemo, che non potevo fare niente di buono, che mio padre non mi voleva, che io per lui ero soltanto un peso. Da ragazzo mi chiedevo: ma perché sono nato? Che vivo a fare? Odiavo la mia esistenza, non ricordo più quante volte, ho immaginato la morte come una liberazione, la cessazione del mio dolore, dell'angoscia che provavo.

Ma non ho mai tentato il suicidio, non so se perché ero talmente codardo da non riuscire a fare l'ultimo gesto di liberazione o perché una voce dentro di me diceva di lottare, di reagire. Ogni volta la sentivo urlare dentro me con un'intermittenza che mi perforava il cervello, la chiamavo la mia Lucciola.

Ma non volevo lottare, non mi sentivo forte, mi sentivo una nullità, non avevo il coraggio di parlarci e così ho reagito solamente con la fuga. Mi sono costruito tante immagini, ogni volta quella che mi faceva comodo, che mi riparava un po’ dall’angoscia. E quando non mi piacevo più cambiavo, indossavo un altro vestito e poi un altro ancora e così via. Ero diventato un bravo camaleonte e un abilissimo mentitore; ero talmente bravo da non capire più neanche io chi fossi veramente… e, sinceramente, non so se in questo momento lo so.

Tutti i casini che ho fatto, tutte le volte che cambiavo faccia era solo per attirare l'attenzione, per guadagnare conferme, per dire che c’ero anch'io; volevo maledettamente essere riconosciuto, valorizzato, preso in considerazione, sentire che valevo, non di essere una nullità. Ne avevo assolutamente bisogno!

Oggi penso che quando ho cominciato a cambiare faccia, in quel preciso momento, ho cominciato a seminare dentro di me il vero male, credo che tutte le volte che mi trasformavo non facevo altro che alimentare il male che avevo dentro. E questo, come un cancro, dalla profondità del mio essere si espandeva sempre di più… per distruggermi.

Mi trasformavo, lo alimentavo e lui mi faceva credere di stare bene, ma era solo una sensazione illusoria, il suo vero scopo era di creare dentro di me più paure possibili e farmi perdere del tutto la fiducia in me stesso.

Oggi penso che posso combattere questo malessere che ho seminato dentro di me solo se io per primo mi accetto per quello che sono. Se non mi presento agli altri per come io mi sento, come possono gli altri accettarmi per quello che sono?

Tutto dipende da me, devo continuare a farmi le domande, non so se sono quelle giuste, ma so che devo continuare su questa strada. Michael mi sta obbligando a mettermi in discussione giorno dopo giorno; devo per forza essere me stesso e soprattutto mi devo accettare, solo così posso guarire dal mio vero male.

Ora la mia lucciola è in compagnia.

PS.

Grazie papà e scusa se ho dubitato di te, ora so che tu mi volevi bene e che ora da lassù me ne vuoi ancora. Anch'io te ne ho sempre voluto tanto.

Michael, non sono io che ho dato la vita a te, sei tu che la stai dando a me. Ti amo figlio mio e ti giuro che non ti deluderò.

 

Michael

 


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