| La trappola e la fisarmonica di Sonia |
Silvia Casanova | Verbale Gruppo donne, San Vittore - 11-03-2009 |
La riunione si apre con la lettura dell’ultimo scritto di Antonio Iannetta: “Il vecchio giornale”.
Per prima reagisce allo scritto Fedua: il titolo mi sembra un avvertimento che chi scrive dà al lettore, come una cosa alla quale si deve prestare attenzione; è come se Antonio avesse messo la sua fotografia nel titolo. Lo scritto parla di un peso che l’autore non riesce a togliersi. Secondo me, parla anche della sua storia, della sua infanzia, di un timbro che non vuole essere cancellato. Io sono entrata in questa storia e dico che è difficile dimenticare che hai fatto del male agli altri e a te stesso.
Letizia. Mi hanno colpito due punti in particolare: il paesaggio con la rinascita della vita a primavera; la donna. Lui sta nel mezzo, rivive la situazione. Io non sono capace di capire cosa prova lo scrivente. Si parla di vita che rinasce e di morte; io la vedo dal punto di vista della tragedia: lui rivive la tragedia che ha provocato.
Sonia. Non riesco a stare attenta perché lo scritto mi ha fatto venire in mente un episodio che ho vissuto io. Secondo me c’è la consapevolezza di aver provocato un dolore doppio. Trovarsi in mano quel giornale rappresenta trovarsi in mano il dolore che lui ha procurato e di cui sente la colpa. Trovo lo scritto molto poetico nella prima parte, nella seconda invece c’è il pugno nello stomaco; la primavera fuori e l’inverno dentro.
Rita. Lui si è alleggerito dal peso che portava dentro, la foto ripesca dalla profondità della memoria una cosa che non gli dava pace. Ci si trova a fare i conti con i pesi che si portano dentro e, se si può comunicare con gli altri, si evita di venirne soffocati dal rigurgito vita natural durante (nei sogni, ecc…).
Fedua. Ho immaginato lo scritto diviso in 4 punti. Il titolo, col quale chi scrive anticipa qualcosa che rimane indelebile dentro. L’immagine della fisarmonica, che rimanda a qualcosa di antico, all’infanzia, alla storia della persona. La foto in grande sulla pagina del giornale parla delle sue responsabilità, dà delle risposte a chi le sta cercando; l’ultimo pezzo, con la rivelazione della data e del nome, parla del lavoro che chi scrive sta facendo su se stesso e della comunicazione che deve poterci essere tra pensieri ed emozioni.
Silvia. Antonio ha composto uno scritto ricchissimo, in cui si evidenzia il lavoro che una persona può compiere su se stessa e sul proprio senso di colpa. Nello scritto l’autore onora il senso della responsabilità, assumendone il senso propulsivo e cogliendo l’invito a lavorare che l’episodio impone alla coscienza, senza però rimanere soffocato o arenarsi nella colpa.
Aparo. Mi chiedo che rapporto vi sia fra trappola e giornale. In particolare, mi chiedo se il giornale sia una trappola sfuggita all’esame o una fisarmonica che, adesso che il protagonista ha smesso di guardarsi dalle trappole, può raccontare storie antiche.
Trovo che il giornale, per ciò che dice il racconto, sia l’una e l’altra cosa: cattura il protagonista e allo stesso tempo gli restituisce qualcosa. Ma il giornale avrebbe potuto catturare la persona e restituirle il suo nome se la persona stessa non lo avesse voluto?
Prima Sonia parlava di primavera fuori e inverno dentro. La frase che conclude lo scritto, però, a me dà l’idea di una parola dissequestrata che irrompe nello spazio e lo apre.
A me pare che la primavera (che all’inizio sembra riguardare solo l’ambiente esterno e che il volo delle rondini, perfetto a vedersi, impregna di malinconia) si lasci assaporare solo quando viene restituito al legittimo proprietario il suo nome.
Continuo a chiedermi, lavorando fuori e dentro il carcere, di quali condizioni abbia bisogno una persona perché una trappola possa diventare una fisarmonica…
Quando lo scritto è stato commentato al maschile, un amico dell’autore, Antonio di Mauro, diceva: “secondo me, la frase finale dice che il protagonista del racconto ha trovato la persona che desiderava essere”.