GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE

Livia Nascimben

Incontro del 02-02-2004

Lunedì al gruppo c’era un clima sereno, di gioco; nonostante si discutesse dell’animato scambio avvenuto il sabato precedente tra Dino e Aldo riguardo al contenuto di uno scritto di Dino e al fatto che, per come era costruito, potesse o meno essere utile e stimolare gli altri.

Dino spiega i motivi per cui si è sentito ferito, nessun grande discorso o presa di posizione, solo qualche considerazione molto sentita e la richiesta di essere accolto. Ogni scritto fa crescere anche quando è scritto male e viene criticato; con questa premessa, l’excursus sulla storia della filosofia era, nell’intento, un contributo alla discussione del Faro sull’area della costruzione dell’identità, anche se lo scritto è risultato troppo complesso e circonvoluto. E il tono severo con cui si è rivolto ad Aldo non voleva essere aggressivo o autoritario ma era stata una reazione di difesa al proprio lavoro.

Il gruppo dà ragione a Dino, lo capisce dal punto di vista emotivo, ma cerca di tutelare l’inesperto e giovane, per partecipazione, Aldo. Evidenzia come la cultura, e in questo caso la filosofia, rischi di diventare sterile se non si fa in modo che stimoli gli altri a porsi delle domande.

Dino è un omome grande e grosso, è iscritto a Filosofia all’università, è intelligente, studia e partecipa la gruppo con impegno e serietà. A vederlo sembra che non abbia bisogno di niente e di nessuno. Poi colpisce per la tenerezza con cui chiede a Cosimo, uno dei due studenti maschi del gruppo e l’unico iscritto a Lettere, di essere riconosciuto, come uomo e come studente.

Aldo è al gruppo da pochi mesi, anche lui è intelligente e anche lui vuole fare valere le proprie ragioni. Lunedì non era presente ed abbiamo discusso nel rispetto della sua assenza.

In questo periodo mi colpisce il comportamento di Marcello. Arriva spesso in ritardo, è sempre arrabbiato, parla poco, indossa un cappellino nero, sfoglia riviste e sembra essere con noi solo fisicamente, poi prende la parola e raccoglie elogi. Lunedì ha fatto un bell’intervento sull’arte, sull’opportunità di esprimersi e di provare emozioni di fronte ad una tela, così com’è stato per i fratelli Martino con l’opera del Giorgione.

Diego siede sempre fuori dal cerchio o direttamente sta in piedi alle nostre spalle, un po’ fastidioso come comportamento, mi chiedo perché mai non venga al tavolo. A volte i suoi interventi appaiono delle prediche, altre stupiscono per quanto sono profondi ed equilibrati. Lunedì ha rimproverato ad Aldo di avere fretta di crescere: “i cambiamenti si ottengono lavorando con pazienza nel tempo”, e al gruppo di averlo poco valorizzato sabato. Ha sottolineato l’importanza di lasciare spazio agli ultimi arrivati e di valorizzare i loro scritti perché si sentano apprezzati e stimolati a partecipare; di rispettare alcune “sbavature di percorso” per lasciare loro il tempo di capire i criteri e le regole del gruppo.

Ivano è semplicemente fenomenale! Scrive alla velocità della luce, è creativo da morire e disarma la semplicità con cui si esprime. Lunedì ha portato tre scritti, due sull’area dedicata agli scritti di Fabrizio De André e una sua “piccola” idea. La sua piccola idea è un progetto! In linea con gli obiettivi e il metodo di lavoro del gruppo, propone di lasciare parlare le proprie emozioni attraverso dei dipinti, di utilizzare i quadri come strumenti per esprimere ciò che è difficile portare alla luce con le parole e di consegnare le emozioni e i nostri scritti collegati ai quadri alla società esterna. Se già non fosse straordinario, basterebbe pensare che l’idea gli è venuta in relazione ad uno scritto dove Giovanni evidenziava la sua difficoltà a vivere le emozioni.

Giovanni mi è simpatico; ha fatto una domandina per avere la panna spray! Lunedì con le sue battute ha fatto ridere tutti, riesce a far diventare i suoi limiti motivo di gioco e a condividerli con noi.

Poi ci sono i nuovi membri, Massimo e Armando; ascoltano con attenzione, prendono educatamente la parola e fanno interventi appropriati, sono aperti al dialogo e, fin da subito, risultano simpatici.

Gli altri detenuti del gruppo ormai è un po’ che non li vedo, durante la settimana lavorano al Call Center della Telecom e partecipano al gruppo del sabato, ma io quel giorno non ci sono.

Spesso mi dimentico di essere in carcere e altrettanto spesso mi dimentico di essere un cittadino libero. Parlo di comunicazione con la società esterna come se mi scordassi di essere, in ogni momento, io parte di quella società. Si sovrappongono così tanti piani, individuale, sociale, familiare, lavorativo, culturale, che è quasi impossibile averne coscienza contemporaneamente. Chiunque al gruppo lavora con la volontà di superare i muri che sente opprimenti, siano essi paure e difficoltà personali, di relazione con sé e gli altri o limiti che la realtà impone. Per me relazionarmi con i detenuti significa cercare strumenti per aumentare la comunicazione con la realtà esterna e con ciò che sento e desidero.