Il delitto comporta per chi lo subisce perdita, dolore, ma anche rabbia e desiderio di vendetta. Chi può stupirsene? Chiedere ad una madre di perdonare gli assassini del figlio è come chiederle di farsi santa senza nemmeno darle il tempo di vivere da donna. Non possiamo aspettarci che chi ha perso un figlio a causa della follia omicida non chieda ai Giudici di essere vendicato; ma sarebbe assai triste se i Giudici si limitassero a cercare un equilibrio fra la pena e il danno.
Nessuno si meraviglia se un bambino che si vede aggredire dal fratellino chiede ai genitori di intervenire per difenderlo e punire l'aggressore. Ma nessuno giudicherebbe un buon genitore il padre che limitasse il suo intervento alla punizione, senza cercare di promuovere la riconciliazione fra i due fratelli.
L'armonia di un gruppo sociale non dipende dal fatto che le infrazioni vengano punite con sanzioni proporzionali al danno arrecato agli altri, ma dalla capacità del gruppo di recuperare l'equilibrio violato dall'infrazione.
Il danno non può essere risarcito! Al reo non serve coltivare l'illusione che un giorno "potrà estinguere il suo debito con la società". Chi ha inflitto arbitrariamente dolore agli altri non può mai pagare il suo debito; ma può emanciparsi dall'insana voglia di causare altro dolore; recuperare la fiducia di potere e maturare la responsabilità di dovere fare qualcosa di buono per sé e per gli altri.