| Libertà, Legge, Trasgressione |
Livia Nascimben | |
Milano 4-4-2003
Serata in casa Scout AGESCI, per la presentazione del libro "La aquile randagie. Scoutismo clandestino lombardo"
Relatori dell'incontro: Angelo Aparo; Carlo Verga e Vittorio Cagnoni, autori del libro, Nina Kauchtschichilvili, docente di lingua e letteratura russa.
Aparo inizia il suo discorso leggendo lo scritto di Marcello Lombardi "Poca Chance", uno scritto che il giorno prima aveva portato ad una riunione del Gruppo della Trasgressione. Lo scritto è rappresentativo di alcuni dei concetti principali che hanno permesso ai membri del gruppo di confrontarsi fra loro e con la società esterna in questo anno di lavoro.
Uno dei concetti che comunica Marcello nel suo scritto è che la sensazione di contare poco può essere tale da farti avere percezione di te stesso solo quando ti comporti in modo violento.
Aparo promette poi che cercherà di inscrivere il suo intervento dentro il triangolo fissato dai tre termini indicati nel titolo della serata.
REGOLE
Le regole possono essere percepite come tracciati per costruire la realtà e incontrare persone con cui trasformarla; ma per altri le stesse regole possono essere gabbie entro cui ci si sente imprigionati e, pertanto, motivati a trasgredirle.
Le regole danno l'idea della libertà soprattutto quando si sente di poter contribuire ad identificarle e costruirle.
Molti individui, molti gruppi sociali, molti popoli sentono le regole come steccati entro cui si percepiscono arbitrariamente confinati e schiacciati. Spesso questa "percezione" coincide con la realtà, la realtà della fame, dei regimi dittatoriali, degli abusi di potere). In ogni caso, questo non può che motivare ad abbattere violentemente tali steccati, salvo che non si prospetti la possibilità di contribuire a ridefinirne i confini.
Lo scritto di Marcello, letto qui questa sera, è prova che i detenuti del Gruppo della Trasgressione, pur confinati entro le mura del carcere, possono concorrere e, di fatto, concorrono a costruire qualcosa insieme ad altre persone.
Passare da una condizione di emarginazione ad una che permette di collaborare con altri è un'esperienza di libertà, a maggior ragione se -come in questo caso- l'esperienza coincide con il superamento di un limite e facendo riferimento a dei codici di espressione comuni.
TRASGRESSIONE
L'essere umano ha la necessità di trasgredire le regole che impediscono l'espressione di se stessi. La trasgressione, lo sconfinamento, però, hanno spesso esiti distruttivi.
I confini che si sentono oppressivi possono essere quelli delimitati dal fascismo, di cui parlava Vittorio Cagnoni, che ha imposto regole che limitavano la libertà e il senso della collettività. I confini possono essere anche dettati da regole che ci auto-imponiamo.
L'essere umano non è univocamente proteso verso la libertà; bisogna ammettere che l'individuo costruisce muri e steccati per chiudere se stesso anche quando le condizioni esterne sembrerebbero compatibili con la libertà; il muro che chiude il nostro desiderio di vivere, spesso, non è quello del carcere o quello della tirannia fisica esterna, ma quello con cui ci difendiamo dai nostri conflitti e dalla difficoltà di riconoscere le diverse istanze e spinte che ci agitano e che ci fanno vivere.
La spinta verso l'illibertà ci appartiene quanto il desiderio della libertà; questa duplicità ci caratterizza come individui, come gruppi, come popoli; ma non sempre se ne ha percezione.
Quando la forza delle spinte (interne e o esterne) che ci chiudono e ci rendono impotenti appare troppo più grande del nostro desiderio di libertà, la trasgressione diventa uno strumento per non cedere alla depressione.
LIBERTA'
La libertà, per chi si sente oppresso, consiste tendenzialmente nella possibilità di esprimersi e di superare gli ostacoli che impediscono di farlo; per chi non patisce gravi condizioni di oppressione la libertà viene più facilmente concepita come la possibilità di individuare regole, codici, situazioni che permettano di trasformare la realtà insieme agli altri.
La via che si percorre per raggiungere la libertà è quella via dove il concetto del "voi" lascia progressivamente spazio a quello del "noi", è pensarsi insieme agli altri, progettare e fare con gli altri.
Il percorso lungo Via della Libertà non è dato a priori, ma è il risultato di una conquista che consiste nel vedere aumentare dentro di sé, a beneficio proprio e della collettività, lo spazio per l'identificazione con l'altro.
Tale spazio, lungo il tragitto che ciascuno percorre, aumenta o diminuisce in funzione
La libertà non è una condizione che si possa raggiungere una volta per tutte, è una questione di gradini da percorrere: l'esperienza della libertà è esperienza di movimento verso la libertà e tale movimento risulta più facile se si appoggia a delle regole che noi stessi sentiamo di aver contribuito a costruire o a consolidare.
Il movimento riguarda tanto l'individuo quanto le popolazioni e consiste nel compiere nel quotidiano piccole scelte, gradino per gradino, facendo ogni volta uno sforzo che favorirà, al gradino successivo, le condizioni per procedere o meno verso l'allargamento dei propri orizzonti; il movimento consiste nell'allenarsi a riconoscere nelle persone diverse da noi qualcuno con cui possiamo dialogare.
Identificare un tiranno, che ai tempi delle "Aquile Randagie" poteva essere Hitler o Mussolini, aiuta a trovare la strada verso la libertà. Due settimane fa gli scout hanno vissuto un'esperienza di libertà incontrando in carcere i detenuti e scambiandosi esperienze, cioè utilizzando le mura del carcere come un ostacolo da superare per incontrare altre persone.
Durante il dibattito, Luca, uno degli scout presente al workshop, parla di come ha vissuto la sua esperienza in carcere, dei pregiudizi e delle aspettative che aveva e di ciò che ha trovato dentro e ha portato fuori: la sensazione di libertà data dalla reciproca identificazione e scambio di esperienze, pensieri, emozioni con i detenuti.
Cajani chiede ad Aparo se c'è bisogno di entrare in carcere per capire che il triangolo libertà, regole, trasgressione è presente sia dentro che fuori le mura?
Aparo risponde che per avere esperienza della nostra libertà e dell'incontro con gli altri non è necessario entrare in carcere.
L'essere umano ha delle mura dentro se stesso che lo limitano e ha bisogno di identificare degli elementi nella realtà che siano simbolo della libertà che non vive ma che vorrebbe raggiungere; il carcere è solo una delle tante realtà che si prestano allo scopo perché è l'emblema della privazione della libertà, ma è anche una efficace rappresentazione dell'ostacolo da superare per raggiungere la libertà.
Carlo Sbona, chiude l'incontro evidenziano il filo conduttore di ogni intervento: la necessità di andare oltre i limiti per raggiungere la libertà, non necessariamente con gesta eroiche ma attraverso la rottura e il passaggio di confini che limitano l'espressione dei nostri pensieri, idee, movimenti ed emozioni.