Uno studente in aula diceva che anche le persone che vengono forzate, indotte o favorite dalle circostanze ad assumere comportamenti violenti e nocivi per gli altri, avrebbero modo di cercare aiuto se lo facessero prima di giungere alla fase in cui non si può più o è troppo difficile tornare indietro.
magari fosse a portata di mano l'opzione "mi faccio aiutare" prima che succeda qualche guaio che sfugge di mano ma la vita non sarebbe dannatamente dura se tutto funzionasse perfettamente. Intanto, bisogna rendersi conto di avere bisogno, poi si chiede e dopo aver chiesto ce ne passa di lavoro e di fatiche prima di dare un aspetto decente alla propria vita. Io non vado in giro né a rubare, né a rapir bambini o a fargli del male, né a spaventar la gente né tanto meno a uccidere qualcuno, però sono su un treno in corsa. Un treno che, per un periodo (troppo) lungo, è andato a folle velocità rischiando di deragliare nella migliore delle ipotesi, oppure di schiantarsi un giorno, chissà quando e chissà dove, a fine binari.
Non sento di aver scelto proprio quel treno e non un altro, non sento neanche di aver avuto la possibilità di scegliere di viaggiare in treno piuttosto che in macchina, in autobus o a piedi, io in viaggio mi ci sono ritrovata. Un po' come il delinquente che le racconta, più o meno, di non aver la sensazione di aver preso una serie di vie e di essersi ritrovato così in un determinato posto ma ha la sensazione di esser costretto a comportarsi in un certo modo.
Io, volente o nolente, per una serie di micro-scelte che ho preso quando non avevo gli strumenti per capire cosa diavolo mi succedeva intorno e quando la mia sopravvivenza era legata ai miei genitori che non potevo di certo considerare inadeguati, ma persone perfette, mi sono ritrovata, oggi, in un punto della corsa che nessuno sceglierebbe consapevolmente se sapesse prima dove porta il treno: ad un lento e silenzioso suicidio.
Ma quando ti rendi conto di esser su un treno cosa fai? Tenti di scendere? In che modo? Saltare giù da un treno in movimento è pericoloso, cosa fai? Rischi? O stai su e aspetti? E aspetti cosa? Che il treno prima o poi si fermi? Che tu riesca a raccogliere un po' di coraggio? O che qualcuno salga sul tuo stesso treno e ti consegni una qualche attrezzatura che ti permette di decidere di saltare sapendo che ti farai un po' meno male che non se lo avessi fatto prima?
Ma che casino di discorso, si capisce?
Per riportare il tutto alla lezione di oggi, io fin da bambina ho operato delle scelte discriminando fra ciò che, in quel momento e in determinate circostanze, mi sembrava che fosse meglio escludere e ciò che rimaneva possibile, almeno fino alla scelta successiva. E progressivamente attraverso tutta una serie di micro-scelte, la gamma delle scelte possibili si è drasticamente ridotta ed eccomi arrivata al punto di spazio di vita quasi nullo.
...senti che se fai qualcosa di "brutto" la mamma sta male e cos'altro puoi fare se non comportarti come senti lei voglia che tu faccia? Cosa c'è di meglio di essere cresciuta come una bambina brava, gentile ed educata? Solo che un giorno la bambina cresce, diventa grande e si accorge di non sapere più chi sia e allora si trova costretta a far qualcosa per cercare di contenere il senso di vuoto e per avere uno spazio inviolabile dove solo lei decide come muoversi e si mette a mangiare per riempire il vuoto, come se con quel comportamento potesse rimediare a delle mancanze che sono di tutt'altra natura ma lei non lo sa, e mangia, mangia, mangia e si accorge che mangiando le ansie si placano, però non si rende conto delle implicazioni che la sua scelta avrà in futuro, non si rende conto che sta ponendo le basi affinché quel comportamento sia il precedente per altri comportamenti.
E continua a mangiare poi si accorge che se mangia ingrassa e se ingrassa non si piace e vorrebbe non mangiare ma è troppo forte il bisogno di riempire il vuoto profondissimo che sente e allora mangia e mangia fino a che non riesce più a sopportare l'ansia per l'essersi riempita fino all'inverosimile e allora un giorno decide che per placare quell'ansia deve far qualcosa e decide di vomitare. E quel comportamento di quel giorno diventa un altro precedente per una serie interminabile di eventi futuri. Vomita un giorno e prova una sensazione fortissima di sollievo e pensa di aver trovato (ovviamente illudendosi) la soluzione ai suoi dolori, mangiare per riempire il vuoto e vomitare per placare l'ansia.
Geniale! Se non che il vuoto torna e l'ansia pure ma il cerchio ormai è chiuso, mangiare, vomitare, mangiare, vomitare un meccanismo che può durare all'infinito. Un meccanismo che fa si che ogni volta quell'agito venga rinforzato e si crei lo spazio perché ciò possa continuare. Va da sé che lo spazio per l'espressione del proprio essere si riduce in modo inversamente proporzionale. Tutto ciò fino a quando? E chi lo sa
Io sfido Simone a dirmi come riuscire ad avere la cognizione del superamento del confine, della gravità e delle implicazioni che ciò comporta...prima di trovarsi dentro fino al collo, quando il danno è compiuto.
Ad ogni crisi bulimica, si ha la percezione di perdita di controllo, di, come scrive Simone, essere come rapiti e non aver la capacità di fermarsi. Si sa prima e dopo l'atto che dovresti cercare di reagire in modo meno distruttivo agli eventi della vita. Lo sai, puoi ripeterlo ogni giorno che lo sai e che devi impegnarti per evitare ciò che sai che è "male", ma non serve a nulla perché poi ti ritrovi un'altra volta con la pancia che tanto è piena che ti fa male!
E allora come scendere da questo benedetto treno?
Si operano delle macro-scelte che non sarebbero tali se in passato non avessi operato tutta una serie di altre impercettibili micro-scelte. Le cose capitano perché sono favorite da scelte precedenti che aumentano la probabilità che si verifichi qualcosa piuttosto che qualcos'altro.
E ciò è tragicamente vero o meglio, è "simpatico" se tutto funziona in modo abbastanza lineare e se ti trovi davanti un sentiero di erba calpestata che ti porta in una valle fiorita; è invece disastroso se il sentiero conduce a un precipizio.
Scendere dal treno è possibile, bisogna riuscire a creare e inserire nel cerchio un precedente costruttivo e diverso da quello abituale. C'è una frazione di secondo, prima del punto di non ritorno, in cui puoi scendere. Ma sfido Simone ad affermare che se non cogli quella chance, pur sapendo che c'è, la responsabilità di ciò che compi è tua.
Bè, non so come concludere, ma non vedo molta differenza fra chi, ad esempio, ruba sistematicamente e chi sistematicamente si abbuffa.