Sperare nell'oggi

 

Alessandra Cesario

14-05-2005  

14 maggio 2005

Oggi ho partecipato, per la prima volta come membro interno, ad una delle riunioni del gruppo della trasgressione. Ad un certo punto abbiamo letto lo scritto di Enzo: ”Porta girevole”.

In questo periodo sento il bisogno di avere al mio fianco una persona, mio padre. Vorrei stargli seduto accanto, magari sotto un albero e parlargli di come vivo la mia vita in questo momento, spiegargli che vivo male. Forse è per continuare a nascondermi dal dolore che in questa fase della vita mi assale continuamente.

Tante volte mi sono ritrovata anch’io a vivere e subire il dolore con l’illusione che quest’ultimo si potesse in qualche modo nascondere, far finta che non ci fosse. Spesso, di fronte a qualcosa che mi fa soffrire, mi s’innesca questo meccanismo del voler far finta di poter andare avanti bene evitando di affrontare il dolore.

Le situazioni si evolvono continuamente e non ti accorgi di essere rimasto intrappolato in un porta girevole. Tutto gira intorno e credi di appartenere a quello che vedi, ma non è così. Inesorabilmente ti accorgi di non farne più parte completamente, sei fuori dal gioco, quel gioco che è la vita che non è fatta solo di immagini del passato, la vita deve essere anche futuro.

Enzo non poteva trovare immagine più calzante. Ti fa intendere bene cosa significhi essere intrappolato dentro al tuo dolore. Apparentemente non hai vie di fuga, vie di scampo. No, apparentemente sembrano non esserci spiegazioni al tuo dolore, alla tua rabbia, ai tuoi perchè.

Essere intrappolati è una delle sensazioni più sgradevoli che si possano vivere. Conosco questa sensazione. E’ come se l’impotenza della tua condizione -la trappola della porta girevole- t’impedisse di respirare a pieni polmoni la vita. Ti senti fregato in tutti i sensi. Perdi la speranza.

Mi guardo intorno e non vedo quello che i miei occhi vorrebbero vedere, quello che il mio corpo vorrebbe sentire, mi sento mutilato nell’espressione dei sentimenti che non ho più possibilità di esternare alle persone che amo, mia moglie e i miei figli. Finendo in carcere ho mutilato soprattutto loro di quelle emozioni che non possono ricevere e che non possono dare, questa è la punizione di chi come me finisce in carcere.

So cosa vuole dire Enzo quando scrive queste sensazioni. Lo so perché le ho vissute in prima persona. Io sono figlia di un ex-detenuto e ho sperimentato la mutilazione nell’espressione dei sentimenti cui ti costringe una realtà come quella carceraria. Vorresti condividere ciò che provi con tuo padre, ma non puoi perché lui è in carcere e non è più accanto a te ogni giorno. La relazione quotidiana con le persone che più ami ti viene negata. Certo, ti viene negata perché così prevede la legge. Oggi però, leggendo e riflettendo su quanto scrive Enzo e su quanto ho vissuto, non ho potuto non chiedermi con amarezza: Quanto devono pagare i familiari di un detenuto per l’errore commesso da quest’ultimo? E quanto pagano lo scotto loro, i detenuti? Non è una mutilazione tremenda quella cui vengono sottoposti? Non ho delle risposte chiare a queste domande, però una cosa la so. Vivere la realtà carceraria dalla parte dei familiari di un detenuto è un’esperienza traumatizzante.

E io non posso dare quello che è giusto, consegnarlo alle persone che più amo, e che hanno il diritto di ricevere. Almeno in condizioni ottimali è così. Ma quelle agognate condizioni non esistono. Ed io, continuo a sentirmi dentro quella porta girevole, che all’inizio può essere piacevole e appagante, ma poi, mi accorgo di vedere solo immagini sfuggenti che contribuiscono solo a farmi stare male.

Poi, però, guardo a cosa è successo nella mia vita e mi riprendo dall’amarezza. Forse è vero che non tutto il male viene per nuocere. E’ stato un percorso delicato e difficile, ma ce l’ho fatta a tornare a vivere in pienezza. Ho recuperato ciò che mi era stato negato. Le ferite, una volta medicate, si sono trasformate in piccole grandi risorse. Oggi non spero solo in un futuro migliore ma, soprattutto, in un oggi migliore. Questa per me è la conquista più grande.