Porta girevole
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Enzo Martino | 23-04-2005 |
Diverse cose accadono all’improvviso senza un perché.
In questo periodo sento il bisogno di avere al mio fianco una persona, mio padre. Vorrei stargli seduto accanto, magari sotto un albero e parlargli di come vivo la mia vita in questo momento, spiegargli che vivo male; sicuramente mi darebbe delle risposte da buonista, anche perché credo che lui non abbia mai avuto bisogno di confidarsi con qualcuno, meno che mai con un figlio.
Ma forse mi sbaglio, probabilmente non mi sono mai accorto di cosa aveva bisogno lui. È difficile la vita in certi periodi e non avrei mai immaginato di sentire la necessità di parlare con una persona che adesso non c’è più. Forse è per continuare a nascondermi dal dolore che in questa fase della vita mi assale continuamente.
Penso che questo mio vivere per metà dipende dalla circostanza che alcuni punti di riferimento mi sono venuti a mancare con il trascorrere del tempo; e di tempo n’è trascorso parecchio senza relazioni costanti. Adesso credo che sia giunto il momento di fare i conti con il mio stato d’animo, che non è più disposto a sostenermi nella mia folle corsa del tipo ”tutto va bene”.
Le situazioni si evolvono continuamente e non ti accorgi di essere rimasto intrappolato in un porta girevole. Tutto gira intorno e credi di appartenere a quello che vedi, ma non è così. Inesorabilmente ti accorgi di non farne più parte completamente, sei fuori dal gioco, quel gioco che è la vita che non è fatta solo di immagini del passato, la vita deve essere anche futuro.
Mi guardo intorno e non vedo quello che i miei occhi vorrebbero vedere, quello che il mio corpo vorrebbe sentire, mi sento mutilato nell’espressione dei sentimenti che non ho più possibilità di esternare alle persone che amo, mia moglie e i miei figli. Finendo in carcere ho mutilato soprattutto loro di quelle emozioni che non possono ricevere e che non possono dare, questa è la punizione di chi come me finisce in carcere.
Oggi penso a mio padre e credo che anche lui abbia avuto periodi “no” come me, e mi domando come ha fatto a superare quei momenti “no”. Desidero immaginare che non abbia avuto il coraggio e la forza di confidarsi con noi figli, sicuramente dentro di sé ha sempre saputo che c’eravamo, e che nel bene e nel male gli eravamo vicini.
E io non posso dare quello che è giusto, consegnarlo alle persone che più amo, e che hanno il diritto di ricevere. Almeno in condizioni ottimali è così. Ma quelle agognate condizioni non esistono.
Ed io, continuo a sentirmi dentro quella porta girevole, che all’inizio può essere piacevole e appagante, ma poi, mi accorgo di vedere solo immagini sfuggenti che contribuiscono solo a farmi stare male.