Gli scout sul tema dell'autoritàVerbale dell'incontro di sabato 11-03-2006
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Livia Nascimben | 14-03-2006 |
Incontro scout – sabato pomeriggio 11-03-2006
Premessa
Il gruppo in questo periodo è impegnato in una ricerca che si pone l’obiettivo di comprendere quale tipo di rapporto con l’autorità è auspicabile per crescere: quali caratteristiche, quali condotte e stili di comportamento dell’autorità promuovono un movimento evolutivo e, al contrario, quali sono gli elementi che lo ostacolano. In questa cornice si inserisce il lavoro con gli scout.
L’incontro
L’incontro inizia con la raccolta di 5 parole che ognuno associa al termine “autorità”.
Raccolte le parole alcuni membri del gruppo illustrano cosa fa il gruppo.
Enzo: Il gruppo fondato nel 1997 e composto inizialmente solo da pochi detenuti, oggi comprende studenti di Psicologia, Giurisprudenza, Filosofia, una professoressa universitaria e un ex direttore d’azienda. Il confronto che l’esterno è sempre difficile, lavoriamo dentro e fuori agli stessi progetti.
Dimitar: Cosa fa il gruppo? Io do una delle possibili risposte: mi permette di confrontarmi con l’autorità in modo diverso rispetto al passato.
Armando: Al gruppo parliamo diverse lingue, cerchiamo di trovare un linguaggio comune, di fare ponti con l’esterno e creare anche collegamenti tra detenuti. Lavorare su se stessi e non sugli altri, questa è trasgressione.
Silvia: Il gruppo si propone di fare cultura, di lavorare sulle storture di ognuno. E’ definibile come un motore ad anidride carbonica. Cerca di fare prevenzione lavorando con gli adolescenti, in particolare quest’anno sul tema dell’imperfezione e dell’autorità.
Alessandra: Il gruppo stimola un confronto. Il nostro è uno scambio reciproco più che un portare conoscenze dall’esterno. Le cadute e i limiti sono anche delle persone fuori, non solo di chi è dentro.
Livia: Parlo della mia esperienza al gruppo: i primi tempi non parlavo nemmeno se mi era data la parola, a forza di essere stimolata e mano a mano che i legami si sono rafforzati ho guadagnato fiducia e spazio. Invito chi è timido a sfidare le proprie paure e parlare perché è una soddisfazione e un arricchimento per tutti.
Aparo: Al gruppo portiamo riflessioni, l’obiettivo è lavorare ad un progetto comune. Ci riuniamo due volte la settimana, in quelle occasioni una o più persone portano uno scritto che viene commentato e poi messo on line. Ciascuno scritto dà un’immagine un po’ diversa dell’autorità. Chi ne ha piacere può divertirsi a giocare con noi.
Vengono letti gli scritti previsti per la giornata.
E si apre un dibattito.
Aparo: Cosa avete ricavato dagli scritti? In particolare, che tipo di collegamento è possibile rintracciare tra le parole che avete scritto prima e gli scritti appena ascoltati? In quali scritti si rintraccia un’autorità che promuove la crescita e in quali c’è invece contrapposizione?
Caterina: Una delle mie cinque parole è Rispetto e la rintraccio in 7200 minuti e nello scritto delle pecore che esprimono due modi di vedere il rispetto:
Aparo: Lei vuole parlare?
Gaetano: No, sono timido.
Aparo: Veda lei se le conviene stare timido seduto o timido in piedi.
Gaetano: Beh… mi ha colpito lo scritto di Enzo dedicato a Pagano. L’intento è di rompere la contrapposizione tra noi e l’autorità, il problema non è l’autorità, siamo noi che siamo in galera, da liberi abbiamo preso con la nostra autorità ciò che volevamo, abusandone.
Francesca: Mi colpisce l’importanza che emerge in molti scritti di avere un confronto con l’autorità, tra persone con esperienze diverse.
Damiano: Il rispetto per un’autorità porta a una giustizia, alla legalità.
Giovanni: Non ho avuto rispetto per i miei genitori, non ho avuto rispetto per le cose non mie, in carcere sto imparando il rispetto, qui devi avere cura anche di una penna, è preziosa, non ti viene sempre data.
Scout: Un detenuto alla pausa mi offre una sigaretta, io gli dico che noi scout abbiamo una regola, fumiamo in modo limitato quando siamo in uscita. La regola può non essere condivisibile ma l’abbiamo concordata insieme. Se non la rispetto vado contro una decisione presa in comunità.
Maddalena: Tra le cinque parole ho scritto Soggezione, qualcosa di negativo. Gli scritti mi hanno permesso di vedere un’altra faccia dell’autorità, non più solo autoritarismo ma anche autorevolezza. Specialmente nello scritto di Alessandra e di Ivano. L’autorità può fare crescere, può essere utile. L’apice è rappresentato dalla poesia dedicata a Pagano.
Valerio: Mi ha colpito il discorso sui genitori: mio padre è autoritario ma a volte non mi rendo conto che anche lui ha aspetti positivi. Penserò a mio padre più in positivo, in fondo non mi vuole fare del male.
Federica: Ho percepito un’aria di tristezza entrando. Le mie due parole che vorrei sottolineare sono Rispetto e Consapevolezza: da parte dell’autorità sul fatto che il condannato è anche uomo e da parte del condannato di avere commesso un errore, di dovere cercare di fare progressi.
Aparo: Cosa chiedere all’autorità perché assecondi un processo evolutivo invece che il desiderio di buttarsi alle ortiche? Cosa occorre affinché l’autorità sia utile?
Federica: Confronto, attenzione al vissuto di una persona oltre che al suo comportamento. La rigidità verso i detenuti mi chiedo se sia educativa.
Sofia: Da una autorità mi aspetto autorevolezza (rispetto, responsabilità, esempio), se mi trovo davanti autoritarismo l’autorità delude le mie aspettative e sono portata a disprezzarla. Nell’autorevolezza sono portato a fare ciò che desidero fare ma che non sono ancora capace di fare da solo, se c’è un’imposizione c’è autoritarismo.
Scout: Mi è piaciuta La pesca con la bilancia. Mi sono identificato in quello scritto. Mio nonno è tedesco ed è sempre stato autoritario, di visioni strette. Mi è piaciuto il legame tra il ragazzo e lo zio.
Andrea: Trovo che l’operato dell’autorità viaggi secondo due direzioni: una verticale dell’autoritarismo e una orizzontale dell’autorevolezza. Mi è piaciuto lo scritto della professoressa Tirelli. Per essere autorevoli è necessaria la non violenza, la non imposizione che altrimenti fa percepire in modo sbagliato l’autorità.
Scout: Mi è piaciuto lo scritto che parlava dei nazisti come persone morte interiormente. E’ indispensabile guardarsi dentro, in profondità, guardare la persona nella sua totalità.
Scout: Se penso all’autorità mi viene in mente un mio capo scout. Se penso alle mie autorità di riferimento da bambina ricordo figure con cui è stato difficile rapportarmi, figure esigenti; le persone invece che sono state più “buone”, più permissive, non le vedo oggi come esempi da seguire. Tuttavia, ci sono diversi tipi di bastonature, alcune tanto per, e altre per crescere.
Chiara: Questa mattina siamo andati in Tribunale, mi hanno colpito la sterilità e la freddezza: l’ideale della giustizia è una cosa, la sua amministrazione mi ha disilluso. Poi non so perché ma nello scrivere le cinque parole ho messo parole positive, anche perdono. Una caratteristica dell’autorità utile è l’umanità, l’attenzione alla persona. Mi pare fondamentale coinvolgere la persona oggetto dell’autorità in decisioni che la riguardano, che la persona non sia solo oggetto ma anche soggetto.
Scout: Spesso mi sono chiesta se siano i Sì a fare crescere oppure i No. I no e le punizioni non bastano, bisogna fare capire quale potrebbe essere la cosa giusta. Per arrivare ad avere l’autorità occorre convincere l’altro che sei autorevole e ad accordartela, altrimenti non serve.
Scout: Quando l’autorità è statica non ci può essere miglioramento. Se l’autorità non si limita a fare rispettare le regole ma cerca di dare una sua impronta ci può essere una crescita. Secondo me poi occorre stare ad una certa distanza per potere dare un giudizio equo.
Giovanni: Se penso a una mia autorità mi viene in mente il mio professore della tesi e lo assimilo a Pagano come è descritto nella poesia. L’autorità deve essere un esempio, una figura cui tendere, non solo da temere. L’obbiettivo della crescita è diventare autorità, tu stesso un punto di riferimento.
Giampietro: Ho da imparare ad ascoltare i giovani! Ricordo di avere incontrato molte autorità nella mia vita professionale, anche stranieri. Vedo un asse, a un estremo c’è il potere, all’altro estremo l’autonomia e al centro l’autorità, l’incarnazione di un modello, di un referente, di un esempio. Segnalo di rileggere lo scritto della professoressa Tirelli.
Cajani: Il discorso sull’autorità è un discorso difficile. Oggi in tribunale con gli scout abbiamo guardato i simboli con cui di solito la giustizia è rappresentata, la spada, la bilancia. A volte è raffigurata con una benda ad indicare che la giustizia è cieca perché imparziale, ma può avere anche una negatività.
L’incontro si chiude, l’appuntamento è per il giorno dopo alle 9 all’oratorio della Parrocchia fuori San Vittore.
I minigruppi con gli scout: Uno, due, tre.