da un'intervista a Francesco Barone:

Scienza e filosofia in una nuova prospettiva


Il filosofo e il falegname

 

Francesco Barone

DOMANDA: Prof. Barone, una lunga tradizione di pensiero ci ha abituati a contrapporre scienza e filosofia. Lei, invece, sostiene che tra scienza e filosofia deve esserci un rapporto di collaborazione. In che senso? Può aiutarci con un esempio?

Prendiamo il caso di un falegname che ha deciso di dedicarsi alla costruzione di mobili artistici. E' chiaro che questo falegname, prima di decidere di fare questa scelta professionale, ha avuto delle possibilità di riflettere sul valore di questa scelta e di comparare il valore di questa scelta rispetto ad un altra.

Ipotizziamo che abbia deciso di fare il falegname anziché prendere una laurea in filosofia, perché, una volta presa la laurea in filosofia, la laurea in filosofia vale meno professionalmente di quanto non valga imparare bene il mestiere di fare mobili d'arte. Possiamo stabilire una specie di analogia tra questa scelta iniziale del falegname e la Weltanschauung, cioè la donazione di senso alla propria vita. Ma andiamo avanti. Il falegname - una volta deciso di fare questo lavoro - deve imparare: deve andare a bottega, imparare dall'artigiano come si fa il lavoro; poi si mette all'opera e anche lui incomincia a costruire; ha imparato le tecniche e anche lui incomincia a costruire e adopera degli strumenti. Gli strumenti sono lo scalpello, lo sgorbio, la sega, ecc.. Se è un bravo artigiano, a un certo punto si mette a riflettere sugli strumenti che adopera. Si chiede se per caso non farebbe meglio i mobili modificando in qualche parte alcuni di quegli strumenti. Se poi è molto geniale, addirittura inventa qualche nuovo strumento per lavorare il legno.

Il falegname non lo sa, ma nel momento in cui fa questa pausa di riflessione sugli strumenti che adopera, fa un'opera filosofica: con tutto il rispetto per il falegname e con tutto il rispetto per i filosofi.

Perché dico questo? Perché è chiaro che mentre pensa agli strumenti, a come modificare gli strumenti, non fa mobili. Riflettere sulla modifica eventuale di strumenti gli permetterà in seguito di fare meglio i mobili. Nel momento in cui non fa i mobili, ma riflette sugli strumenti, si potrebbe dire che lui si dedica alla filosofia della falegnameria.

In questo caso filosofia significa: riflessione di qualcuno sopra l'attività che sta svolgendo. E' chiaro che la riflessione su quest'attività non è l'attività stessa, bensì qualche cosa di molto importante per l'attività, perché la riflessione sugli strumenti gli potrebbe permettere addirittura di fare meglio i mobili.

L'analogia tra il falegname e lo scienziato è perfettamente soddisfacente. Anche lo scienziato, una volta che ha deciso di fare lo scienziato, cioè si è dato una Weltanschauung (in cui c'è l'ammissione che c'è qualcosa nell'ambiente che merita di essere capito anche per poter vivere meglio e via di seguito), una volta che ha deciso di fare lo scienziato deve imparare le tecniche per fare lo scienziato: si iscriverà all'università, imparerà i vari metodi e li metterà poi a sua volta anche in pratica.

Di fronte a certe difficoltà, di fronte a certi problemi che non riesce a risolvere con i metodi appresi, lo scienziato si mette a riflettere, come faceva il falegname, sugli strumenti che adopera. Questa volta gli strumenti non son più materiali - non son più lo scalpello e lo sgorbio - ma sono concetti, strutture linguistiche: si mette a riflettere sopra queste strutture linguistiche e in quel momento non fa scienza, perché la scienza ha sempre un'intenzione diretta verso la realtà, per capire come è fatta.

Ecco dove il rapporto tra filosofia e scienza può essere non più competitivo ma collaborativo: non più competitivo perché, da un lato, tanto la filosofia quanto la scienza hanno oggi riconosciuto che sono saperi umani, tentativi fallibili, congetture. Entrambe non hanno nessuna garanzia di assolutezza. Quindi non c'è più competitività, ma c'è addirittura possibilità di collaborazione quando si intenda la filosofia non come "visione del mondo", non come Weltanschauung, bensì come analisi di strutture concettuali. Molta della filosofia del nostro secolo ha insistito su questo tema. Allora lo scienziato può collaborare col filosofo: o meglio, lo scienziato svolge meglio il suo lavoro se diventa egli stesso filosofo.

Tratto dall'intervista "Scienza e Filosofia, una nuova prospettiva" - Napoli, I. I. S. F. Palazzo Serra di Cassano, venerdì 11 dicembre 1992.