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Sul suicidio

 

Livia Nascimben


Ciao Antonella,
mentre leggevo la tua riflessione sullo scritto di Dino mi scorrevano davanti agli occhi le immagini di quelle persone che l'11 settembre si sono lanciati dalle finestre delle Torri Gemelle prima che crollassero; persone disperate che avevano intuito quale tragica fine avrebbero fatto e che hanno deciso di agire attivamente andando incontro alla morte invece che aspettare che sopraggiungesse, in un tempo vicino ma che sarebbe scorso molto ma molto lentamente, cogliendoli impreparati.

Ecco, in quel caso, secondo me, il suicidio rappresenta una vittoria: l'unica e ultima scelta costruttiva che un individuo possa compiere nel tempo che gli rimane da vivere.

E in questo caso mi sento di dire che non sono d'accordo con l'affermazione di Dino che dice che "il suicida è sempre e comunque un perdente", anche se mi piace la conclusione del suo scritto in cui si chiede, e ci chiede, se il suicidio sia prerogativa dei perdenti.

Il tema del suicidio è una questione delicata e vorrei andarci piano con le parole, però tu hai colto la sfida di Dino e l'hai rilanciata e così sono qui a risponderti.

Mi è piaciuta la lettura che hai fatto della storia del Signor Giovanni: "forse il suicidio può essere considerata l'unica vittoria nei confronti di quella istanza così potente che non ha fatto altro che renderlo schiavo e oppresso, impedendogli di crescere."; io però porrei l'accento più sull'ultima frase del tuo discorso: "Purtroppo questa sua rivoluzione ha portato alla distruzione sia del nemico che di se stesso. Se forse avesse trovato un altro modo di ribellarsi al potere, chissà, magari ne sarebbe potuto nascere uno stato migliore"; e in questo senso mi sento più vicina a Dino quando scrive che "il suicidio appare come una fuga da ogni tipo di sfida".

Ad aprile dell'anno scorso si è suicidata una mia amica, aveva 23 anni.
Lei, come tante altre persone, secondo me, non ha "vinto (tragicamente) la sua sfida", lei ha perso la sua battaglia.

Mi viene difficile pensare al suicidio come alla vittoria di una sfida: se perdi tutto non puoi considerarti un vincitore, anche solo per il semplice fatto che non puoi nemmeno renderti conto di aver vinto e festeggiare il tuo successo, non ci sei più, il suicidio è un evento definitivo e irreversibile, hai finito, basta, neppure la tua parte "malvagia" può gioire perché è morta con te. Anche lei ha perso perché per agire il suo potere aveva bisogno di averne di fronte un'altra debole da poter giudicare e maltrattare, lo scopo del suo gioco era quello di continuare a frustrare l'altra parte più fragile senza che questa si rivoltasse contro e decidesse di annientarsi; avrebbe vinto, quella parte, solo se avesse continuato a tenere silenziosamente sotto i suoi ordini l'altra.

Col suicidio però neanche la parte piccola, fragile, insicura e sottomessa ha vinto anche se potrebbe sembrare il contrario, avendo questa respinto con forza l'egemonia del suo padrone, ha perso anche lei perché per vincere sull'altra parte, che voleva vederla schiacciata, si è annullata.

Avrebbe vinto solo se nella dolorosa ricerca di una propria identità, accompagnata dal timore di essere rifiutata, avesse accettato i propri limiti e avesse cercato un aiuto esterno.

Quando la vita diventa pesante, insopportabile, quando appare senza soluzioni apparentemente possibili, quando la senti ingiusta, inutile, quando ti senti inutile, quando percepisci solo una profonda sfiducia e disistima in tutti e tutto, quando hai la sensazione che non ci sia nulla da fare e nulla per cui valga la pena lottare, vinci se prendi il coraggio a quattro mani e decidi di guardare in faccia il dolore che ti opprime cercando qualcuno disposto a sostenerti nel tuo lungo e faticoso cammino, non se ti fai schiacciare; vinci se sfidi te stesso nel cercare di raggiungere livelli di consapevolezza più elevati, vinci se lavori per ottenere un risultato, se lavori per impossessarti di strumenti più raffinati che ti permettano di esprimere te stesso al meglio, anche se ciò comporta molto impegno e fatica, non se decidi di optare per una soluzione definitiva e "comoda" saltando da una finestra.

Uccidersi per cosa? Uccidersi per chi? Uccidersi per dimostrare qualcosa? Uccidersi per dimostrare qualcosa a chi? Uccidersi per liberarsi di cosa? Uccidersi per liberarsi di chi? Uccidersi per ottenere cosa? Uccidersi per combattere contro che cosa? uccidersi per combattere contro chi? Uccidersi per ferire chi? Uccidersi per far capire qualcosa? Uccidersi per ferire chi? Uccidersi per far capire qualcosa a chi? Uccidersi per non morire definitivamente? Uccidersi per incominciare a vivere?

Nel suicidio, dal mio punto di vista, ci sono, nella maggior parte dei casi, solo dei perdenti: c'è un individuo che non ha trovato la sua strada; c'è una famiglia che non si è accorta in tempo di quale indicibile sofferenza stava attraversando il proprio caro; c'è la società che non è stata in grado di proteggere un suo cittadino.

Ciao Livia