Reazioni diverse su un racconto tragico | |
Sofia Lorefice | 16-04-2011 Verbale Gruppo carcere San Vittore |
Jan legge lo scritto di Michael, un detenuto nuovo del gruppo, un ragazzo giovane.
Lo scritto racconta la storia personale del suo autore: le difficoltà della vita da ragazzo e il dolore per la perdita della madre. Lo smarrimento “delle giornate senza futuro”. L’amore per la compagna e la gioia per la nascita della figlia che gli “ha fatto conoscere la vita nel modo giusto”. Poi un giorno il cane dell’autore dello scritto viene investito da un ragazzo. C’è una lite, l’autore dello scritto prende a pugni il ragazzo che ha investito il suo cane, il ragazzo cade, picchia la testa contro il marciapiede e muore. L’autore dello scritto è molto arrabbiato con i media che lo descrivono come un mostro violento.
Dello scritto ho segnato la frase finale: “senza volerlo ho rovinato tante vite e questi media stanno facendo di tutto per autocertificare un’ingiustizia”.
Salvatore (Elvis): Il vero responsabile di questa vicenda è il destino. Questo ragazzo non ha deciso di fare il male come ho fatto io. Non merita di stare in galera. Bisognerebbe stendere un velo di pietà su di lui. Si tratta di un incidente, di una litigata. Questa vicenda non ha a che fare con il bullismo, ma con la disgrazia.
Jan: La storia che hai raccontato tu (Jan si riferisce all’autore dello scritto) non corrisponde alla storia che ti hanno attribuito. Una persona è morta per causa tua, è vero. Ma per colpa dei media altre tre vite sono state rovinate (Jan si riferisce all’autore dello scritto, alla compagna e alla figlia).
[Per marcare la differenza tra la tesi della disgrazia e quella della mancata assunzione di responsabilità Jan racconta un episodio "violento" della sua vicenda personale].
Luciano: Quello che mi ha colpito di questa storia è che l’amore per la compagna e per la figlia aveva portato l’autore dello scritto a rimettere insieme le cose negative che gli erano successe prima. La salvezza è innamorarsi della vita.
Laura: Io capisco il dolore e la rabbia per il trauma della perdita della madre, io stessa non so pensare a un dolore più grande. Ma ciò non basta a giustificare la violenza della reazione nel momento della provocazione. Non basta parlare di disgrazia. Ci deve essere una proporzione tra azione e reazione. Se io reagisco in modo troppo violento alle provocazioni esterne e non so gestire la rabbia non si può parlare solo di destino e disgrazia, io in parte sono responsabile delle conseguenze delle mie reazioni.
Luciana: È del tutto umano che quando una persona viene provocata reagisca con un gesto di violenza. Anche a me una volta è successo di essere stata umiliata e di aver reagito lanciando un oggetto pesante contro chi mi aveva offeso, il destino ha voluto che lo colpissi alla spalla. Una reazione violenta è del tutto umana.
Carlo: Non si può parlare semplicemente di destino. Ciò che è avvenuto qui è la conseguenza di una reazione. Non si tratta di una semplice disgrazia ma del frutto di un atto volontario.
Salvatore (Elvis): Per me disgrazia è un atto non voluto. In questo caso la morte di quel ragazzo non era voluta.
Eugenio: Io vorrei dire tre cose all’autore dello scritto: anzitutto di non farsi scorraggiare da quello che i media dicono di lui. Poi di ragionare sulle vicende più piccole che lo hanno porto ad agire come ha agito. E infine vorrei dirgli di non perdere il desiderio di amare.
Granit: È vero che siamo noi, con le nostre azioni, a creare il nostro destino. Ma è vero anche che a volte il destino gioca strano con noi. Per questo bisogna stare attenti sia quando si parla di destino, sia quando si parla di responsabilità e di colpa. É giusto dire all’autore dello scritto che deve assumersi la sua responsabilità, ma è vero anche che non era partito con quella intenzione, e quando una persona si vede portare via qualcosa a cui tiene è normale che la difenda.
Salvatore (Elvis): Qui non c’è il male. Bisogna perdonare.
Antonietta: Io lo so, perché lo ho provato, la perdita di un cane è un’esperienza terribile, ma la reazione qui non tiene a bada l’impulsività. Credo che in questo caso sia in gioco la gestione dell’impulsività che ha bisogno di disciplina e allenamento. È tutta una questione di allenamento, le persone che praticano la box o il karate sanno meglio di altri gestire e tenere a bada l’aggressività.
Tiziana: Se io continuo a mettere in una casseruola gli ingredienti per una torta al cioccolato, non è un caso che quando apro il forno non ne esca una torta al limone. Voglio dire che c’è una relazione tra le scelte di una vita e il modo in cui una persona reagisce nel momento in cui il caso la mette alla prova. Anche se l’autore dello scritto in quel momento non voleva uccidere quello che gli stava davanti, non si può liquidare la responsabilità di ciò che è successo dicendo che il caso è andato contro di lui.