GRUPPO DELLA TRASGRESSIONE

da Cosimo Colbertaldo

15-05-2004 - Lutto, alleanze e strumenti

L'incontro inizia con la lettura di uno scritto di Giovanni Minissale sul tema dell'alleanza e sulla differenza fra essere amici o semplici conoscenti.

 

Aparo
Abbiamo buone ragioni per riflettere sul concetto di alleanza. Il motivo fondamentale si può identificare nella natura e negli obiettivi del gruppo della trasgressione. Quando i ruoli sono sufficientemente chiari e definiti, le alleanze possono procedere coerentemente con i ruoli. Il rapporto che si è venuto a creare fra i membri del gruppo, detenuti e studenti, non rientra però in categorie consuete di relazione. Ciò può portare a fraintendere e a sbagliare.

Acquisito che uno degli obiettivi del gruppo è il superamento di barriere interne che soffocano parti significative delle nostre risorse, direi che alcune difese comunemente adottate nel rapporto con gli altri risultano in questo caso particolarmente in contrasto con i nostri obiettivi.

Per chiarire quanto sia difficile decifrare un comportamento appropriato in situazioni di confine, voglio riportare una situazione in cui ci si può venire a trovare nel corso del viaggio che fanno insieme paziente e psicologo.

Il terapeuta è alleato del paziente per aiutarlo a guarire dalla sua patologia. Può accadere che un paziente riveli in ambito terapeutico delle informazioni che hanno delle implicazioni sul piano penale. Può, per esempio, raccontare di avere fantasie distruttive o di avere compiuto atti di abuso verso altre persone. Cosa deve fare in questo caso il terapeuta?

 

La discussione nel gruppo si svolge quindi sul tema dell'alleanza e dell'amicizia.

 

Armando
Vedo nel gruppo una fonte di energia positiva.

 

Dino
Credo che l'alleanza sia utile per riuscire a riconoscere la cultura dell'altro e che solo specchiandosi nell'altro si possa essere alleati.

 

Walter
Io cerco di dissociare la parola alleanza dalla parola amicizia. Durante la vita ho confuso le due cose e ho sbagliato. Un alleato è una persona con cui fare qualcosa, un amico può anche essere contrario ai tuoi obiettivi. Per me questi obiettivi sono molto importanti: cercare dentro di me elementi per confrontarmi con gli altri e, quando ho qualcosa da dire, buttarmi nella mischia e dialogare, mettendo in campo ciò che sento e che provo. Il gruppo mi serve nella quotidianità, per capire come cambiare me stesso rispetto all'ambiente in cui mi trovo.

 

Cosimo
Secondo me, il concetto di amicizia ha un significato così ampio e vago che le persone possono fraintendersi su ciò che intendono con il termine. A me fa piacere avere degli amici; non vengo però al gruppo con l'obiettivo di crearmi degli amici, ma di trovare alleati per fare delle cose concrete, per crescere sulla base di idee comuni e costruire qualcosa che possa essere rivolto all'altro, all'esterno, alla società.

Riprendendo le parole di Walter, penso che sia importante avere un obiettivo preciso, perché è solo in funzione dell'obiettivo che possiamo camminare insieme pur nella diversità di cultura, solo nel lavoro con gli altri possiamo riconoscerci e dare un senso alla nostra alleanza.

Non possiamo limitarci a dire alla società che è indifferente nei confronti della condizione carceraria, perché in questo modo la colpevolizziamo e non apriamo un dialogo che dica qualcosa di nuovo.

Ciò che mi ispira quando partecipo ai gruppi è ciò che sento con autenticità. Non mi sento in grado di fare teoria. Per me il concetto del dare-avere è un valore, non un disvalore, e va oltre la solidarietà. Al gruppo sento il bisogno di portare qualcosa di buono sul piano personale e di ricevere qualcosa in cambio.

 

Dopo questa discussione, sono stati letti due scritti: uno di Orazio sul figliol prodigo di Rembrandt, l'altro di Giovanni Mentasti, un racconto ispirato alla canzone "La guerra di Piero" di Fabrizio De Andrè. Poi si è parlato del tema delle torture e della guerra.

 

A conclusione dell'incontro, Aparo ha sottolineato che, quando anche possa essere concepibile fare del male allo scopo dichiarato di ottenere un bene, non si può farlo ridendo e in posa per una foto ricordo. La separazione, anche quando si renda o si ritenga indispensabile, apre una ferita; negarla ridendo corrisponde a negare noi stessi. Si dichiara più volentieri il proprio lutto quando a toglierci chi ci è caro sono gli altri; ma è bene che ogni separazione conservi memoria della nostra comune matrice; in caso diverso, il risultato non è una evoluzione, ma una mediocre cecità.

 

Foto di Alessio Ferraro, Barche in attesa