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Enzo Martino

12-04-2003  

La discussione dell’incontro passato mi ha messo dentro molte domande.

Mettersi in gioco è sempre difficile. Per chi ha commesso un reato, all’inizio è difficile guardarsi dentro, anche perché alcune volte le condizioni ambientali non lo permettono. Cercare di avere l’immagine del reato che si compie, del male che può comportare, è sicuramente un modo per dissuadere dal compiere un’azione delittuosa.

Credo che soffermarsi a riflettere prima di trasgredire le regole sia difficile. La nostra mente queste capacità le ha, peccato che si mettono in pratica pochissime volte!

Nella mente si annidano tantissimi sentimenti di espressioni positive e negative. Quando una persona cresce in un ambiente di attenzioni e di gratificazioni, se avrà la consapevolezza di capire ciò che è il male, potrà essere un uomo che non trasgredirà, perché rispetterà le persone che lo circondano. Invece, la stessa cosa non si potrà dire per chi crescerà in un ambiente difficile: per queste persone la trasgressione sarà quasi legittima.

Chiarisco meglio il concetto: questo non vuole essere una scusa per affermare che tutto è lecito. Ogni soggetto ha la propria storia alle spalle, e questa segna il suo modo di sentire il mondo. Quando questi commette un’infrazione penale deve subire un processo; sicuramente il giudice che emetterà la sentenza non si chiederà qual è il passato emotivo della persona che dovrà giudicare: il codice penale non lo prevede.

Eppure, tutti ci rendiamo conto che la rabbia repressa del bambino, per essere stato maltrattato, l’ambiente dove è cresciuto, segnano il suo percorso. Un giorno, quella rabbia sopportata in silenzio e senza la possibilità di sfogarla in positivo, esploderà in vendetta; e questo qualche volta può cambiare la vita drasticamente.

Questo succede a causa del disadattamento, che non permette alla persona di interagire con i suoi simili. Il carcere è il raccoglitore di queste “malformazioni” sociali. Come atto finale ad una vita non felice, c’è il carcere.

Questo dovrebbe garantire al detenuto una minima risocializzazione, ma non sempre ci riesce, perché per le carenze strutturali e del personale preposto, ha dei limiti. Eppure è necessario che la società si adoperi per compiere un’azione d’accoglimento non d’allontanamento.

Credo importante cercare il proprio equilibrio tra la propria immagine con le aspettative della società civile. L’infanzia non deve costellarsi di umiliazioni e di maltrattamenti. L’infanzia dovrebbe essere vissuta in ambienti il più possibile armoniosi. Il bambino di oggi sarà un uomo domani, se il suo cammino subirà delle distorsioni emotive, la responsabilità ricadrà anche su di noi. Ciò che determina la riuscita sociale di una persona, è la sua capacità di comunicare con gli altri.

Fondamentali sono le situazioni sociali ed emozionali e il controllo delle proprie emozioni come il non lasciarsi trascinare dalla collera, l’inibire la propria aggressività, l’emettere i giusti segnali emozionali e l’essere coerenti con se stessi e con gli altri, per navigare in modo armonioso con le molteplici relazioni umane di cui si è circondati.