APARO
Per sfruttare al meglio la presenza del professor Stella, che ha comunicato di dovere andar via presto, preferisco anticipare quella che consideravo la seconda parte della scaletta...
Comincerei così, senza preamboli.
Siamo in tribunale; un giudice deve decidere se un omicidio è stato commesso durante un raptus oppure no; l'assassino non prefigurava alcun vantaggio possibile dalla morte della vittima, non mirava a soldi, non a potere, non a fama.
La prima domanda suona quindi così:
"Che cosa lo ha mosso ad uccidere? Quali possono essere i moventi di un delitto non premeditato?"
e, se al professor Stella la domanda va bene, la rivolgerei proprio a lui.
STELLA
Io vorrei rispondere ma non vorrei affrontare questo tema così.. forse più utile per la discussione che verrà dopo. Vorrei inquadrare il momento: quando parliamo di raptus usiamo un termine un po' convenzionale che evoca situazioni che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti . Chi non pensa ai fatti di Novi Ligure o analoghi?
Io tralascerei la definizione di raptus; la lascerei poi ai colleghi presenti, anche perché non credo alle definizioni. Non credo alle nozioni, non credo soprattutto alle nozioni e alle classificazioni della psichiatria e delle scienze psicopatologiche.
Penso che sul piano delle definizioni e degli incasellamenti nosografici non faremo mai un passo avanti; se le scienze psicopatologiche non si renderanno conto di questo, non riusciremo mai a fare dei passi avanti.
Io sono molto scettico sulla possibilità che a questo tipo di domande riescano a dare una risposta gli studiosi di psicopatologia. Noi abbiamo studiato molto questi problemi; la Bertolino l'ha studiato a fondo; questa mia opinione, sulle scienze psicopatologiche non è di oggi, è maturata nel corso di tante esperienze e di tanti studi.
In sostanza, si tratta di questo:
Oggi la psicopatologia e i periti del Tribunale non sanno più quale sia la differenza tra capacità di intendere e di volere e incapacità di intendere e di volere.
Dopo l'avvento, da tutti conosciuto, dell'antipsichiatria e dei noti movimenti, le impostazioni tradizionali sono state abbattute: ne è venuto fuori un quadro molto difficile anche per il Diritto Penale; se voi pensate che nel Diritto Penale tutto si basa sul concetto di imputabilità, cioè sul concetto di capacità di intendere e di volere, e che proprio questo concetto è svanito..., nonostante gli sforzi della Professoressa Bertolino, non riusciamo a tenerlo in piedi, perché appunto, io oggi sfido chiunque a dirmi qual è il confine tra il malato di mente e il sano di mente.
E quindi, le perizie che vengono fatte in Tribunale sono perizie che lasciano il tempo che trovano; sono, diciamo, fatte sicuramente al meglio, da questi esperti interpellati dal giudice, però con i limiti che sono dati dalle proprie scienze. E voi sapete che ci sono grandi limiti, proprio sul terreno epistemologico, perché proprio le scienze psicopatologiche sono state accusate, indicate, come "le non-scienze".
Tutta la filosofia popperiana ha questo significato: una scienza è tale se i suoi asserti sono verificabili/falsificabili. Le scienze psicopatologiche hanno enunciati che non sono falsificabili, quindi non sono scienza.
Con questo problema di fondo, che noi, come studiosi e come pratici del processo penale abbiamo; con questa considerazione, che l'imputabilità - il fondamento del diritto penale - è una finzione, in sostanza, è partendo da questo che io già sono curioso di vedere, poi, cosa che diranno poi gli esperti psichiatri che sono presenti qua
APARO
Gli studenti hanno bisogno di alcuni punti fermi, dai quali poi...
STELLA
I punti fermi si cominciano ad avere quando si è consapevoli della situazione.. Se noi vogliamo avere dei punti fermi per rassicurarci, allora questo non è il mio posto. La strada della rassicurazione è la strada che porta ad effetti devastanti. Noi dobbiamo guardare in faccia la realtà. Allora, il primo problema che io pongo, è proprio questo: i limiti delle scienze psicopatologiche nella comprensione di questi fenomeni.
APARO
Per andare incontro agli studenti e al programma, abbiamo prima bisogno di individuare dei punti, non per onorarli o per adorarli, ma per indicare ciò che ci preme problematizzare...
STELLA
Guardi, anche ci sono delle scuole all'interno delle scuole di psicopatologia che affrontano il tema in un certo modo, che adesso dirò, in generale, io non ritengo che le scienze psicopatologiche possano darci una comprensione di questi fenomeni.
Che cosa è in gioco? E' in gioco tutto. Io penso che alla fine dobbiamo spostarci su un altro livello. I fenomeni che si stanno verificando - che voi chiamate raptus - non sono nient'altro che la punta di un iceberg, sono espressioni di una esplosione di "male".
E' qui, che dobbiamo concentrare la nostra attenzione. Mi viene in mente la arendt quando parla di "esplosioni collettive di male"; lei dice "si tratta di un male banale".
Se voi riflettete, la cosa che più colpisce, di questi fatti, è la loro banalità, il loro aspetto banale. Cioè si ha quasi l'impressione che, per coloro che compiono questi fatti, si tratti di ordinaria amministrazione, è questo che raggela.
Come accadeva con le esplosioni collettive di male sotto il nazismo: il giardiniere del campo di concentramento che viveva beato facendo il giardiniere... E questo è un tema infinito, sul quale peraltro nessuno riflette mai abbastanza.
La scuola di Jung ha messo sull'avviso: guardate, che se noi non riflettiamo sulle esplosioni collettive e individuali di male, noi andiamo verso il disastro. Non sono io a dire queste cose: se voi leggete Kant, il libro "La religione nei limiti della ragione" vedrete descritto con parole impareggiabili il male radicale nell'uomo; se voi leggete i libri della arendt trovate descritto questo male radicale, così come si manifesta in queste esplosioni collettive; se voi leggete i libri dei seguaci di Jung troverete le stesse cose, perché il problema su cui riflettere è proprio questo:
"sono esplosioni di male di cui è difficilissimo dare una spiegazione ad hoc".
La spiegazione che do io è che, queste esplosioni individuali di male, ora come allora, sono il segno di una perdita della coscienza delle cose.
E qui arriviamo al punto - che è la mia diagnosi personale, ma che è condivisa dai maggiori studiosi di oggi di problemi della coscienza- i ragazzi che uccidono il padre o la madre in un raptus in che situazione si trovano?
E' chiaro che si trovano in una situazione di perdita di coscienza di quello che stanno facendo, ed è su questo che deve appuntarsi la nostra riflessione.
Questa perdita di coscienza, a che cosa è dovuta?
E qui, sì, c'è un punto fermo: è chiaramente dovuta alla situazione spirituale del nostro Paese e più in generale della civiltà occidentale; sono società che vivono di illusioni, una società che dice ai giovani "voi dovete inseguire queste illusioni" che sono le illusioni del successo, del benessere, del consumismo, del sesso etc. questo è il modo con cui vengono cresciuti i nostri ragazzi.
Sono illusioni, e i nostri ragazzi crescono, non si interrogano sul senso della vita e sul senso delle cose che si fanno. Io inizio sempre l'anno accademico chiedendo ai ragazzi: che cosa fate davanti a me? Che senso ha che voi siate qui? Non sono abituati, a rispondere a queste domande, i ragazzi, ad avere una coscienza di sé e delle cose che fanno perché vivono in superficie, inseguendo questi miti e queste cose...
E allora: è esattamente questo, che gli studiosi oggi più all'avanguardia del settore, delle scienze psicopatologiche, ci dicono: guardate che se non c'è un cambiamento di paradigma in cui si riaffermi di nuovo, nei fatti, il primato della coscienza, cioè della consapevolezza del senso reale delle cose che si fanno, la civiltà ha davanti a sé il baratro.
E allora, Aparo, concludo, queste cose non le dico io; le dicono le università americane, le dicono gli studiosi che si occupano di questi problemi, parlo di università americane, centro della cultura mondiale. Dobbiamo cambiare paradigma. Come rimedi, non mi si venga a parlare di quel relitto storico che è ormai è il carcere: non parliamo neanche, di queste cose; pretendere di risolvere queste cose con il carcere è pura follia, ed è anche un alibi, per la società, per tutti noi che viviamo "bene, sono in galera, sono puniti, il problema è risolto". E invece no, perché le esplosioni di male, di male "incomprensibile", come quello che si manifesta in questi raptus continuano e continueranno...
e qui non abbiamo alibi, nessuno di noi perché tutti noi partecipiamo a questo tipo di società costruita con quelle illusioni e con il mito del benessere e vi partecipiamo anche senza far nulla: qui, sì, siamo responsabili tutti se non innestiamo, se non riusciamo ad innestare - prima di tutto nelle famiglie e poi nelle scuole, ma in generale nella comunità scientifica - se non innestiamo i presupposti per questo cambio di paradigmi. I nostri ragazzi devono crescere consapevoli, interrogandosi sul senso delle cose che si fanno.
Perché una volta non si verificavano queste esplosioni di male? Il ragionamento può sembrare banale, però è vero. Perché eravamo abituati a riflettere su noi stessi, avevamo una maggiore coscienza delle cose, del senso delle cose; perché c'erano le famiglie di un certo tipo, i preti che ci facevano meditare, ci facevano fare gli esercizi spirituali; oggi tutto questo è sparito, c'è un vuoto pauroso e le cose andranno sempre peggio se la nostra società non troverà in sé gli anticorpi per sopravvivere, perché questa è la situazione che segna la fine della nostra società.
Io sto sperimentando sul campo, insieme a comuni amici, un modo proprio per rilanciare il recupero della coscienza e del senso delle cose, ed è l'esperimento della meditazione orientale applicata su detenuti di massima sicurezza che con corsi di meditazione orientale.riacquistano la coscienza di sé e delle cose che hanno fatto.