Minigruppo Patrizia, Claudio, Gerardo

     

Primo minigruppo

Composizione gruppo: Davide, Danilo, Riccardo.

Appena formati i gruppi, abbiamo lasciato in mano agli studenti gli scritti che erano stati letti e che loro hanno riletto. La loro prima riflessione è stata che gli scritti, pur nella loro semplicità, erano molto belli e carichi di significato.

Siamo partiti con l’analizzare lo scritto di Enzo: “Papà, cosa fai in carcere”; di conseguenza, ci siamo soffermati sul tema genitori/figli.

Gerardo, essendo papà di due bambine, ha parlato di quanto sia difficile avere un rapporto con i figli quando si è in carcere. I motivi sono molteplici, ma il più importante è che i detenuti hanno la possibilità di vedere la propria famiglia solo quattro volte al mese e in così poco tempo non si riesce ad avere un rapporto ottimale.
E’ stato fatto l’esempio di Enzo, che ha trovato un modo per cercare di far capire ai propri figli che, seppure in un luogo dove poco è permesso, sta crescendo e lavorando con impegno e che loro hanno la possibilità, attraverso il nostro sito e quello di www.ildue.it di toccare con mano il lavoro del papà.
Abbiamo anche discusso su come i rapporti fra genitori e figli non siano facili nemmeno fuori, soprattutto quando si parla del rapporto con il proprio padre.
Davide
ha raccontato di aver perso suo padre quando aveva solo 7 anni e che è dura crescere senza avere questa figura accanto.

Abbiamo poi parlato dello scritto di Ivano “Il gatto”.
Qui i ragazzi hanno fatto delle domande mirate al testo come:
"Perché viene fatto il paragone fra la gatta che abbandona i gattini e quella che invece li tiene?"
"Perché il gatto graffia il bambino?
"

Noi abbiamo risposto facendo riferimento al tema del caso e delle scelte, citando la differenza fra le micro e le macro-scelte. Da qui la discussione è passata al tema della droga collegata al tema della scelta. Si è parlato del mondo di oggi, soprattutto quello adolescenziale. Davide ha fatto l’esempio di molti ragazzi che, molto spesso, prendono la strada sbagliata, solo perché si trovano in una compagnia “sbandata” e piuttosto che rimanerne esclusi preferiscono fare quello che fanno i compagni.
Gerardo ha detto una frase che mi ha colpito: “Colui che dovrebbe essere considerato il più forte perché riesce a dire di no a determinate situazioni, viene considerato il più debole” e i tre studenti hanno concordato con questa sua affermazione.

A questo punto, i tre studenti hanno voluto che Claudio leggesse il suo scritto “Posti con prenotazione o senza” e, prima che il gruppo finisse, hanno commentato lo scritto, concordando con quanto Claudio ha scritto e poi spiegato.

Abbiamo chiesto loro quale fosse stata la loro impressione nell’entrare per la prima volta in un carcere. Hanno detto di essere rimasti un po’ disorientati dal numero di porte che ti si chiudono dietro quando passi e di aver notato, già avvisati da Rossella, l’orologio fermo, che segna le 2.20. Abbiamo sottolineato come l’orologio stia a significare che il tempo in carcere si ferma.

Hanno aggiunto anche che non si aspettavano di trovare il carcere così come avevano visto, con i detenuti liberi, con le pareti dipinte.. davano per scontato che il carcere fosse più “squallido”. Claudio e Gerardo hanno spiegato che, in effetti, non tutto il carcere è come quello che loro avevano visto: la sezione penale ospita quei detenuti che hanno avuto una condanna definitiva ed è organizzata in maniera da cercare di rendere meno devastanti le lunghe carcerazioni previste.


Secondo minigruppo

Studenti: Davide, Danilo, Michele, Claudio, la professoressa Teresa Alfieri

Siamo riusciti a commentare solo lo scritto di Umberto: “L’orologio a pendolo”.
Non appena seduti, ci hanno chiesto cosa volesse significare quello scritto, ma noi li abbiamo invitati prima a rileggere ancora una volta lo scritto e poi a dirci le prime impressioni che si erano fatti sul testo.

Danilo:
Secondo me, nel testo emerge la paura di crescere di Umberto. Rompere il pendolo è un modo per cercare di fermare il tempo, per non diventare adulto e dover affrontare delle situazioni difficili che poi avrebbe potuto vivere.

Noi:
Si, ok, ma perché il padre ha tenuto il pendolo, anche se era rotto?

Davide:
Perché per il padre è comunque un oggetto importante. E’ un modo per ricordarsi di quando il figlio era piccolo. Un figlio piccolo comporta delle responsabilità diverse rispetto ad uno più grande: certi errori si tollerano di più quando il bambino è piccolo.

Michele:
La rottura del pendolo testimonia il fatto che ci sia la volontà in Umberto di cambiare una situazione che non lo lasciava tranquillo, che gli faceva fare addirittura degli incubi. Il fatto che, a distanza di anni, abbia ritrovato ancora l’oggetto delle sue paure a casa del padre, vuol dire che il padre non ha recepito quello che il figlio voleva fargli capire.

Claudio:
Lui vuole uscire da una situazione che non gli piaceva rompendo il pendolo. Ma deve capire che deve abituarsi anche a situazioni che non gli vanno a genio e il fatto che il padre abbia tenuto il pendolo rotto significa che non si è dimenticato del rapporto che c’era con il figlio, anzi c’è in lui la speranza di ricucire un rapporto migliore di quello precedente.

Noi:
Ogni genitore ha un modo diverso per instaurare un rapporto con il figlio.
Mantenere il pendolo in casa dà la possibilità al padre o al figlio di poterlo rimettere a posto, di far ripartire le lancette. La rottura del pendolo segna la fine di un rapporto, la mancanza di comunicazione che intercorre fra i due. Metaforicamente, quindi, il sistemare il pendolo richiama la possibilità che il rapporto padre/figlio ricominci a funzionare.