Cosimo Colbertaldo | 23-02-2003 | Ipotesi di canzone |
Il tiranno si serve dei muri per tenere le persone distanti e sole.
Le circonda di mattoni perché non possano comunicare,
ma abbiano la possibilità unica di ascoltare la sua voce.
Il tiranno è gelido, laddove l'intento dell'altro è di alimentare una speranza;
brucia ogni cosa quando l'altro cerca di costruirsi un suo spazio.
Il tiranno tratta le persone come piccoli mattoni
che servono a costruire la sua fortezza.
Il tiranno utilizza i muri per chiuderci dentro un'esistenza che esce dai confini, che viola le regole. Non permette che voci contrarie al suo pensiero si sollevino.
La sua visione del mondo è unilaterale, il suo obiettivo il meschino arricchimento personale e il potere sull'altro; la sua idea di sé è alta e cristallizzata. Ma questo cristallo può essere scalfito, ha un punto debole: può essere ferito e, tramite la ferita, cambiato e spodestato.
L'artista è capace di indossare molte maschere.
Attraverso di esse fa ridere e piangere, attraverso di esse riflette il suo io in una comune forma e apparenza, fino a trasformarlo in un noi. L'artista comunica con le proprie parti più oscure e fornisce loro il volto della cattiveria, per poterla esorcizzare e sfumare in un grido. L'artista leva una rivolta all'ordine esistente prendendo le sembianze della semplicità e della mutevolezza.
Il suo modello ideale è la molteplicità, la sua idea di rapporto umano si fonda sullo scambio.
Artista e tiranno sono figure complementari: spesso nella realtà un'artista ha caratteristiche negative proprie del tiranno e nella storia alcuni terribili despoti hanno rivelato qualità creative notevoli.
La compagnia feconda lavora per realizzare la libertà e ne fa strumento di vita.