| Butta la palla di là |
Margherita Macis | |
Prima di ogni considerazione vi propongo un testo di Jovanotti che mi ha molto colpito.
Il Muratore
di Jovanotti, Centonze,Saturnino,Jovanotti
La gente si muove la musica cresce
e ancora un altro muro viene giù!
Muratore muratore
costruisce muri il muratore
muri da dipingere e da colorare
muri da fare crollare da fare crollare
Babylon Jerico Porta Pia il Colosseo
il muro di Berlino Machu Picchu
le torri gemelle le piramidi d'Egitto
il muro di cinta il muro del pianto
le case popolari di ferro e cemento
mura che delimitano il territorio
mura che sorreggono torri d'avorio
mura di parole mura di potere
mura da fare crollare
mura per proteggere e per dividere
fragili da fare ridere
butta la palla di là!
Non c'è muro che mi tenga
non c'è buio che mi spenga
muratore muratore
costruisce muri il muratore
muri da dipingere e da colorare
muri da fare crollare da fare crollare
butta la palla di là!
Armato di cemento armato
costruisce un nuovo muro
con i pezzi di quello crollato da poco
il muratore va e non si fermerà
a creare nuovi muri di disparità
e mura la natura e mura la cultura
e mura tutto ciò che fa paura
ma il pensiero non lo puoi murare
perché il pensiero è duro è cielo puro
e sta di qua e di là dal muro
La gente si muove la musica cresce
e ancora un altro muro viene giù!
Leggendo il testo, ho notato come Jovanotti riesca, in modo semplice e telegrafico, ad esprimere molte delle nostre ultime riflessioni sul muro.
Si parla di "gente che si muove" e di musica che cresce. E se la musica cresce, dice la canzone, allora "un altro muro viene giù".
Queste parole trasmettono l'idea che sono le persone, insieme, ad avere il potere di far crollare i muri. L'unione di molti rende possibile la trasformazione: solo quando il popolo ha preso coscienza della propria forza, generata dal desiderio comune di libertà e uguaglianza, è stato possibile abbattere la monarchia francese; il singolo non poteva nulla.
Si parla di un "muratore", figura senza una precisa identità poiché tutti quanti siamo muratori.
Costruiamo imponenti opere d'arte, abbiamo formulato teorie che pretendevano di essere assolute e costruiamo muri che alle volte ci impediscono di comunicare persino con chi amiamo.
Allo stesso tempo, l'uomo sente l'irresistibile impulso d'oltrepassare i muri, in particolar modo quando questi risultano imposti dall'esterno: i "no" dei genitori sono trampolini di lancio per le sfide adolescenziali; i record nello sport sono il motore per dare di più, per superarsi; la scoperta dell'America nasce dal rigetto di un limite materiale, culturale e "tecnologico" che era imposto dalla società del tempo. Cristoforo Colombo non si sottomette alla cultura del tempo, ed anzi rigetta i limiti conoscitivi nei quali era costretto a vivere.
Si "mura la natura" e ci troviamo su un pianeta che abbiamo cementato; viviamo in un mondo in cui la stessa natura umana è stata deviata e in qualche maniera murata entro schemi che originariamente non le appartenevano. E non si distingue più tra il beneficio e il danno che il progresso porta con sé.
Si "mura la cultura" con le dittature, con il razzismo, con i pregiudizi, con ideologie, religioni e interessi politici che generano altri pregiudizi, ostilità e guerre tra i popoli, impedendo lo scambio e la comunicazione. E non si capisce più se si tratta di protezione o di separazione.
Si "mura tutto ciò che fa paura", lo si tiene isolato, sospeso come se non ci appartenesse.
La psicoanalisi parla di rimozione e di ritorno del rimosso nel sogno e nel sintomo. E' come se le persone, attraverso il meccanismo della rimozione, murassero determinate esperienze ed emozioni della propria vita perché spaventose nel senso di intollerabili, conturbanti, difficilmente amministrabili.
Ma queste esperienze, escluse dal piano della coscienza, ritornano sotto mentite spoglie.
Murare, allontanare, respingere sono operazioni dispendiose che generano un rifluire continuo del medesimo problema rallentando lo sviluppo, sia che si tratti del singolo individuo, sia che si tratti della società intera.
Dovremmo allora sfruttare le nostre energie per trovare spazio anche ad aspetti di noi stessi e del mondo che risultano meno accettabili.
La società mura il detenuto, ne ha paura, e forse ha ragione; la società mura il carcere, ne ha paura, e forse sbaglia.
La società toglie l'ossigeno al carcere, impedisce che una parte di sé respiri; un'automutilazione in nome della giustizia che purtroppo, in una sorta di circolo vizioso, porta a rimettere un giorno in circolazione particelle che non hanno trovato nutrimento. Cellule confinate in un angolo perché spaventose e vergognose alle quali, paradossalmente, non è permesso di apprendere il modo di funzionare in sintonia con l'organismo intero.
Il risultato è che queste cellule, una volta rimesse al loro posto, funzioneranno ancora nell'unico modo che conoscono.
Concludo rifacendomi ancora una volta al testo della canzone: i muri sono tra noi e dentro di noi, e così come ci sarà sempre qualcuno a costruire altri si uniranno per abbattere, oltrepassare, ricostruire. Ci sarà sempre un "muratore che va e non si fermerà", ma niente sarà mai definitivo perché il pensiero è trasformazione e "il pensiero non lo puoi murare"; il pensiero appartiene al singolo, il pensiero "sta di qua e di là dal muro".
Butta la palla di là.