La sfida

presentazione convegno

Fondazione Prada - Casa Circondariale di Milano

 

10-ottobre-2002

Angelo Aparo

Premessa
Cos'è il carcere nella mente di tutti? Muro, separazione.
Ma già l'essere umano è il luogo della separazione, del conflitto.
L'essere umano ha nelle mura del carcere la metafora della sua natura; ma allo stesso tempo, è anche il luogo dove pulsa una spinta perenne a superare le barriere difensive che egli pone a se stesso; l'uomo, nonostante luogo di una separazione mirata a difenderlo da se stesso e dagli altri, è anche il luogo dell'invenzione di mille collegamenti possibili fra le parti separate.
Il carcere, allora, oltre che metafora della separazione, può anche diventare esperienza del valico, del superamento del confine; e giocare, in tal modo, un ruolo propulsivo anche per il comune cittadino.


Ringraziamenti
Ed ecco un'esperienza reale di valico!
Centinaia di liberi cittadini a confrontarsi su un'idea partita dal carcere, venuta su parlando con persone che della sfida hanno giocato per anni la parte meno nobile. E allo stesso tempo, un gruppo di detenuti, che vive oggi l'orgoglio di collaborare e di mettere alcune tessere della propria esperienza sullo stesso tavolo da gioco, accanto a quelle che oggi e domani porteranno i convenuti a questo convegno.

Ben vengano i soldi, l'intelligenza, l'estro, la fantasia se possono promuovere anche questi giochi. Grazie dunque alla Fondazione Prada, che non è nuova a collaborazioni col carcere di San Vittore (con Laurie Anderson aveva già contribuito qualche anno fa alla fuga virtuale di Santino Stefanini).

Grazie per avere recepito il senso dell'iniziativa e per averla accudita, grazie per avere organizzato e promosso con il lavoro e la forza dei suoi mezzi questa traversata. Grazie ad Alessandra Santerini, Stefania Arcari, Antonella Soldaini; Grazie a Germano Celan, che ne è il direttore responsabile.

Emilia Patruno e io ringraziamo Luigi Pagano, direttore del Carcere di San Vittore che, per quanto critico nei confronti della possibilità che il carcere possa costituire lo strumento adeguato per promuovere quello che la legge promette ai liberi cittadini e ai condannati (la risocializzazione di questi ultimi), ne apre le porte fin quasi a farlo sembrare una casa della cultura, dove possono nascere iniziative di cui beneficiano condannati e liberi cittadini.


Breve storia del gruppo e dell'idea
Il gruppo della trasgressione, si costituisce a San Vittore 5 anni fa; una quindicina di detenuti coordinati da me si incontrano due volte la settimana con due obiettivi principali: Riflettere sulle proprie esperienze e tentare di aprire un dialogo sistematico con la società esterna. Occorrono degli strumenti, occorre promuovere delle occasioni: nei primi tre anni di attività, il gruppo incontra diversi personaggi della vita pubblica italiana che si prestano ad entrare in carcere ed a farsi intervistare sul tema della trasgressione.

Dallo scorso anno il gruppo ha aperto una collaborazione sistematica con alcuni studenti della facoltà di Psicologia dell'università Bicocca di Milano. I due gruppi si incontrano una volta al mese all'interno di San Vittore per scambiarsi impressioni e discutere e formalizzano le loro considerazioni sul sito www.trasgressione.net.

L'idea di fondo è che, interrogandosi su temi di interesse comune (la trasgressione, l'imperfezione, la sfida…) risulti spontaneamente favorito un graduale riconoscimento dell'altro, delle motivazioni e delle attese delle due parti in dialogo, ma anche delle barriere con cui spesso emarginiamo parti di noi stessi.


Perché un convegno sulla sfida?
Il tema della sfida è venuto fuori spontaneamente dalle discussioni libere del gruppo della trasgressione e dei detenuti che compongono la redazione de www.ildue.it, diretto dalla dott.ssa Patruno. Insieme, lo abbiamo utilizzato per identificare e riflettere su quali siano i risvolti e, di volta in volta, gli interlocutori, i contendenti della sfida.

Siamo partiti dalla constatazione che si sfida sempre una figura che sentiamo più potente di noi, spesso "onnipotente". Ma all'inizio del percorso queste figure venivano sempre immaginate come una realtà esterna: il tiranno, l'autorità, il padre, la montagna. Si comprendeva, comunque, che si sfida molte volte per elevare il proprio status agli occhi di chi, da dentro o da fuori, ci guarda deridendoci; ma altrettante, per crescere guidati da un ideale.

Nel tempo, si è capito che, in qualsiasi sfida che conti, i duellanti principali sono interni all'individuo, due istanze che si contendono il primato e che puntano l'una a conquistare lo scettro del narcisismo, l'altra gli attrezzi di lavoro. Strada facendo, il gruppo va maturando l'idea che la sfida che porta ad una significativa evoluzione del soggetto sia soprattutto quella che sa riconoscere e mantenere aperto il dialogo tra due diversi stili di relazione col mondo e con se stessi: da una parte, quello che passa attraverso il lavoro e il riconoscimento della realtà dell'altro; dall'altra, quello che cerca per tutta la vita uno spazio per le proprie parti infantili e narcisistiche.

Perché interdisciplinare?
La sfida riguarda in realtà noi tutti. Ogni essere umano identifica di volta in volta gli ostacoli e le prove in cui cimentarsi. Questo vale per lo sportivo come per il disabile; per chi commette un reato come per lo scienziato, per l'adolescente e per l'uomo maturo. Cambia ogni volta la proporzione fra la voglia di aprire le finestre e quella di chiuderle; rimangono sempre i limiti che la nostra imperfezione ci consegna per giocare ciascuno la propria partita.

Oggi, stiamo aprendo il confronto sulla sfida fra esponenti di diverse discipline per conoscere le mete, le difficoltà, gli ideali e, perché no, i cavalieri che nei diversi campi del sapere e dell'esperienza umana disegnano la sfida.

Conoscendo le due parti che si contendono il primato nelle diverse sfide possibili, impariamo come alimentare un confronto costruttivo fra i due avversari, come concedere a ciascuno di loro un proprio gioco, forse come aiutarli a giocare la stessa partita.
Un risultato di cui possiamo essere orgogliosi è che una dozzina di detenuti abbiano contribuito con la loro esperienza ad arricchire il tema della sfida, e dal carcere ci stiano aiutando a fare, con la loro determinazione ad aprirsi all'esterno, quello che stiamo facendo.

 

Scritti dal convegno