Analisi critica di un caso di pedofilia


Andrea Greco


... dai verbali del primo interrogatorio, escono i particolari agghiaccianti: "Io andavo spesso al banchetto dei genitori di Graziella, con la scusa di cambiare i soldi. Lei mi piaceva. Sabato le ho chiesto di venire a vedere i cani, in un posto vicino. Mi ha seguito. Faceva buio. A un certo punto non voleva più seguirmi, si è messa a piangere. Io ho avuto paura che mi dessero mattonate. Le ho messo gli aghi di pino intorno, le ho messo le mani in bocca, ho acceso il fuoco". La bambina si dimenava: "Allora io la tenevo ferma con un piede sulla pancia"...

L'articolo è di Francesco Battistini, pubblicato su "Il Corriere della Sera" del 24 agosto 2000.
La realtà era che Pasquale Tortora, 17 anni di Andria, aveva adescato una bambina, Graziella Mansi, di 8 anni.

Questo è quello che leggevo durante l'estate passate durante una delle mie giornate di vacanza. Quello che non mi era chiaro era il perché un giovane ragazzo potesse commettere una cosa tanto terribile; la mia domanda era: "Cosa può aver spinto un ragazzo di 17 anni a fare una cosa del genere?". Oggi, alla luce delle mie conoscenze dopo avere seguito le lezioni del micro-corso "La devianza in età adulta" cerco di dare una interpretazione dei fatti, di rispondere alle mie domande, di capire...


Quello che ricordo con particolare chiarezza è la rabbia da parte della società, dell'opinione pubblica su quello che stava succedendo. Fu un periodo caldo (forse anche a causa della speculazione dei media); di giorno in giorno si scoprivano nuovi casi di pedofilia; l'opinione pubblica sembrava molto desiderosa di applicare la legge "occhio per occhio, dente per dente", così spesso i pedofili rischiavano il linciaggio. Anche Pasquale Tortora, il protagonista del delitto appena descritto, era detenuto nel carcere di massima sicurezza di Trani isolato dagli altri detenuti, seppur sovraffollato, affinché questi non l'ammazzassero.

Il primo sentimento del comune cittadino nei confronti di un pedofilo è il disprezzo; questo è più che comprensibile, ma bisogna ricordare che parliamo di persone simili a noi, con le nostre stesse caratteristiche e gli stessi bisogni da soddisfare.

Il pedofilo, nel rapporto col bambino, cerca se stesso; ritrova cioè nei bambini una rappresentazione di sé che non è capace di riconoscere nel rapporto con gli adulti. Il pedofilo è quindi "un bambino", che è rimasto inchiodato a eventi e dinamiche del passato. Per il pedofilo dunque il bambino è un oggetto d'amore ("lei mi piaceva" dice in confessione Pasquale Tortora).

I pedofili sono alla ricerca un rapporto che possa proteggere quella parte fragile e bisognosa che sentono all'interno di sé, ma - per ottenere questo - usano altri bambini a loro giudizio bisognosi; la protezione e l'affetto che danno a questi bambini sono quelle attenzioni che a loro sono mancate e, così facendo, agendo come se i bambini fossero parte di loro stessi, soddisfano il bisogno della loro parte fragile.

Non so se Tortora fosse stato in precedenza vittima egli stesso della pedofilia; solitamente il pedofilo è anche lui una vittima; ripete quello che gli accaduto da bambino; si serve del bambino per tornare alla situazione che lo ha fatto soffrire, nell'illusorio tentativo di dare agli eventi un corso diverso.
"Tortora ha cercato di violentarla" recita ancora l'articolo. Cerca quindi di arrivare all'atto sessuale perché la sessualità è uno dei canali di comunicazione più primitivi, che permette di veicolare i messaggi da una persona all'altra, anche se in maniera contratta e, spesso, distorta. Ma così facendo Graziella ha paura e Pasquale Tortora, che a sua volta è bambino, perde l'orientamento e si trova ad agire come in preda a un raptus.

In questo modo il pedofilo-bambino elimina proprio la figura che a lui fa paura e che di lui ha paura, cioè la bambina angosciata. Da questo impulso improvviso e incontrollabile a compiere azioni violente deriva il tragico epilogo al quale è giunto Pasquale Tortora.
Da questa mancanza di rapporto o da un rapporto mal gestito nasce il bisogno di coinvolgere un'altra persona per soddisfare questo desiderio.

Quello che è certo è che Pasquale Tortora è solo.
"...la solitudine...una famiglia incapace di sostenere un figlio difficile. L'unico dialogo sembra fosse costituito dalle botte..." scrive Silvia Vegetti Finzi.

All'origine ci può essere un padre autoritario (come nel caso di Vasile Donciu, 20 anni rumeno, che a Imperia rapisce, cerca di violentare, e uccide Hagene Kilani, 4 anni, figlia di una famiglia di immigrati tunisini e senza famiglia che lo mantenesse) o un padre assente, o comunque l'assenza di figure protettive che si occupino di lui! In ogni caso si creano le premesse per giungere all'incapacità di avere rapporti positivi.

La soluzione che si dovrebbe cercare con questi deviati, o in definitiva con qualunque tipo di deviato, dovrebbe essere quella del confronto per cercare di capire quale siano i meccanismi che fanno scattare determinate scelte, come insegna il padre di Lorenzo Paolucci (ucciso quest'ultimo da Luigi Chiatti all'età di 13 anni), perché questo è l'unico modo per cercare di prevenire simili tragedie.


BIBLIOGRAFIA

"Il Corriere della Sera" del 24 agosto 2000, articoli di Silvia Vegetti Finzi e Francesco Battistini.