Incontro all'Istituto Mattei |
Livia Nascimben |
11-12-2007 |
L’incontro inizia con una presentazione della professoressa Irene Netti, insegnante di scienze dell’Istituto Mattei e membro del Gruppo della Trasgressione. Prende poi la parola il Preside dell’Istituto per sottolineare l’importanza che il progetto ha per la scuola: “Questo è un progetto di scambi. Trasgressione e responsabilità procedono assieme. La responsabilità è legata al rispondere di qualcosa, rispondere è segno di libertà; la trasgressione non è sempre dannosa, dipende dal contesto in cui è praticata. La mia ambizione è che il forte e il debole abbiano, in ugual misura, la possibilità di esprimere le proprie potenzialità nel rispetto delle norme”. Finite le presentazioni si entra nel vivo dell’incontro. Aparo: Il tema di oggi ha come titolo “il piacere della responsabilità”, un tema riassunto da due parole apparentemente lontane, per qualcuno addirittura incompatibili. Proveremo a disegnare la mappa di una città. In città c’è una piazza principale; si chiama “Piazza Piacere della Responsabilità”; ognuno deve individuare un’altra piazza della città e collegarla, attraverso una via, a quella principale. A turno diremo il nome della nostra piazza e, a giro concluso, ciascuno proverà a percorrere la strada che collega la sua piazza a quella centrale, cioè a individuare quale relazione esiste fra il piacere della responsabilità e il concetto che corrisponde alla nostra piazza. Ora c’è bisogno di una dozzina di persone che si prestino al gioco, che collaborino col gruppo nella costruzione di piazze e vie. Vediamo che città riusciamo a costruire con i mezzi che abbiamo stamattina. Occorre che una decina di studenti prendano posto in prima fila, vicino al gruppo della trasgressione. I nomi delle piazze:
Aparo: Adesso, intanto che pensate alle vie che collegano le vostre piazze alla piazza principale, vi raccontiamo due storie. La storia di Enzo e Giovanna: Enzo e Giovanna si conoscono da molto tempo, alcune circostanze hanno reso difficile la loro relazione, altre l’hanno favorita. E poi la storia di Cinzia, Gianni e Silvia: loro tre hanno litigato spesso al gruppo ma ora sono seduti qui assieme.
Giovanna: Quando ci siamo incontrati, ci siamo subito presi. Pensavo ad una vita felice con lui ma non è stato così. Mio marito ha sbagliato, è in carcere da 12 anni. Si è privato del piacere di essere padre e di vedere crescere i suoi figli, di non fare una vita nella legalità come molte persone fanno. Io e i miei figli siamo stati per molto tempo arrabbiati, ci siamo sentiti abbandonati. Fortunatamente nel suo percorso ha trovato persone che hanno creduto in lui e questo ha dato forza anche a me di andare avanti. Enzo: L’intervento di mia moglie è stato una botta, non me l’aspettavo. Cos’altro dire? Oggi lavoro, sento la fatica di lavorare e per questo mi sento realizzato. Nel passato sono partito da piccole trasgressioni e quasi senza rendermene conto sono passato a compierne di più grandi. Cinzia: Con Gianni ci sono state grandi discussioni. Al gruppo sosteneva di essere un orgoglio per sua figlia per la coerenza nelle sue trasgressioni. Io non capivo come potesse essere, per me non aveva senso: non è con la coerenza nel trasgredire che si ottiene il rispetto di una figlia. Allora gli ho detto che forse la figlia gli vuole bene ma ciò è diverso dal sentirsi orgogliosi del padre. Gianni: Ero convinto della vita che facevo, le mie idee le portavo fino in fondo. Col dialogo ho cominciato a riflettere sul mio passato e a vedere il mio futuro in modo diverso. Sentivo che in fondo Cinzia aveva ragione, anche se non volevo ammetterlo. Anche i miei nipotini mi stanno mettendo il dubbio. Silvia: Io tenevo particolarmente a che Gianni sentisse sua figlia, le sue emozioni, il suo bisogno di avere un padre accanto. In Gianni ho rivisto alcune parti di me; mi arrabbiavo con lui anche perché sentivo nel suo discorso l'eco delle resistenze che io stessa vivo. Aparo: Bene, ora costruiamo le vie di collegamento tra le piazze della città. Vediamo un po' i primi progetti della rete stradale.
Cristina: Vivere all’insegna della responsabilità può annoiare; ma, se la noia dilaga diventa difficile vivere responsabilmente. Alessandro: Il rispetto consente di provare piacere della responsabilità verso altre persone. Shascia: Il piacere di fare lega la legalità alla responsabilità. Enzo: Sono cresciuto covando rancore, credevo che il rancore mi sostenesse. Dopo anni di detenzione, di frequentazione del gruppo e della scuola ho cominciato a ricucire i vari pezzi dell’immagine che avevo di mio padre e, di conseguenza, a ricucire anche lo strappo con i miei figli. Oggi vivo il piacere di essere responsabile verso di voi, ricerco relazioni per stare bene e dare qualcosa della mia esperienza. Prof.ssa Tirelli: Mi occupo di Diritto, cerco il significato delle norme. Le norme possono essere intese come qualcosa che ci può aiutare a comprendere la vita, a non sentircene schiacciati, a vivere serenamente, a mantenere un equilibrio nei rapporti sociali. Il rispetto delle regole diventano responsabilità quando si trova una ragione al comando, quando ci sentiamo parte di un tutto. Thomas: Lo sbaglio può derivare dalla noia e dal desiderio del potere. Bisogna rispondere di sé e dei propri gesti anche nell’errore.
Giulio: Godevo nel fare casini, nell’abusare del mio potere, ma era tutto sbagliato. Ora sto cercando di trovare la libertà usando il potere in modo diverso. Giada: Il pentimento è una via lunga ma, se accompagnati dagli affetti, la strada è possibile percorrerla. Livia: Tra la Piazza della Rabbia e la Piazza del Piacere della Responsabilità non può esserci accesso diretto: quando sei molto arrabbiato non hai piacere di stare con gli altri né di fare cose insieme, hai solo voglia di farla pagare a qualcuno e senza nemmeno saperne bene il motivo. Come strada che collega le due piazze, mi è venuta in mente l’immagine di una macchina fotografica. Nel passato ho reagito alla mia rabbia chiudendomi nel silenzio, oggi mi fa piacere utilizzare i miei occhi per documentare il lavoro comune.
Annalisa: Per raggiungere la Piazza "Piacere della Libertà" bisogna passare dalla Piazza "Piacere della Responsabilità": per essere liberi occorre essere responsabili. La responsabilità aiuta ad evitare situazioni negative, la libertà senza responsabilità no. Jessica: Se ti assumi le tue responsabilità guadagni il diritto ad essere perdonato. Giovanna: La famiglia è un punto di riferimento. Gli adulti hanno il compito di non fare pesare le regole che ci sono in famiglia affinché nel futuro i figli possano godere del piacere della responsabilità. Silvia: A questo gioco delle piazze ci siamo divertiti anche in carcere. Io avevo detto che avevo provato il piacere della responsabilità all’ultimo convegno sul tema del male. In quell’occasione mi è stato chiesto di riassumere i concetti emersi durante le riunioni. Mi è stato chiesto di usare una mia competenza, avevo un compito da svolgere. Nonostante la paura e lo sforzo che ho dovuto fare, ero felice di essere la portavoce del gruppo. Paola: L’inconscienza ti dà una sensazione di libertà ma ti porta a fare cose irresponsabili. Il percorso per arrivare al piacere della responsabilità è lungo. Incoscienza e responsabilità sono agli estremi, in mezzo c’è la libertà che può essere interpretata con incoscienza o con responsabilità. Enzo: L’incoscienza porta a compiere sbagli ma non credo che l’inconscienza sia la causa dell’erroroe, ho bisogno di sapere cosa, al di là della nebbia, mi porta a vivere il piacere di compiere atti violenti. L’inconscienza è una condizione nella quale si produce un comportamento, ma qual è l’elemento che motiva la persona a quel comportamento? Cosa c’è di divertente nell’inconscienza? Inciampo perché c’è il buio o uso il buio per assecondare la mia voglia di andare a sbattere? Thomas: La nebbia è una scusa. Chi vuole il potere per la via facile approfitta della nebbia per i propri abusi. Sentirsi bene nella trasgressione è come sentirsi diverso, migliore, più potente. Giulio: Non mi sentivo di appartenere alla società, commettevo reati per dimostrare di avere un potere, mi sentivo più forte. Anche ora mentre parlo con voi sto usando il potere: il potere negativo l’ho sfruttato e l’ho fatto diventare costruzione. Lo spazio per pormi delle domande.
Rossella (a Enzo): Per me la molla al reato è l’egoismo. Ogni quanto tempo vedi i tuoi figli? Come pensi che stiano quando li vedi? Enzo: Ai miei figli non dico che sono cambiato, gli faccio vedere i miei cambiamenti, quando possiamo ci confrontiamo e questo credo gli faccia bene. Studente: Cosa fa il Gruppo della Trasgressione? Com’è una tipica sua giornata? Gianni: Si discute e ci si confronta su diverse tematiche. Studente: Cosa si prova a stare chiusi in galera? Studentessa: Ho visto il film “Cento passi”, racconta la storia di un uomo che vuole cambiare il mondo e la mentalità che lo circonda. E allora mi chiedo: E’ possibile cambiare? Quali sono i processi attraverso cui la visione della vita di una persona può evolvere? Com’è possibile che una persona che per tanto tempo è stata guidata dal potere della sopraffazione cambi? Come può fare a rispondere in modo costruttivo a delle sollecitazioni negative? Gianni: Non so se riuscirò a rispondere. Il non riconoscere più il valore delle piccole cose ti porta ad annullare gli altri. Per recuperare qualcosa di buono dal proprio passato occorre venire riconosciuti. Il cambiamento di direzione è legato al desiderio di recuperare se stessi e quello che di noi è rimasto nel dimenticatoio. Enzo: Il modo migliore per combattere la cultura deviante è studiare, avere relazioni. Professore: Durante questo incontro ho sentito parlare spesso di “società” ma società è una parola che si può fraintendere, dice tutto e niente, genericamente la società sono gli altri. A me pare che la prima relazione nei confronti dell’altro, perché abbiano senso i discorsi di oggi, debba essere la relazione con la vittima. Enzo: Essere qua oggi per me è un modo per tentare di ripagare la società. Professoressa: Quando ho sentito parlare lo studente di legalità, ho pensato che è importante rispettare le regole con umiltà, anche se non le condivido. L’atteggiamento di chi dice “quella regola non la condivido per cui la trasgredisco” non è corretto. Aparo: Ci sono diversi modi di procedere: uno è guardare i bordi della strada e seguirli, facendo attenzione a non oltrepassarli; un altro è dotarsi di strumenti per godere della ricchezza della strada. Questi due modi non sono alternativi; anzi sono due ali del governo, entrambe necessarie perché il governo funzioni. Paola: Non si cerca la forza, il potere perché ci si sente deboli? Per essere riconosciuti dagli altri? Aparo: Sì, l’abuso della propria forza sugli altri è un modo di scrivere il proprio nome sulla realtà. Alcuni lo fanno attraverso un’opera d’arte, altri distruggendola.Bene, l’incontro è finito. Chi lo desidera è invitato a scrivere le proprie riflessioni sull’incontro di oggi e farle arrivare al gruppo o attraverso il sito oppure attraverso i vostri insegnanti.
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