Incontro a San Vittore |
Giulia Marchioro | 16-02-2009 | Alcuni interventi |
APARO: la settimana scorsa il gruppo è stato invitato a partecipare ad una serata in un teatro di Verbania sul tema della trasgressione. Mi sono state rivolte alcune domande molto difficili, alle quali ho risposto in modo molto serio, ma forse un po’ troppo da professore. Mi piacerebbe porre alcune di quelle domande difficili a voi, perché raccogliendo le vostre opinioni io possa, la prossima volta, esprimermi in modo più semplice e disinvolto. Vi faccio in particolare due domande:
Vi chiedo, quindi, di proporre alcune immagini che corrispondano per voi alla trasgressione e altre che diano un’idea di come una persona possa giungere a trasgredire. STUDENTE: la trasgressione è ciò che è diverso dalle regole della società. SARA: trasgredire significa volersi distinguere dalla massa. GIULIA: la rabbia può indurre alla trasgressione. DENIS: trasgredire significa sfidare innanzitutto se stessi. Mentre si trasgredisce si prova piacere, quindi uno dei motivi che possono indurre a trasgredire è il voler provare piacere. ERIKA: quando una persona si sente dire delle cose dalle quali non si sente rappresentato, come per esempio “Sei un figlio di papà”, è indotta a trasgredire per affermare la propria personalità e distinguersi dal giudizio ricevuto, per esempio andando a scuola vestita da mucca, come ho fatto io la settimana scorsa. STUDENTESSA: si trasgredisce quando sentiamo di non potere ottenere la libertà a partire dall’obbedienza alle regole morali imposte dalla società; allora si ricerca una libertà che va oltre i limiti che ci vincolano. DANIELA: quando vedo un ragazzo con i capelli colorati o con un piercing di troppo mi sembra già trasgressivo. Ci si comporta in questo modo per mettere in evidenza la propria personalità distinguendola da tutte le altre. STUDENTESSA: trasgredire significa non seguire le regole. PAOLA MELLACE: trasgredire significa reagire a delle situazioni relazionali, familiari o sociali, che avvertiamo opprimenti e che schiacciano la nostra personalità. RITA OLIVERIO: il bisogno di uscire da qualcosa che mi opprime lo riferisco più che altro alla ricerca della libertà. Quando penso alla trasgressione mi riferisco all’andare contro le regole condivise dalla società in modo consapevole. BARBARA RUSSO: ci sono norme che ci permettono di vivere nella società. Andare contro queste regole significa limitare la libertà degli altri, quindi trasgredire. APARO: Ancora qualche intervento sulle ragioni che possono spingere una persona a trasgredire… STUDENTE: la fragilità può portare alla trasgressione: non si è abbastanza forti e maturi per seguire le regole, si è fragili, e questa fragilità porta la persona a trasgredire. STUDENTE: l’insoddisfazione personale può portare una persona a trasgredire per poter andare oltre il suo problema, superare l’ostacolo per non sentirsi più in quel modo. PAOLO SORGE: la trasgressione può non fare male a nessuno oppure sì, e quindi può danneggiare la società. Si trasgredisce perché si vuole apparire e differenziarsi dagli altri nei quali non ci si riconosce e dai quali non ci si sente riconosciuti. NICOLA DELLA VALLE: si trasgredisce per distinguersi dagli altri. NUCCIO DI MAURO: per me la trasgressione oggi è essere qui al gruppo, in quanto riesco a dire delle cose di cui prima non riuscivo a parlare, e questo per me è andare oltre un mio limite, trasgredire una regola che mi sono imposto da sempre. Non considero solo la trasgressione negativa, perché penso ne possa esistere un tipo anche positivo. ANTONIO IANNETTA: sono nato in una zona del Sud, avevo sin da piccolo un diavoletto in corpo e mi sentivo perennemente insoddisfatto. Una volta che mi sono trasferito a Milano, volevo cambiare la società ma l’ho fatto in modo molto pesante e adesso ne sto pagando le conseguenze. GAETANO MARTUCCI: solitamente ci si riferisce alla trasgressione pensando a tutti quei comportamenti che possiamo definire sregolati. In questo gruppo la trasgressione è all’ordine del giorno, è la normalità; in questo caso significa infatti confrontarsi in modo paritetico con tutte le persone, senza distinzioni. Così facendo, si mette a nudo ciò che realmente le persone provano e sono. MARIO DI DOMENICO: trasgredire per me significa non obbedire alle regole. Uno dei motivi che inducono a trasgredire è la voglia di sfuggire dalle proprie responsabilità. Mi rivedo da ragazzo, quando c’era da faticare prendevo subito un’altra strada, mi svincolavo. Oggi mi permetto di trasgredire facendo dei quadri. Pensandoci bene, però, la mia fuga dalle responsabilità dipendeva dal fatto che non mi sentivo considerato e valutato dagli adulti, dalla mia famiglia, fin da quando ero piccolo. Trasgredivo perché volevo attirare l’attenzione ed essere finalmente considerato. ANTONIO IANNETTA: la mia voglia trasgredire è legata all’esperienza di assistere fin da giovane a degli scontri in piazza molto forti e pieni di rabbia che hanno generato in me altra rabbia e violenza. VINCENZO: la sordità tra chi le regole le fa e chi le dovrebbe seguire è causa di trasgressione. Chi deve seguire le regole deve sentirsene rappresentato. Per sentirsi rappresentato ha bisogno che qualcuno gliele spieghi nel modo giusto e lo invogli a comprenderle e a crederci. FRANCESCO LEOTTA: la rabbia mi ha fatto vivere per un po’ di tempo. Ogni volta che mi si puniva, lo si faceva con violenza e questo atteggiamento generava in me un senso di ribellione sempre più forte. A lungo andare, non sono più riuscito a controllare questa rabbia che avevo dentro. Questo lo so perché il gruppo mi ha aiutato a riflettere. Quando mi arrabbio qui, le persone non reagiscono punendomi con altra rabbia: il dottore mi ha punito imponendomi di imparare il Teorema di Pitagora. Questo mi ha fatto capire che c’è un altro modo di vivere, oltre alla rabbia. APARO: finora sono state dette molte cose interessanti:
Esempio: a scuola ci si aspetta che l’autorità abbia le orecchie aperte per comprendere quale sia l’identità delle persone che devono rispettare le regole. Se questo non accade è facile che queste persone possano sentirsi poco significative, possano a volte deprimersi o possano sviluppare la voglia di trasgredire per trovare una propria identità riconoscibile. Francesco diceva che si può rispondere alla rabbia e alla trasgressione non solamente attraverso altra rabbia, ma imponendo di imparare il Teorema di Pitagora. Secondo voi cosa c’entra il Teorema di Pitagora con la materia di cui stiamo parlando? Cosa c’entra la violazione di una norma con l’utilità di imparare il Teorema di Pitagora? RITA OLIVIERO: Antonio e Francesco hanno parlato di rabbia. Posso generare dalla rabbia altra trasgressione perché la risposta che abbiamo avuto è violenza su violenza. Il Teorema serve perché rappresenta un’opportunità di crescere. Francesco l’ha colta in questo modo e non ha più avvertito il bisogno di trasgredire. DENIS: il Teorema è un modo di rieducare perché non si guardano le cose a livello superficiale. ERIKA: imparare il Teorema di Pitagora magari non è una punizione fatta con rabbia, ma io considero una violenza mentale far imparare la matematica a qualcuno! Comunque, a parte gli scherzi, credo che si impari di più avendo qualcosa in cambio, cioè imparando qualcosa come in questo caso, piuttosto che avere altra violenza. CHIARA: stamattina sono uscita di casa e mio padre mi ha detto di non dire una parola perché altrimenti mi avrebbero tenuto qui dentro… Ho avuto un’educazione un po’ rigida a riguardo e sono dell’idea che chi sbaglia debba pagare le conseguenze del proprio errore. Credo sia troppo facile sbagliare e poi avere l’opportunità di studiare, partecipare ai gruppi, andare in palestra, guardare la televisione, essere riconosciuti. È troppo facile sbagliare senza pensare e poi essere anche aiutati a ragionare. Bisogna pensare alle conseguenze dei nostri gesti prima di agire. GAETANO MARTUCCI: a volte sentirsi assorbiti dalle regole porta a non sentirsi nessuno, porta all’anonimato. È indispensabile ascoltare le persone che trasgrediscono per capire insieme a loro che cosa è successo di sbagliato, che le ha condotte fino al reato. PAOLA MELLACE: il Teorema mi sembra possa essere paragonato ad un piccolo progetto positivo che Francesco ha potuto portare a termine e che lo ha fatto crescere. GIORGIA: mi è venuto in mente che anche l’ignoranza può portare alla trasgressione in quanto una persona potrebbe ignorare, non conoscere altre strade percorribili. GIULIA MARCHIORO: mi collego all’intervento che ha appena fatto Giorgia per parlare dell’importanza che secondo me ha avuto il Teorema di Pitagora per Francesco: imparare il Teorema gli è servito per capire che oltre ad aver fatto cose nella sua vita che lo rendono poco rispettabile, Ciccio è anche qualcos’altro, qualcosa che prima ignorava di essere. Studiare il Teorema gli ha permesso di scoprire una parte di se stesso sulla quale contare, si è scoperto intelligente e questo spazio che ha trovato dentro di sé gli permette di credere di potercela fare e di impegnarsi per farcela. Mi ricollego anche al discorso che ha fatto Chiara, che diceva che chi sbaglia deve pagare. A volte capita che chi viene a contatto con il Gruppo della Trasgressione storti il naso in quanto sembra che si voglia giustificare i reati commessi dai detenuti parlando della loro storia, del loro passato, della loro famiglia e dei loro errori. Cerchiamo di immaginare una casa con più stanze. Quando una persona commette un reato necessariamente deve entrare nella Stanza della Misura e della Decisione, nella quale si decide quanto una persona ha sbagliato e, in base a questo, quanto quella persona debba pagare. Quando poi si esce da questa stanza si può pensare di entrare in un’altra, che noi chiamiamo Stanza della Riflessione. In questa stanza ci si chiede che cosa è successo a quella persona, che prima era libera come tutte le altre, cittadino come gli altri, tale da averla portata a scegliere la strada della devianza. Non si vuole giustificare la persona, ma studiare, ricercare e capire che cosa l’ha portata fino ai reati. MARIO DI DOMENICO: sicuramente per Ciccio è stato molto faticoso imparare il teorema di Pitagora, ma la sua fatica è nulla paragonata all’impegno, al sudore che abbiamo speso tutti noi per farglielo imparare, è stato pazzesco! Faccio un esempio per dirvi che significato ha secondo me il Teorema di Pitagora con ciò di cui stiamo parlando. Mi sono sempre piaciute le canzoni di Vecchioni e di altri cantautori italiani. In particolare c’è una canzone che ascoltavo e che si intitola Euridice. La ascoltavo e mi piaceva, ma non sapevo di cosa parlasse esattamente, allora mi sono documentato. Euridice, moglie di Orfeo, rischia di essere violentata. Cerca di scappare per non subire quell’abuso, ma scappando cade e muore. Orfeo, saputa la notizia, canta così intensamente e forte che la sua voce arriva fino agli Inferi, dove chiede che gli venga ridata in vita sua moglie. Il desiderio di Orfeo verrà esaudito a patto che, durante il cammino di risalita dagli Inferi, lui non si volti per vedere se la moglie effettivamente lo sta seguendo. Orfeo, durante il cammino, non è abbastanza forte e si volta per vedere se realmente Euridice è dietro di lui. In quel momento la moglie scompare e viene riportata negli Inferi. Dopo aver compreso la storia ho gustato di più la canzone. Ecco. Si gode di più delle cose, se uno ne conosce anche i collegamenti con altre cose. Questa penso sia un po’ la metafora di Ciccio, perché anche solo imparando il Teorema di Pitagora ha potuto capire di essere stato altro oltre a ciò che è stato finora. PAOLO SORGE: conosco Ciccio da quando sono al gruppo e so dei suoi problemi anche familiari. Il Teorema di Pitagora lo ha dovuto imparare anche sua figlia, per la quale Ciccio era molto in pensiero. Per lui è stato importantissimo dimostrare alla figlia che poteva imparare qualcosa per lei, e lo stesso è stato per la figlia. ANTONIO IANNETTA: Ciccio ha imparato il Teorema per dare un ordine alla sua vita. PAOLO BREGA MASSONE: Ciccio non ha avuto molto dalla vita. Per lui poter credere di dare qualcosa è molto. Noi tutti lo abbiamo aiutato, ci siamo impegnati. Per me è stata un’esperienza importante fare amicizia con lui, perché mi sono reso conto che prima di entrare in carcere avevo la presunzione di non sentirmi mai in difetto. Ero un dottore di tutto rispetto, questo ambiente non mi apparteneva, io ero il bene mentre i detenuti rappresentavano il male. Da un giorno all’altro mi hanno catapultato in questa realtà con cui mi sono dovuto mettere a confronto, senza più sentirmi superiore a nessuno. FRANCESCO: imparare il Teorema mi ha permesso di far capire a mia figlia che le voglio bene e che lei per me è importantissima. Quando ho saputo che stava male mi sono sentito morire e ho chiesto aiuto al dottore. Imparare insieme il Teorema di Pitagora ci ha fatto sentire importanti uno per l’altra. APARO: per far sì che le regole non vengano avvertite come delle nemiche, per viverle come stampelle che ci possano aiutare e non tenaglie che ci soffocano, c’è bisogno di comprenderne il senso. Il Teorema di Pitagora ci permette di vedere che i vincoli e le regole della matematica sono strumenti per comprendere e intervenire sulla nostra realtà. La matematica si basa su regole restrittive, ma i cui vincoli sono riconoscibili. Si prende amicizia con loro tramite uno sforzo e loro, in cambio, danno la possibilità di prendere il mondo in mano. Da adolescenti, capita che le regole vengano avvertite come morse inventate da altri con lo scopo di tenerti stretto in uno spazio angusto. Le regole dell’intelligenza ti tengono sì stretto, ma come un costume o un equipaggiamento che ti aiuta nell’esplorazione del mondo, come un’imbragatura per affrontare la montagna. Non vincoli imposti da un’autorità arbitraria, quindi, ma dalla matematica, dall’intelligenza, dall’autorità della conoscenza. Non tutti hanno uguali opportunità per affrontare la vita. Occorre quindi che la nostra società organizzata faccia in modo che chi parte senza le stesse possibilità possa trovare gli strumenti strada facendo. In un branco di zebre, quelle più lente vengono raggiunte e mangiate dai leoni. In una società organizzata non si può permettere che questo avvenga. RITA OLIVIERO: a volte quando insegno non mi rendo conto del valore di ciò che sto insegnando. DENIS: io all’inizio pensavo che se una persona sbaglia è giusto che paghi. Non pensavo ad ampliare il discorso al livello rieducativo. Adesso sono d’accordo sulla rieducazione e volevo sapere dai detenuti che cosa pensavano di questo percorso. STUDENTE: cosa vi ha spinti ad entrare al gruppo? ANTONIO DI MAURO: sono al gruppo più o meno da 2 mesi. Mi ha incuriosito il nome “Gruppo della Trasgressione”, mi sembrava mi appartenesse. Già dai primi incontri vedevo i partecipanti che parlavano della loro vita personale. All’inizio non riuscivo a parlare, poi piano piano mi sono sentito meglio ed ho trovato il coraggio di far conoscere agli altri la mia storia. APARO: per imparare a riconoscere i colori con cui possiamo dipingere il nostro quadro delle cose c’è bisogno di prendere confidenza con i diversi colori dell’esperienza e di maturare fiducia nella nostra capacità di scegliere e costruire. La scelta ti fa uomo. Le conseguenze della tua scelta ti permettono di capire che bisogna tenere conto degli altri. La libertà consiste nell’imparare ad amministrare le proprie forze per viaggiare all’interno dei limiti. A seconda degli strumenti e delle relazioni di cui disponi, sarai in grado di vedere alcuni limiti e altri no, sarai capace di riconoscere le tue risorse oppure no. Serve fare esperienza per aumentare i colori con cui guardare la realtà e con cui dipingerne un quadro in cui sia possibile vivere insieme.
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