Verbale del 18-02-2008
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Livia Nascimben |
24-02-2008 |
Ospiti della giornata due insegnanti dell’Istituto Mattei di Rho, Rosa Lepre e Angela Pessina.
Pasquale legge il suo scritto “Allontanare e Avvicinare” dove racconta del suo diverso rapporto con due figure adulte di riferimento (il padre e il nonno) e di come, in funzione delle diverse modalità di relazione, sentisse il desiderio di opporsi all’autorità piuttosto che individuare insieme la propria strada per diventare adulto.
Aparo suggerisce al gruppo di cercare nella propria storia gli elementi che hanno consentito e/o ostacolato la relazione con l’autorità.
Tony: Il bullismo è legato anche ai compagni che danno corda, senza i compagni il bullo non esiste, senza i compagni il bullo sarebbe il ragazzo nell’angolo.
Giuseppe: Da adolescente io non stavo mai fermo, ero incontenibile. L’unico insegnante che è stato capace di coinvolgermi è stato il mio insegnante di musica. Si è accorto che avevo delle capacità e le ha sfruttate per rendermi partecipe. Credo che per un adolescente sia importantissimo che l’insegnante abbia a cuore i suoi progressi, che gliene dia tangibile conferma, soprattutto spendendosi concretamente per cercarli.
Le due insegnanti parlano della loro difficoltà a coinvolgere alcuni studenti nelle attività che propongono, di coinvolgere i cosiddetti bulli. Dicono entrambe che tante volte lo studente non permette in alcun modo che gli si possa offrire il piacere della conoscenza, la bellezza delle cose.
Aparo: Spesso accade che l’adolescente sia insensibile al richiamo della cultura e della relazione ma non esiste persona che sia insensibile al richiamo del narcisismo. Se nell’alunno non ci sono le premesse per provare piacere nella cultura, si può entrare in relazione con lui richiamandone il nucleo arcaico: il bisogno di essere al centro del mondo.
Con un ragazzo apparentemente irraggiungibile si può partire dal fatto che ha bisogno di essere al centro del mondo per comporre gradualmente delle esperienze e stimolarlo a coltivare delle competenze e a definirne i campi e i confini.Nel narcisismo sono infatti presenti sia la spinta a mantenersi incentrati su se stessi e ad aumentare la sordità e la distanza agli stimoli, sia le premesse a partire dalle quali gli orizzonti possono essere allargati fino ad inglobare una quota di mondo sempre più estesa.
A questo punto si apre una discussione sul diverso significato che può avere per un adolescente alla ricerca della propria identità sentirsi dire “Sì” o “No” dall’adulto di riferimento.
Giampietro: Oggi si sente spesso l’adulto dire SI’ al proprio figlio, ma è attraverso il NO e i limiti entro cui si trova a vivere che un ragazzo diventa adulto. Anche se, a causa dei troppo SI’, i NO che a un certo punto si è costretti a dare per i ragazzi diventano intollerabili.
Pasquale: A volte però il NO viene utilizzato per rafforzare il potere dell’autorità piuttosto che per indicare ciò che è utile per la crescita.
Tony: In adolescenza mi sono sentito dire tante volte NO e non a sproposito, lo capivo, era giusto così. Ciò che non capivo era perché non mi venisse mai detto SI’ anche quando mi veniva riconosciuta una qualità. Non ricevevo mai gratifiche, nemmeno per le cose che facevo bene. Mi sono mancati gli stimoli nelle cose giuste, una relazione per affrancare i SI. E’ stato poi in mezzo alla strada che ho trovato i SI che mi mancavano, con i compagni di strada ciò che facevo mi era riconosciuto.
Silvia: Il SI’ non è necessariamente positivo. A volte il SI’ può essere usato per fare stare quieto il tuo interlocutore come a dire “ma sì, fallo pure, basta che non mi stressi”. Ma se tu capisci che è facile ottenere un SI’, senza impegnarti responsabilmente nella relazione, affini la tua capacità di ammaliare l’altro per ottenere ciò che a te serve nell’immediato. In questo modo, però, sottrai energie alla costruzione della relazione e del tuo futuro.
Livia: E’ disorientante per la tua crescita anche il SI’ dato da un adulto che, per qualche motivo, si sente inadeguato e cerca di bilanciare le proprie mancanze concedendoti qualcosa. E’ come se ti lasciasse nel dubbio di non essere effettivamente in grado di fare quella certa cosa. O, al contrario, è come se ti facesse vivere nell’illusione di essere onnipotente lasciandoti incapace di tollerare le frustrazioni.
Aparo Non c’è un dosaggio di SI’ e di NO per una ricetta sicura per maturare la fiducia di potersi sperimentare nelle relazioni. Sia il SI’ che il NO, in determinate condizioni, possono portare a conseguenze non auspicabili.
Il SI’ con cui l’adulto si sottrae dalla relazione nel presente, con cui il genitore si sottrae al figlio, con cui l’autorità si sottrae alla persona di cui dovrebbe occuparsi, quel SI’ vuol dire: concedimi di non darti attenzione, in cambio prendo per buono ciò che fai e ti permetto ciò che altrimenti non potrei concederti. E’ un SI’ strumentale, che educa alla falsificazione di sé, che incoraggia l’uso di monete false e a sviluppare capacità seduttive, come diceva prima Silvia.
Non indica la strada utile nemmeno il SI’ usato come surrogato per ciò che l’adulto non è riuscito a dare nel passato. Questo è il SI’ del senso di colpa; è il SI’ con cui si chiede uno sconto sulle proprie assenze, sulle proprie disattenzioni passate, sulle sottrazioni di sé cui non si ha voglia di riparare o che si teme di non essere all’altezza di riparare.
Questo tipo di SI’ è frequente quando i genitori sono separati e, in genere, quando si hanno colpe da farsi perdonare o, meglio, responsabilità che si preferisce dimenticare.
Il gruppo si chiude con la domanda: in quali condizioni il SI’ e il NO diventano strumenti che richiamano l’altro a rimanere nella relazione e a coltivarne altre?