| In parole |
Riporto alcuni dei concetti stimolanti delle lezioni, che tra l'altro penso siano punti di contatto col nostro metodo di lavoro e in stretta relazione ai nostri progetti.
In sintesi alcuni degli elementi attorno cui ruota il corso tenuto dalla Dott.ssa Gasparini:
All'interno dello spazio entro cui si muove il gruppo di lavoro della Dott.ssa Gasparini, i partecipanti sono stimolati a interagire con le opere d'arte, ad allenarsi a decodificare nei quadri le diverse figure che simbolizzano il complesso universo emotivo dei ragazzi con cui lavorano e le proprie emozioni suscitate dal contatto con gli adolescenti devianti.
Bene, e qui mi inserisco io! Oggi sono riuscita a vedere concretizzarsi su me stessa questo processo di trasformazione dal non detto al pensabile e dicibile.
Ma torniamo indietro di un passo: volente o nolente, era un periodo che vivevo male gli incontri e le iniziative del Gruppo della Trasgressione senza riuscire a distinguerne dentro di me le ragioni.
Gli incontri erano diventati fonte di dolorosi conflitti: al di là del piacere di stare insieme e di poter vivere un'esperienza stimolante, ero invasa dall'ansia, dalla paura di non essere all'altezza delle richieste del gruppo; quando eravamo insieme spesso passavo dei momenti in cui stavo male in modo imprecisato, mi sentivo incapace di prendere la parola e mi sembrava di non aver nulla da dire; dopo gli incontri provavo rabbia e dispiacere per non essermi messa in gioco.
Dopo l'ultima iniziativa con gli Scout, insieme al Prof. e Cosimo abbiamo cercato di ragionare attorno a questo problema per trovare una soluzione, una direzione mi che consentisse di rendere fecondi gli scambi. Le sollecitazioni che il gruppo oggi offre ad ognuno sono continue e se le iniziative vengono vissute male, alla lunga o cade la motivazione a lavorare oppure si prova un dolore tale da diventare insopportabile.
Dalla discussione con il Prof. è emerso che ciò che io percepivo come sintomo era di non riuscire ad esprimermi, in realtà il mio disagio era dato dall'incapacità di servirmi dei legami che in questo anno ho costruito all'interno del gruppo.
Qualche giorno dopo la lezione della Dott.ssa Gasparini e qui la piacevole sorpresa!
La Professoressa spiegava, offriva a tutti i partecipanti suggerimenti, spunti su cui riflettere, io ascoltavo, prendevo appunti, cercavo possibili collegamenti con nostro lavoro
Disperazione - Edvard Munch (1892)
olio su tela ; 92 x 67
Stoccolma, Thielska Galleriet
"Il quadro, che mostra un profilo maschile indefinito proiettato contro l'ambiente circostante, può essere considerato un precedente de Il grido, uno dei dipinti più famosi di Munch, realizzato nel 1893.
Davanti a un tramonto rosso sangue, una figura maschile ritratta di profilo si ferma ad ascoltare la voce della propria anima, stretta da un'angoscia che non sembra aver contagiato le due figure che si allontanano con indifferenza verso il fondo."
Il pittore trasferisce sulla tela l'esperienza vissuta una sera:
Camminavo sulla strada con due amici, il sole tramontava, sentii come una vampata di malinconia, il cielo divenne improvvisamente rosso sangue. Mi arrestai. Mi appoggiai al parapetto, stanco da morire rimasi là, i miei amici continuavano a camminare, io tremavo ancora d'angoscia e sentivo come un grande interminabile grido che attraversava la natura (Edvard Munch) |
"I due amici, rappresentati di spalle mentre si allontanano, esprimono indifferenza, diniego, mancata condivisione del trauma del compagno, sono presenti solo fisicamente sulla scena, irraggiungibili mentalmente. Per il protagonista ciò è fonte di un dolore immenso: l'impossibilità di comunicare il proprio stato d'animo diventa una condizione che incarcera; i due personaggi da amici si trasformano in persecutori perché manca la possibilità di entrare in comunicazione."
E mentre la Dott.ssa Gasparini esponeva le riflessioni riguardo la "Disperazione" di Munch, io nel quadro, proiettato sul muro dei locali dell'ASL, ho visto rappresentati la mia disperazione, il mio senso di angoscia, la mia solitudine: mi si sono attivati i sensi, ho visto e sentito la narrazione di una parte del mio mondo interiore che, prima della discussione col prof., percepivo come vivo ma irraggiungibile, a cui non riuscivo a dare una forma, a rendere in parola, comunicabile, condivisibile, comprensibile nemmeno a me stessa.
Finita la lezione, l'aver ripreso insieme ad alcuni di voi quell'opera di Munch, mi ha permesso di esprimere in parola quel groviglio di emozioni e sentimenti che ieri non distinguevo, che avvertivo mi procuravano sofferenza ma che riuscivo a trasmettere solamente attraverso il comportamento, standomene indietro durante gli incontri del gruppo, non parlando.
Durante la chiacchierata con il prof. io ero un'interlocutrice che attraverso le sue parole, che per me avevano una risonanza emotiva molto forte, ero riuscita a trovare un senso a ciò che sentivo; e attraverso la lettura del quadro sono riuscita a riconoscere e a trasformare i miei sentimenti relativi al gruppo in un dialogo con me stessa.
L'aver sentito una parte profonda di me grazie a quello che la tela ha suscitato in me e riuscire a parlarne è stato un atto liberatorio, trasformativo: sono riuscita a focalizzare ciò che mi procurava dolore vedendolo in un insieme armonico. La discussione con voi mi ha permesso di ridurre il senso di solitudine che ho provato in altre situazioni di gruppo.
Inoltre, la discussione ha portato ad inquadrare la questione all'interno della tematica del Doppio.
La produzione del Doppio si ha quando il soggetto vive un momento dinamico, caratterizzato dal progetto di realizzare un cambiamento significativo rispetto alla condizione precedente. Perché si produca l'esperienza del Doppio, è necessaria una condizione soggettiva fortemente dinamica, aperta da un lato a un estremo tentativo di custodire le parti narcisistiche, dall'altro all'assunzione di un'identità, per così dire, "a rischio". Il Doppio si presenta come una resistenza della struttura psichica al desiderio - vivo e conflittuale del soggetto - di venire individuato e storicizzato dalle proprie scelte. Finché il Doppio è presente, per il soggetto si sospende il tempo nel quale vengono intessute le relazioni oggettuali; il flusso temporale soggettivo viene scandito dai contatti che si verificano tra le due figure; l'orizzonte psichico è segnato dalla necessità di sospendere o di controllare fortemente gli investimenti oggettuali e dalla tensione ora ostile, ora di ricerca, che corre fra le due polarità. [ ] Requisito essenziale della dinamica del Doppio è la tensione esistente fra i due, caratterizzata dalla ricerca costante che uno o entrambi i personaggi fanno dell'altro. [ ] La formazione del Doppio nasce sempre come agito, in luogo di un sentimento, come materializzazione di una tensione conflittuale che non si risolve finché i due personaggi rimangono nell'azione autonomi e complementari al tempo stesso. Alle due figure del Doppio viene così delegata la funzione di veicolare, incarnandola, la conflittualità fra spinte emancipative e regressive, che il soggetto non accoglie come esperienza psichica interna. Si evidenzia con ciò la duplice funzione della figura del Doppio: da un lato preservare le parti narcisistiche dalle spinte maturative; dall'altro rappresentare del soggetto e per il soggetto la presenza delle parti stesse. [ ] Il Doppio, figura di compromesso fra due polarità conflittuali, oppone resistenza verso l'individuazione tanto quanto il rapporto con esso testimonia la spinta verso l'individuazione stessa. |
Il Gruppo, dice Aparo, è arrivato attualmente ad un tale punto di articolazione e consistenza sul piano di realtà, da rendere difficile ai suoi membri di ritagliarsi all'interno del suo spazio una nicchia dove poter regredire tranquillamente.
I comportamenti regressivi rappresentano la soluzione migliore che l'individuo riesce a trovare in una determinata situazione quando non sente di avere lo spazio e gli strumenti necessari per farvi fronte, va da sé che se le condizioni migliorano non avverte più il bisogno di regredire e procede oltre.
Se sei mesi fa le iniziative del gruppo erano più diradate nel tempo e se le persone quando sentivano di non riuscire più ad andare avanti, potevano tornare indietro (v. Fairbairn) e non assumersi un ruolo attivo all'interno del gruppo senza per questo sentire di disturbare ed essere disturbate, ora le sollecitazioni sono tali da imprimere su ognuno spinte ad andare avanti: non è più possibile tornare indietro e per quelle parti di sé che vorrebbero regredire e non ci riescono, il gruppo diventa persecutore.
Oggi mi sono fatta portavoce dei miei stessi vissuti e nel comunicarli a voi ho trasformato il mio malessere in parole che ho trovato dentro me stessa e il bisogno di rifugiarmi difensivamente nel "sintomo" è venuto meno.
Ringrazio il prof. che mi ha aiutata a costruire uno spazio entro cui potermi esprimere, ringrazio la Dott.ssa Gasparini per la sua lezione stimolante e ringrazio voi del gruppo che mi avete ascoltata e avete giocato con me.