W. Fairbairn |
Angelo Aparo | 1997 |
Fairbairn è uno degli analisti che hanno posto al centro della loro metapsicologia la teoria delle relazioni oggettuali. Rispetto alla psicoanalisi tradizionale, egli ribalta il rapporto fra spinta pulsionale e spinta alla relazione e fra "Principio del piacere" e "Principio di realtà", non può prescindere dal testo che costituisce la summa del contributo di Fairbairn "Studi psicoanalitici sulla personalità".
Già dall'inizio del suo tentativo di descrivere una mappa della mente, egli riformula molti degli enunciati nodali della metapsicologia freudiana: postula un Io presente fin dalla nascita, esclude l'esistenza di una pulsione di morte innata, respinge pertanto che l'aggressività possa costituirne un derivato e interpreta quest'ultima come uno degli esiti possibili della libido verso gli oggetti (gli attacchi verso gli oggetti esterni o interiorizzati sono sempre ricondotti alla difficoltà di instaurare con gli oggetti libidici una relazione appagante).
Ma gli enunciati con i quali Fairbairn prende dichiaratamente le distanze dalle consegne freudiane e dalla corrente kleiniana a lui contemporanea sono principalmente due:
Nella sua metapsicologia, l'Es non ha dunque ragione d'esistere, essendo già l'Io caratterizzato dalla presenza di un'energia e di una spinta autonoma verso gli oggetti. La ricerca dell'oggetto non è strumentale all'appagamento della pulsione (intesa nel senso freudiano), ma viene invece considerata come una spinta autonoma verso la relazione con l'altro. Abbiamo così una inversione del rapporto delle componenti che nella metapsicologia freudiana costituiscono l'oggetto e la meta della pulsione.
La relazione con l'oggetto diventa il fine ultimo della spinta libidica, l'appagamento dei bisogni individuali costituisce solo uno degli strumenti per instaurare la relazione con l'oggetto: l'obiettivo di costruire una relazione fra madre e figlio si appoggia sul bisogno di essere nutriti e non viceversa. In altri termini, l'oggetto non è strumentale in subordine alla sua funzione anaclitica, ma è la funzione anaclitica a fare da supporto all'obiettivo primario dell'Io, che è la relazione con l'oggetto.
Il "principio di realtà", che nella metapsicologia freudiana nasce sia in senso cronologico che funzionale come pseudopodo del "principio del piacere", allo scopo di mantenere costante una quantità ottimale di tensione interna, per Fairbairn è invece il motore primo di un movimento diretto verso l'esterno e che ha la sua prima finalità nella costruzione di una relazione con gli oggetti esterni.
Bisogna ammettere che siamo di fronte ad una rivoluzione concettuale! La libido di Fairbairn è dichiaratamente orientata all'oggetto nella sua globalità. Le soste che la libido effettua, facendo tappa sulle risorse parziali dell'oggetto (il seno e le sue capacità accuditive in genere) o sulle spinte delle zone erogene dell'individuo, corrispondono per Fairbairn a momenti utili a consolidare il legame fra i due poli della relazione.
Fairbairn preferisce descrivere in termini di "deterioramento" e non di "regressione" la ricerca che l'adulto fa di un piacere che prescinde dall'investimento sull'oggetto esterno. Il piacere della sessualità matura, non diversamente dal piacere derivante da qualsiasi zona o spinta erogena parziale, viene considerato da Fairbairn come una via di accesso alla relazione oggettuale, un indicatore che mette il soggetto sulle tracce della relazione con l'oggetto esterno, unico vero obiettivo della spinta libidica.
L'appagamento della pulsione parziale, l'alleviamento della tensione e il piacere che ne conseguono, scorporati dalla relazione con l'oggetto, vengono intesi pertanto come un surrogato della relazione oggettuale.
Se per Freud l'investimento sulla realtà e la relazione oggettuale costituiscono una articolazione e un compromesso cui la ricerca del piacere immediato si piega, per Fairbairn la ricerca del piacere immediato costituisce il sintomo di un fallimento, l'esito di un progetto abortito di raggiungere l'altro.
Tale errore viene ricondotto da Fairbairn ad una carenza di quelle prime risposte che dovrebbero sostenere e confermare il buon indirizzamento del soggetto verso la sua meta. Il protendersi spontaneo del bambino verso l'oggetto materno costituisce infatti per Fairbairn il primo modello di relazione grazie al quale consolidare e affinare la propria spinta a rivolgersi agli oggetti esterni.
Laddove si verifichino queste diversioni, il soggetto procede con una doppia operazione che consiste: a) nella scissione dell'oggetto in una parte buona e una cattiva, b) in una introiezione della parte cattiva, che ha lo scopo di neutralizzarne il potere distruttivo e di conservare una buona relazione con l'oggetto esterno, mondato della sua parte cattiva.
L'immagine dell'oggetto viene interiorizzata allo scopo di neutralizzare il potere destabilizzante che esso ha avuto sul soggetto quando questi si trovava nella condizione di totale dipendenza. Secondo Fairbairn la scissione e l'interiorizzazione dell'oggetto si producono solo come conseguenza di una cattiva relazione oggettuale, cioè solo in conseguenza della minaccia che l'oggetto libidico esercita per l'integrità dell'Io o come conseguenza di condizioni tali da ostacolare il rapporto oggettuale.
Con l'interiorizzazione dell'oggetto scisso si creano le condizioni interne perché l'investimento libidico venga dirottato dalla sua meta elettiva verso gli oggetti interni, i quali sono destinati ad aumentare di numero per effetto della attrazione che gli oggetti interiorizzati più arcaici esercitano sugli oggetti libidici esterni.
La tendenza a concentrare gli investimenti verso gli oggetti interni -a seconda della sua accentuazione- costituisce per Fairbairn la misura della patologia, tanto da considerare la preoccupazione per la realtà interiore "
la più importante di tutte le caratteristiche schizoidi" .
Tale introversione condizionerà l'atteggiamento del soggetto verso la realtà determinandone un isolamento più o meno accentuato. Gli oggetti interiorizzati, una volta attirata su di sé la libido, la "imprigionano" opponendosi a che il soggetto possa nuovamente indirizzarla verso gli oggetti esterni. In tal modo viene mantenuta la scissione dell'oggetto arcaico e, da qui, la rimozione della parte scissa, la rimozione delle parti dell'Io legate all'oggetto e il conseguente depauperamento dell'Io e della sua capacità di alimentare le proprie relazioni con gli oggetti esterni (cfr. Guntrip).
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Tratto ed elaborato dal capitolo omonimo su "Modelli genetico evolutivi in psicoanalisi"; Aparo, Casonato, Vigorelli; Ed. ll Mulino, 1989.