Frammenti di un gioco

Santo Galeano

17-10-2009  

Il gioco e la vita sono stati quasi simili; non so perché ne parlo ma ne devo parlare e con tutti voi, per capire e per capirmi.

Sono nato a Catania, in una famiglia di lavoratori onesti. Non pensavo che questo gioco buio fosse così pericoloso.

Il mio gioco, adesso, è parlare di quello che ero, “un buono” che si spaventava della sua ombra; giocavo da solo, ero e sono un mammone, perché lo dico? Non posso dimenticare da dove vengo e che cosa prova il mio cuore: la mia sofferenza deriva dai miei sbagli, quelli che mi hanno portato a giocare con la vita dei miei cari.

Non me lo potrò mai perdonare, le malattie che ho creato e quello che sto distruggendo giorno dopo giorno per colpa mia e della mia amica fedele, un’amica bianca e pura che ha distrutto tutto quello che mi è caro.

Da piccolo facevo le guerre di quartiere per il prestigio della zona dove abitavo; già quella era una forma di gruppo, molto, molto pesante. Non posso mai dimenticare le prime botte che ho preso da mio padre, mi ero allontanato da casa e me n’ero andato al fiume Simeto; è lontanissimo da casa mia. La preoccupazione di mio padre è stata così forte che le botte le ho prese con il nervo. E che male!

Però, onestamente, io amo mio padre e mia madre, sono due persone che danno forza al mio cuore, senza di loro non so che fine farei, diventerei un uragano, senza fermarmi mai. Io ho paura di quello che può succedere a loro, perché non me lo potrei perdonare mai.

Il gioco che sto facendo ora è smettere di drogarmi, la droga bianca, quella che mi fa compagnia, quella che mi rende forte, l’amica che non mi abbandona mai, ma so con certezza che mi sto distruggendo da solo.

Quando è nata Giulia, la mia piccola principessa, mi sono calmato, pensavo che ce l’avrei fatta a cambiare gioco, invece no: il gioco ormai si era esteso completamente dentro al mio cervello.

I rimorsi che ho, la sofferenza che sto vivendo, sono così forti che se potesse vederli chi oggi sta per entrare nello stesso gioco ne uscirebbe subito per paura. Pure io ho paura di tutto questo. Se potessi tornare indietro prenderei la strada lunga, quella fatta di regole, di legge, di amore e di onestà, ma so che è difficile.

Poi c’è mia moglie, che è la mia vita, il mio amore. Anche se non glielo dimostro so che è così, perché quando parlo di lei mi batte il cuore come quando parlo di Giulia, la principessa del mio cuore.

Penso anche che mi sto distruggendo da solo pure a pensare e a scrivere da solo, ma mi devo sforzare anche in questo, nel mettermi in gioco con me stesso.

Infine, tra i frammenti del gioco e in questo gioco di frammenti, c’è il joystick e non so nemmeno cosa vuole, ma penso che se non vuole più giocare deve vivere con regole, lavoro, famiglia e amore, perché se gioco ancora morirò in questo maledetto gioco.