Parole dalla catena |
Francesco Ranieri | 14-10-2009 |
Mi rivolgo a te giovane lettore pensando che tu abbia, da bambino, ascoltato delle favole. Ascolta questa, ti prego, che tanto favola non è!
Un giovane cucciolo dopo lo svezzamento fu lasciato libero di esplorare il territorio, camminava con gambe traballanti e passi incerti, ma era curioso. Si fermò ammirato davanti ad una grande pianta verde con tanti piccoli frutti bianchi.
Questo era quello che si offriva alla vista di un cane adulto tenuto alla catena lì vicino. Era segnato dal tempo, aveva sul muso molte cicatrici, se pur rimarginate, le narici devastate, gli occhi ormai indeboliti.
Per quanto gli fu possibile, si avvicinò al cucciolo, lo guardò come pochi avrebbero fatto, lo accompagnò nel breve tragitto che gli era concesso dalla catena, gli parlò di quella pianta… lui sapeva quali spine si celavano tra il verde fogliame, sapeva anche che il cuore bianco dei frutti era una grande tentazione.
Non abbaiò, non morse le tenere zampe del cucciolo per farlo allontanare. Gli parlò, cercando di essere il più sincero e convincente possibile, e il cucciolo lo ascoltò.
Quel cucciolo, hanno detto, non crebbe con i segni delle spine sul muso, non gli furono devastate le narici, conobbe, capì, valutò, ma più di tutto vide crescendo che altri come lui quei segni sul muso li avevano.
Ti prego, non guardare la catena, ascolta le parole.