Il sabato pomeriggio |
Jan e Emilio |
19-02-2014 |
Sabato scorso, nel solito incontro tenutosi al Gruppo della Trasgressione di San Vittore, oramai raffazzonato e tenuto in piedi da un pugno di anziani superstiti che memori dello splendore passato resistono strenuamente, abbiamo nutrito la mente con due scritti su Sisifo dei compagni di Bollate. Oggi dopo aver lungamente parlato con Emilio cerchiamo di mettere le emozioni provate su carta.
Siamo stati Sisifo per arroganza, trasgressioni, furbizia, canaglieria. Ognuno di noi si è creato il suo reame col sangue e la prepotenza. Siamo scesi negli inferi e abbiamo girato nel buio, perdendo il senso e l'orientamento. La pena non lasciava scampo. Anni senza ricordi, sogni, speranze, uguali l'uno all'altro: ecco le analogie con la pena di Sisifo.
Diversamente da quanto racconta il mito, l'uomo può coltivare fortunatamente la speranza di un futuro diverso. La prova è in quello sgarrupato camion che i detenuti spingono al freddo mattutino della periferia milanese, ricchi della consapevolezza che, se affrontate insieme, le difficoltà sono meno irte. Uomini che hanno distrutto la loro esistenza e purtroppo quella altrui, riuniti sotto il vessillo di un visionario, riescono a ricostruire e ritornare, uomini che, consapevoli delle loro colpe, costruiscono mattone dopo mattone ciò che rimane della loro vita. Forse un giorno riusciranno a ritrovare il senso di appartenenza con la società e non saranno costretti a parlare solo nei convegni e in luoghi protetti.
Ritengo gli anni trascorsi insieme al gruppo i migliori della mia esistenza, qui ho cominciato a riconquistare le mie aspirazioni alla deriva, qui ho ritrovato quanto mi. Qadre inutilmente aveva tentato di trasmettermi e che io beffardo deridevo. Se oggi potessi rivederlo, credo sarebbe orgoglioso di me. Il Dr. Angelo Aparo, Juri per gli amici, ha saputo restituire la dignità sociale a molti di coloro che erano stati giudicati irrecuperabili, senza costi né oneri per nessuno, sostenuto solo dalla sua curiosità e dagli alleati che ha saputo trovarsi lungo il cammino. E io oggi parlo con mia figlia, che quando restiamo soli mi tiene la mano delicatamente e mi disseta raccontandomi la sua quotidianità. Poi, con Emilio commento quanto, nonostante tutto, siamo fortunati.
I parallelismi tra le vicende di Sisifo e la nostra vita sono molteplici; noi due ci soffermiamo sulla pena, inutile e perpetua o nutriente e retributiva. Possano Sisifo, insieme alle riflessioni sul virus delle gioie corte e sulle microscelte, entrare nelle carceri, abbattere le mura della separazione sociale e portare una scintilla ai molti abbandonati a se stessi. Il metodo è provato. Oggi se ne giovano un centinaio di detenuti, ma sarebbe opportuno che altri potessero sperimentarne gli effetti.
Gli impegni del gruppo sono sempre più numerosi, ma ogni sabato pomeriggio ci ritroviamo attorno al tavolo a fare quello che vogliamo.