Il lavoro del palombaro

Marcello Lombardi

05-10-2003  

Identifico il rancore in una piovra in agguato, con la mia testa e il cuore che non possono nulla contro questa bestia subdola, che mi ha fatto familiarizzare con l’idea della morte. Non desidero il suicidio (anche se ho pensato più volte di fracassarmi la testa contro un muro), ma a volte ho difficoltà ad allontanarne l'idea.

Ciò che è penoso è che accanto al mio rancore provo dei sensi di colpa, per non essermi difeso o per essere tornato da colui che mi feriva.

L’essere sottomesso e rimanere esposto all’ingiustizia privo di aiuto ha fatto nascere in me una rabbia che mi ha portato a dovermi chiudere di fronte a qualsiasi dolore.

Il ricordo del mio rancore, la maggior parte delle volte, mi ha spinto ad azioni, gesti e parole che tornano da rapporti del passato, facendomi sentire accettato e in sintonia con me stesso solo annullando gli altri.