Angelo Aparo | 15-07-2005 |
Da settembre in avanti, il gruppo della trasgressione proporrà degli incontri per una riflessione a più voci su
C’è bisogno che queste domande vengano esaminate da persone che abbiano le competenze per decifrarne la pertinenza e l’utilità operativa.
Chi le giudicherà utili o aiuterà a renderle utili sarà invitato a dibattiti pubblici che il gruppo vorrebbe promuovere in sedi come l’Università, il Comune di Milano, la Casa della cultura, il Carcere, il Tribunale, il Rotary.
Propongo a tutte le persone del gruppo che ne abbiano piacere di sottoporre i tre punti suddetti a diversi docenti e professionisti nei campi che frequentiamo abitualmente (psicologia, filosofia, diritto, teologia, letteratura).
L’interesse per queste domande si mantiene così insistente, in verità, a causa di un leggero e banale dolore alle costole.
Lunedì scorso è venuto al gruppo il prof. Fausto Malcovati, docente di letteratura russa alla Statale di Milano, per parlare di Dostoevskij e di “Delitto e castigo”. Giampietro Borasio, come suo costume, aveva deciso che se il gruppo si occupa di qualcosa lo deve far bene: "in questo periodo ci interessa la punizione? Allora ci interessa Delitto e castigo!"
Enzo Martino, seduto di fianco a me, seguiva con grande attenzione le parole di Malcovati: gli anni in Siberia di Dostoevskij, i sensi di colpa del protagonista dopo il delitto, la relazione di Raskolnikov con Sonja e col giudice…
Enzo era stato tutta la settimana a leggere il romanzo di Dostoevskij, me lo aveva anticipato. Il lunedì di Dostoevskij e Malcovati era anche il giorno della prova di Enzo: “ho letto il romanzo; quello che ho capito mi aiuterà a godere di più della lezione di Malcovati?”
Il prof. Malcovati giunge al passaggio cruciale: “Raskolnikov aveva compiuto un delitto virtualmente perfetto; aveva cancellato ogni traccia, nessuno poteva incolparlo, ma il senso di colpa lo torturava…”
Enzo: “il protagonista era catturato dal suo senso di colpa come una falena dalla luce della candela, impossibilitata a staccarsene…”
Malcovati, lo guarda, annuisce, sorride compiaciuto di essere seguito con tanta attenzione, conferma a Enzo la pertinenza della sua citazione. A quel punto, il pugno sulle mie costole arriva, limpido, virile, gioioso, a siglare la vittoria.