Il sistema punitivo USA |
Nell’ambito di un percorso sull’evoluzione della pena, l’esperienza statunitense riveste particolare interesse. In tale paese si sono sviluppati e affermati tre diversi modelli di giustizia penale, vale a dire tre differenti concezioni e modalità esecutive della pena: il modello riabilitativo, il modello retributivo e il modello riparativo.
Il modello riabilitativo si è sviluppato a partire dai primi decenni del secolo scorso e ha dominato incontrastato la scena fino agli anni settanta. Il modello riabilitativo prevede che la sanzione penale possa e debba mirare al recupero personale e alla risocializzazione del condannato, grazie a un trattamento che tenga conto delle sue specifiche caratteristiche. Ecco lo schema del Modello riabilitativo
Prima di entrare nei dettagli del modello riabilitativo Usa, è necessario soffermarsi sulla struttura del processo “americano”. Esso si suddivide in due parti.
La prima è dedicata all’accertamento dei fatti. Durante un processo per rapina, ad esempio, si ricostruirà ciò che è accaduto avvalendosi dell’aiuto di eventuali testimoni e si accerterà la responsabilità dell’imputato. Durante questa fase non è ammessa alcuna informazione sui precedenti dell’imputato e sulla sua personalità. Con ciò si vuole impedire che l’imputato possa essere condannato solo per gli elementi che attengono alla sua presunta pericolosità (deducibile dai tratti della sua personalità) o al suo passato criminale.
Questa fase si chiude con una sentenza di condanna o di assoluzione. Nel primo caso si apre una seconda fase processuale nella quale il giudice determina la pena da infliggere. Il giudice, nell’adozione di tale decisione, si avvarrà di tutti gli elementi acquisiti sulla “storia del condannato”. Questi ultimi sono raccolti dal probation officer che svolge una serie di indagini sulla personalità del condannato, sul suo ambiente di vita, sui suoi rapporti familiari.
Il giudice statunitense, all’atto della sentenza, condanna alla reclusione o meno. Nel primo caso il giudice determina la pena entro un minimo ed un massimo: ad esempio, per un reato di furto con scasso, il reo viene condannato a scontare da 2 a 15 anni.
Se durante l’esecuzione della pena il condannato manifesta chiari segni di aver maturato un affidabile senso di responsabilità e di essere pronto per un rientro in società senza pericolo per i membri della medesima, verrà rilasciato.
Dopo che il giudice ha deciso la pena il condannato viene assegnato ad un istituto penitenziario dove sarà sottoposto ad una attenta osservazione. Il condannato è lasciato solo per 40 giorni. In tale periodo di tempo sosterrà colloqui con il direttore dell’istituto, con medici, psichiatri, col bibliotecario ed altri operatori. Tutte queste persone riceveranno informazioni che, rielaborate, consentiranno di determinare la causa che ha spinto il detenuto a commettere il delitto e, in base ad essa, di predisporre un programma allo scopo di superarla.
Il condannato durante l’esecuzione del programma verrà visitato dal personale del Parole board: un organo amministrativo composto normalmente da un magistrato, uno psichiatra, un sociologo ed un criminologo che hanno il compito di valutare il grado di risocializzazione raggiunto dal condannato attraverso i programmi di recupero e di autorizzare, a certe condizioni, il rilascio anticipato del detenuto.
Ricapitolando, il reo è condannato ad una pena da 2 a 25 anni.. dopo 7 anni, poniamo, il Parole Board verifica che il programma previsto ed elaborato nell’istituzione penitenziaria ha avuto successo: il condannato verrà rilasciato alla condizione di sottostare a determinate regole: siamo di fronte ad una sorta di liberazione condizionale.
Il giudice può emettere anche una sentenza di condanna senza reclusione. In questo caso, il giudice potrà condannare il colpevole alla probation.
Non sembra esserci dubbio che il vero pioniere del probation sia John Augustus, nato a Woburn, Massachussetts nel 1784. Costui era un calzolaio che aveva saputo avviare bene i suoi affari a Lexington e poi a Boston. Fu in questa città che, nell’agosto del 1841, come egli racconta, entrò in un aula di giustizia dove, in attesa della corte, un uomo cencioso e miserabile attendeva fra le guardie di essere giudicato per ubriachezza. Egli ebbe modo di parlargli, l’uomo gli parve sincero nell’affermare che, se avesse potuto evitare la prigione e trovare una mano amica a sostenerlo, avrebbe avuto la forza di tornare ad una vita di dignità e di lavoro. Augustus ottenne dal giudice un deroga non ortodossa. L’imputato non fu condannato alla detenzione come la legge prevedeva, ma solo ad una pena pecuniaria a seguito dell’impegno del suo improvvisato difensore a prendersene cura. |
Con la probation il giudice condanna il colpevole ad un trattamento in libertà, finalizzato ad evitare gli effetti negativi del carcere e, al contempo, a reintegrare il soggetto nella comunità esterna.
Per essere ammesso a beneficiare della probation, l’interessato deve accettare di sottostare a certe condizioni, che in genere consistono in restrizioni delle libertà personali, sotto la supervisione del probation officer, il quale, periodicamente, informa il giudice sul comportamento tenuto dalla persona sottoposta a probation.
Il probation officer è un organo amministrativo composto da operatori assimilabili ai nostri assistenti sociali ed ai laureati in scienze dell’educazione. Il condannato è sottoposto alla loro attenta super visione. Ricordiamo che gli appartenenti alla probation officer possono perquisire ed arrestare le persone che le sono state affidate quando queste non abbiano rispettato le prescrizioni imposte.
Se durante il periodo di probation vengono rispettate tutte le condizioni prescritte, alla fine del periodo stabilito dal giudice nessun altra pena dovrà essere scontata; se anche una sola delle condizioni viene trasgredita, può essere disposta dal giudice la revoca della probation e la pena sarà scontata in carcere.
Il modello riabilitativo che abbiamo finora descritto è oggetto a partire dagli anni settanta di feroci critiche. Esse denunciano la sua mancanza di equità ed effettività. Queste critiche sono espressione di un movimento di pensiero che porterà all’affermazione di un diverso modello di giustizia penale. I sostenitori di quest’ultimo, sulla base di una serie di ricerche, affermano il fallimento del trattamento risocializzante.. Inoltre reputano inaccettabile la fissazione da parte del giudice di un minimo e un massimo di pena, lasciando ad un organo amministrativo la decisione della pena in concreto.
Il nuovo modello di giustizia penale è quello retributivo. La pena deve essere un giusto compenso per chi ha violato la norma penale e la sua severità deve essere adeguatamente proporzionata alla gravità del reato commesso.
Il modello retributivo può essere schematizzato così:
Il modello retributivo ha prodotto significative modifiche legislative, concretizzatesi in una drastica riduzione dell’impiego delle misure alternative (probation) e dei programmi di trattamento e nelle statuizioni di sanzioni rigidamente prefissate.
In sostanza, il giudice non stabilirà più la pena entro un limite minimo o massimo, ma infliggerà una sanzione proporzionata al grado di colpevolezza del reo e al danno causato: nessuna attenzione è prevista per la eventuale evoluzione della personalità del condannato.
Anche l’istituto del Parole ha subito significative modifiche: il parole non è più concesso sulla base dei progressi registrati dal detenuto sottoposto ad un programma rieducativo.. ma sulla base della tipologia del reato commesso e del danno arrecato.
Il modello di giustizia penale che si va sviluppando in questi ultimi anni negli USA è quello della giustizia riparativa.
La giustizia riparativa parte da due presupposti
I sostenitori della giustizia riparativa intendono il reato come una situazione conflittuale instauratasi tra due soggetti: l’autore del reato e la vittima dello stesso. In tale contesto la pena ha l’obbiettivo di riparare il danno subito dalla vittima, unica entità riconoscibile e sicura. In questo modo si riporta la persona danneggiata dal reato al centro del sistema penale, relegando lo Stato al ruolo di vittima secondaria.
Assieme a quella della vittima, cambia anche la figura dell’autore del reato, non più soggetto passivo di una sanzione, ma soggetto attivo a cui è richiesto di rimediare praticamente agli errori fatti ed ai danni provocati con la sua condotta criminosa: invece di pagare il suo debito con la società attraverso l’espiazione della pena, essere in debito verso la vittima significherà capire ed assumersi le responsabilità di ciò che si è fatto; al posto di un astratto debito verso la società… l’autore del reato ha un vero e proprio debito con la vittima da saldare in modo concreto.
Per quanto appena detto, è previsto
Il modello di giustizia riparativa è così schematizzabile
Lo strumento preferenziale e tipico di tale modello di giustizia penale è la restituzione, ovverosia l’azione necessaria a rimuovere materialmente o simbolicamente, i danni prodotti dal reato.
Possiamo individuare quattro tipi di restituzione:
La forma della restituzione è definita dalle parti in un accordo frutto di un processo di mediazione.. La mediazione può essere definita come la negoziazione delle parti in conflitto, vittima ed autore di reato, con l’assistenza di una terza parte, il mediatore, che facilita il processo di negoziazione. Lo spirito della mediazione è quello di dare l’opportunità alle parti di esprimere i propri sentimenti e le proprie impressioni circa l’evento criminoso in modo da favorire la restituzione.
La mediazione, in realtà, è una pratica che trova applicazione, negli Usa soltanto nei confronti di rei minorenni ma, potrebbe rappresentare una nuova frontiera anche per autori adulti di particolari reati. Ne sono testimonianza i tentativi che vengono effettuati da qualche anno anche in Italia.