Venerdì al Faro abbiamo ripreso alcuni degli argomenti affrontati la settimana scorsa, ampliando la riflessione grazie alla lettura due scritti: "Il mio quadrato" di Ivan e "Il mio coktail" di Umberto.
I due scritti -fa notare il prof.- non sono sfoghi, ma una riflessione sui propri confini e sugli strumenti che entrambi sentono di possedere per superarli. Ognuno di noi vive in un ambiente dove ha "strumenti per fare" e "confini entro cui fare".
I confini possono essere percepiti come più o meno soffocanti e non sempre si riesce a sfruttare le risorse perché non si è in grado di farlo, perché non si è consapevoli di poterne usufruire, perché qualcosa o qualcuno ci ostacola impedendo la nostra realizzazione personale o ancora perchè si è troppo arrabbiati per volerlo fare.
Ivan nel suo scritto parla di un quadrato definito da un desiderio che intende coltivare.
Nello scritto di Umberto invece è presente la riflessione su un desiderio, quello di correre in moto, che ha preso una direzione diversa da quella originaria.
Succede facilmente che i sogni di bambino cambino forma e significati nel corso dell'esperienza; tuttavia, le modalità attraverso cui "il primo sogno" si trasforma, possono portarlo ad evolvere in qualcosa di diverso, ma che mantiene un contatto con le origini e gratifica, oppure all'altro estremo i cambiamenti che intervengono sono così catastrofici da renderlo del tutto irriconoscibile.
E' possibile intrecciare i vecchi sogni con quelli nuovi a patto di saper mettere in atto le giuste risorse e che si persegua un obiettivo realizzabile, compatibile con la realtà. Per uscire dal quadrato è necessario avere sogni di cui prendersi cura.
La chiarezza del desiderio fa parte del quadrato, la sua assenza rende il quadrato una prigione. Se non sai cosa vuoi hai la sensazione di non avere direzione e probabilmente una delle trappole dell'eroina è proprio questa: la sensazione di non avere direzione oppure quella di seguire direzioni che cambiano così rapidamente che i desideri personali non sembrano più credibili, con il risultato di procurare a se stessi ulteriore malessere e smarrimento.
Walter sottolinea che, a suo avviso, è importante coltivare i desideri e provare a soddisfarli, perché questo può garantire maggiore sicurezza ed equilibrio nelle situazioni più difficili e, d'altra parte, il senso di smarrimento nelle situazioni spiacevoli è più sopportabile se si ha una meta verso cui tendere.
Ivan precisa di concepire il quadrato anche come "un momento in cui uno si ferma, riflette e fa chiarezza" e inoltre afferma che esistono tanti quadrati quante sono le situazioni che la persona vive. Quindi il quadrato non è esclusivamente un recinto che chiude e opprime, ma può essere eventualmente anche una piattaforma da cui partire.
Questo ragionamento ci ha portati ad estendere l'idea di perimetro a diversi momenti e diversi contesti, quindi ad accostarlo al concetto generale di ambiente.
E ancora una volta il ruolo delle risorse appare determinante, perché tutte le situazioni possono assumere significati diversi a seconda degli strumenti di cui si dispone. Se sono capace di nuotare, l'acqua è motivo di divertimento, di sport, di incontro con la natura; se invece non ho gli strumenti che mi consentirebbero di sfruttare la situazione per trarne piacere, allora il mare diventa rischioso e inutile alla mia soddisfazione.
Ogni ambiente può essere un campo di gioco oppure una prigione dove non si sa che cosa fare, a seconda della capacità di sfruttare gli strumenti adatti. Conviene avere degli strumenti da poter usare in ogni campo da gioco.