Il mio cocktail

Umberto Picone

12-09-2003  

Questo scritto l’ho voluto intitolare il cocktail perchè a volte mi capitano momenti dove vorrei dire di tutto, in altri invece sono chiuso e silenzioso. Mi avete preso nel momento buono... buona bevuta.

Se sogno ad occhi aperti, la vita che mi piacerebbe fare sarebbe una vita spensierata e felice, con tutti i confort possibili e immaginabili, una vita da ricchi. Sono sicuro che sarei all’altezza di fare una vita così, ma è solo un sogno e, per quanti sforzi io possa fare, rimarrà sempre un sogno irrealizzabile, visto che non sono figlio di papà e che non ho intenzione di commettere altri reati per cercare di realizzarlo, quindi lo chiudo in un cassetto. Come si dice, nella vita c’è chi nasce conte e c’è chi nasce cane!

Se invece smetto di sognare ad occhi aperti, valuto la mia situazione e le poche opportunità che questa società mi offre, la vita ideale che potrei fare sarebbe quella che fa un semplice idraulico, non perchè mi piacerebbe farlo, ma perchè è una delle cose che so fare bene, e avendo già l’attestato mi sa che è il mestiere che tornerò a fare una volta fuori.

Parlando ad una persona dei miei sogni, mi sono reso conto che li ho quasi sempre realizzati per metà, sia quelli da bambino che da adolescente. Il sogno che avevo da bambino era correre in pista con la moto come fa adesso Valentino Rossi, invece quello da adolescente era innamorarmi di una ragazza molto bella, avere un figlio che assomigliasse a tutti e due e vivere come succede alla fine della maggior parte delle favole, “felici e contenti”.

Questi due sogni del passato sono riuscito a realizzarli, ma non totalmente... la moto sono riuscito ad averla senza tanti sforzi, solo che invece di correre come sognavo mi sono ritrovato a correre come un pazzo per le strade, mettendo a repentaglio la mia vita e quella degli altri, solo per provare un po’ d’adrenalina.

L’altro mio sogno ha fatto la stessa fine di questo, la casa lavorando un po’ onestamente e un po’ no, sono riuscito a prenderla, ci sono andato ad abitare con la donna che pensavo di amare, e poco dopo nacque la mia cucciola. Per qualche anno tutto andava bene, mi sembrava di vivere in un sogno, ma anche questo sogno finì lasciandomi ricordi che fanno male.

Circa un mese fa avevo preso la decisione di abbandonare il gruppo, le motivazioni che mi davo erano stupide, non mi andava di fare da cavia, pensavo che la mia presenza qui fosse inutile, e non mi sentivo a mio agio.

La verità è che provavo sensazioni strane, sensazioni che quella parte di me non riusciva ad accettare solo perchè erano a lei sconosciute, non sto parlando di doppia personalità ma della mia parte sbiellata, la stessa che mi ha fatto bere a canna dalla bottiglia, davanti a tutti senza provar vergogna pur avendo il bicchiere vuoto davanti.
Guardando le cose dal punto di vista che suggeriva Aparo, mi rendo conto che il mio quadrato non è poi così piccolo, e che le quattro pareti immaginarie che lo formano sono muri molto alti.

All’interno del mio quadrato, con me ci sono: la droga, la madre di mia figlia e il carcere.
So che sono problemi grandi da risolvere ma io non mi demoralizzo. Io ho sempre avuto il vizio di sdrammatizzare i problemi perchè penso che sia meglio così, o meglio, perchè mi ha sempre fatto comodo fare così.

Non so se questo mio modo di fare è dovuto al fatto che ho quasi sempre vissuto all’estremo. Quando si tocca il fondo di solito la paura ti spinge a tornare a galla, ma quando si vive sul fondo non ti spaventa più niente, nemmeno la morte, e arrivi a pensare che quando arriverà il tuo momento se andrai in paradiso non sarà perchè ti sei comportato bene ma perchè all’inferno ci sei già stato.

Io non ho vissuto sempre così, ma ultimamente sì, e ho notato che questo mio modo di fare mi fa sembrare agli occhi della maggior parte delle persone che mi circondano forte, sicuro, spensierato e senza problemi, ma nessuno può immaginare come io mi sento dentro realmente, come sto quelle volte che mi trovo a fare i conti con la mia coscienza o quando mi sveglio la notte dopo aver fatto un brutto sogno e ho paura a riaddormentarmi.

I problemi che si trovano all’interno del mio quadrato non so come fare per risolverli, però posso dirvi come li vedo in questo momento. Per quanto riguarda il problema legato alle sostanze, mi piacerebbe molto poter dire di averlo risolto, potrei farlo, ma mentirei a voi e a me stesso. Quello familiare, per adesso, posso solo rimandarlo e a quello della restrizione della libertà non voglio dare molto peso. A molte persone 10 mesi potrebbero sembrare tanti, ma in fondo non è così, io penso che dipende da come decidi di passarli.

Io non so se dovrò farmeli tutti, ma se sarà così cercherò di sfruttarli a mio favore, continuando a prendermi le responsabilità che ho in questo reparto, frequentando questo gruppo che mi fa star meglio mentalmente, andando in palestra a sfogare la mia rabbia e contemporaneamente facendomi la galera.