Dal quadrato all'agorà

Cosimo Colbertaldo e Livia Nascimben

31-10-2003  

Al gruppo della trasgressione per un anno abbiamo affrontato il tema della sfida; ci siamo giovati del contributo di professionisti di diverse aree disciplinari per riflettere sulle diverse motivazioni che inducono a lanciare una sfida e sul rapporto, ogni volta diverso ma sempre presente, fra spinte emancipative e regressive che la alimentano.

La sfida come strumento di crescita permette di raggiungere più alti livelli di espressione e rapporti più maturi con se stessi e con gli altri; d’altra parte può essere interpretata in senso distruttivo ed essere utilizzata come fuga dal confronto. Ciascuno, in funzione di come percepisce il proprio “campo da gioco”, la vive ora in un modo, ora in un altro.

L’altro giorno Livia ha letto una frase di W. Shakespeare che ha voluto spedire via e-mail al gruppo, spinta dal desiderio di “gareggiare” con Cosimo che spesso si serve di citazioni colte per arricchire il suo pensiero.

Livia

Cerco di fare concorrenza a Cosimo!

Vi è un vizio, da me più di tutti gli altri aborrito,
e che spero incontri il corso della giustizia,
e per il quale non avrei pietà, ma devo averne;
per il quale non devo avere pietà, ma occorre
ed è la guerra tra volere e non volere
."

(William Shakespeare 1564-1616)

 

Cosimo

Non c'è concorrenza che mi sia più gradita....
quindi rilancio, dal campo di gioco che sto calpestando in questo periodo.

In un quadro, dovresti essere in grado di scoprire nuove cose ogni volta che lo guardi. Ma puoi guardare un quadro per una settimana intera e poi non ripensarci mai più. […] Per me, un quadro deve fare scintille. Deve abbagliare come la bellezza di una donna o di una poesia. Deve emettere raggi come le selci che i pastori dei Pirenei usano per accendere le loro pipe.


Joan Mirò, Blu II


Anche più importante della pittura in se stessa è quello che essa emana, quello che proietta. […] Un quadro deve essere fertile. Deve fare nascere un mondo. Non importa che ritragga fiori o uomini o cavalli, purché riveli un mondo, qualcosa di vivo.


(J. Miró, in “XXe siècle”, 15 febbraio 1959)

Prades: J. Mirò, il villaggio, 1917, olio su tela; 65 x 72
New York, Solomon R.Guggenheim Museum, Art on line


Ne è nata una competizione su chi fosse più abile a centrare l’obiettivo comune di individuare un percorso e degli intrecci utili fra i temi di cui ci occupiamo.

Cosimo

L’idea del quadro fertile, che genera un mondo, mi ha fatto pensare al discorso sulla creatività, sul lavoro comune che nutre e arricchisce quando è prodotto collettivamente. Mi ha fatto pensare all’idea che l’uomo ha la libertà di continuare a crescere per tutta la vita, anche dopo la soglia oltre la quale si diventa “adulti”.

Inoltre ho pensato a quanto è stato detto dal dott. Aparo sulla funzione ostetrica del gruppo, cioè a quando il gruppo aiuta una persona, attraverso l’ascolto, la sollecitazione e la sua valorizzazione (Winnicott, Illusione e disillusione), a nascere come nuova individualità, dando concretezza e spazio a quegli aspetti della personalità che prima erano potenziali e nascosti.
Nel gruppo accade spesso che gli interventi o gli scritti di una persona motivino altri a conoscere e a impegnarsi. Oggi sono contento di portare un libro a Umberto, che mi ha espresso il desiderio di leggere. Con i suoi scritti, Umberto mi ha dato spesso modo di capire meglio le mie difficoltà e i miei lati problematici; ho tratto fiducia dalle sue parole e dalla sua tangibile evoluzione.

L’artista sa che il suo lavoro non è mai completo e ogni visione del singolo spettatore contribuirà alla valorizzazione della sua opera, nel momento in cui da essa prendono vita emozioni e nascono nuovi significati.

Ho utilizzato il termine “campo da gioco” come emerso nelle nostre chiacchierate sul quadrato e penso che bene si adatti alla cultura in generale. Questa può essere molto noiosa e pesante se vissuta in chiave solipsistica o utilitaristica (cioè come rifugio dal mondo dell’agire e isolamento dagli altri esseri umani) o solo in vista di traguardi scolastici, mentre diventa divertente se viene condivisa in modo attivo, giocoso e sperimentale, senza lasciarsene intimidire, bensì, come ho scritto scherzosamente, “calpestandola”.

 

Livia

La frase di Shakespeare ci pone di fronte alla problematica delle scelte e del conflitto tra volere e non volere, desiderare e temere, rischiare e tirarsi indietro.

Questo discorso si riallaccia a quello sulle microscelte che giorno dopo giorno, apparentemente ognuna senza conseguenze, contribuiscono a trasformare il proprio “quadrato” in un campo da gioco dove “Volere” e “Non volere” si contendono il primato. La partita può essere condotta dal “Volere” con tutte le esplorazioni che ne derivano; o dal “Non Volere” che, nei casi estremi, può chiudere in un recinto dove nulla viene tentato.

La frase di Shakespeare mi ricorda anche che quando la lotta fra “Volere” e “Non volere” diventa un vizio ricorrente e compulsivo il nostro quadrato si trasforma nella prigione dell’immobilità.

Ogni sfida genera un conflitto perché impone a te e al mondo circostante di passare da una condizione in cui si era raggiunto un equilibrio ad un’altra, magari più desiderata, ma incerta.

L’artista dà rappresentazione di sé e delle proprie parti problematiche attraverso il suo dipinto, mette in scena i propri conflitti nel tentativo di riunificare le parti separate. E consente all’osservatore di distinguere e riconoscere le proprie parti in un’unica figura che le contiene.

Anche il comportamento deviante e il sintomo sono rappresentazioni di un conflitto: la persona non è stata capace di trovare nella realtà degli strumenti utili a darne una rappresentazione meno confusa e problematica e la sua comunicazione richiede di essere accolta, compresa e nuovamente indirizzata.

Oggi, questo scambio con Cosimo, mi ha fatto provare la soddisfazione di orientare le mie energie in modo costruttivo senza lasciarmi imbrigliare nel conflitto fra volere e non volere. All’interno del gruppo, attraverso il lavoro che mira ad una meta comune, ognuno ha la possibilità di confrontarsi con gli altri sfidando i propri limiti e lasciando spazio alle proprie risorse tanto che è impossibile distinguere chi, fra detenuti e studenti, aiuta chi a crescere.