La mia isola di ricerca |
Silvia Casanova | 16-01-2004 |
Un’isola, il mare trasparente attorno.
Sono solo. Il sole è forte, scotta, mi tocco gli occhi accecati. Pulsano, sono i miei occhi. Sono io.
Ma chi sono io? Nessun riferimento, non uno specchio. Mi alzo e cammino per sentire i miei muscoli, cerco delle sensazioni, voglio una sola risposta. Un piede dopo l’altro, ho già fatto molta strada. Ho dei pezzi di realtà davanti, la mia realtà. Ma com’è difficile sistemarli, dargli una forma, trovare una risposta.
Sto camminando ancora da solo. Ma se fossi con qualcuno che vuole andare nella direzione opposta cosa sceglierei di fare? Domande. Potessi spegnere il cervello, riposare con le caviglie nell’acqua tiepida. Ormai ho fatto della strada per approdare fin qui, vale la pena continuare, forse solo per la fatica che ho fatto.
Sposto gli occhi e tra le fronde scorgo un serpente immobile, mi guarda. La mia isola ospita qualcun altro oltre che me… divampa un fuoco nel mio petto, sento tutta la forza concentrarsi nelle dita e nelle gambe. Ho paura di lui, gli resto lontano ma sento che vorrei toccare le squame lucenti. Tu sei parte di me, sei il fuoco e la paura, sei l’eccitazione più pungente, la scarica di elettricità più intensa, sei l’adrenalina. Ora ti ho visto, un confronto silenzioso e sincero, posso lasciarti tra il verde. Ci conosciamo ormai, ho imparato che i tuoi occhi richiamano tutta la forza che ho nei muscoli, espiro sereno e riprendo il cammino.
Pochi passi, mi sento gelare il sangue, è apparso un leone. Sudo freddo, sta puntando proprio me, cado in ginocchio, mi sento piccolo come quando mio padre mi sgridava. Avanza maestoso lentamente, il luccichio dei suoi occhi mi inchioda al terreno. Ma noto che è malnutrito, stanco. A pochi passi da me si ferma. Sei stanco re della foresta? Stanco di essere la sola giustizia? Di essere temuto per la tua natura? Anch’io sono stanco di essere temuto, di temermi. Un passo tu, un passo io. Non molli lo sguardo, nemmeno io. Lasciami andare, ma non prima di aver accarezzato la tua criniera.
Mi hai conosciuto. Passo accanto a te piano piano, due dita nella criniera. Tu ruggisci al sole. Ci siamo salutati, re della foresta, sei il giusto sovrano di quest’isola, di questa natura.
Mi hai lasciato libero premiando il mio silenzio e il rispetto che ho avuto per te e in pochi istanti mi hai insegnato il coraggio e la giustizia.
Continuo a camminare, il viaggio sembra lungo.
Le fronde si aprono lasciandomi a bocca spalancata, una pianura verdissima, circondata da alberi, forse sono in una radura. Guardo il cielo turchese racchiuso nel cerchio degli alberi, un filo di vento, spalanco le braccia. Un uccello in lontananza plana verso di me facendosi sempre più grande. Sbatte le ali per atterrare, sceglie il mio braccio come appoggio, elegante e fiero, è un maschio di aquila reale. Guarda in avanti appoggiato alla mia spalla, come se mi conoscesse da sempre. Cammino lentamente attraversando il cerchio verde accompagnato dal vento, dal sole.
Da dove vieni tu? Perché ti fidi di me da starmi tanto vicino?
Tu sei la libertà, sei il cielo, sei questa brezza venuta con te… cosa cerchi da me?
Il grido della sua femmina, lo sta chiamando. Forse è sceso per cercare cibo da dare ai suoi piccoli e ha trovato me. Non posso volare via con te, signore del vento, signore della libertà, verrei a vedere i tuoi piccoli, a conoscere chi li sta difendendo con amore. Torna dalla tua responsabile compagna, portale questo pezzo di pane che ho in tasca. Vola, libero, segui la vita, il grido.
Attraverso completamente il cerchio verde, disegnando con le mie impronte il suo diametro, oltrepasso il confine degli alberi; in fondo, una collina, una casetta e un grande albero… sembra una quercia secolare. Cercherò rifugio proprio lì, dev’essere il destino che mi ci ha portato. Ho ancora tanta strada da fare, ma so che, se avrò bisogno di sostegno, qualcuno lo sentirà e verrà a farmi coraggio, facendomi scoprire qualche mia risorsa nascosta. Non era questo il primo obiettivo?