Arricchimenti sul tema del male |
Redazione | Verbale dalla riunione del | 21-04-2007 |
Aparo, dopo una breve digressione sull’importanza della preparazione dei membri del gruppo riguardo al convegno, riassume i punti su cui ci si confronterà alla tavola rotonda sul male. Le persone che non erano presenti ai precedenti incontri descrivono le proprie immagini sul male, la propria visione soggettiva di cos’è il male. Giampietro: La strage al college americano, apparentemente senza spiegazione, avvenuta in una scuola, dove lo scopo dovrebbe essere quello di un arricchimento reciproco, in un ambiente sociale tutt’altro che disagiato. Vito: Per me, il male è meglio rappresentato dal ragazzino che si è suicidato perché deriso dai compagni. Il suicidio è un’espressione forte del male. Irene: Qualsiasi violenza sui bambini. La violenza su persone inermi, incapaci di difesa e che non possono essere considerate responsabili di nulla. Gianni: Caino e Abele. Un fratello che infierisce su un fratello; un amico su un amico; l’invidia, il risentimento che sfocia in azioni limite, l’accanimento di un uomo su un altro uomo inginocchiato, un padre che fa del male a suo figlio, un figlio a suo padre. Rocco: Se penso al male, mi viene in mente il nemico che abbiamo dentro, che si impossessa della nostra anima, ci manipola e ci fa fare del male. Mario: Ero in macchina con un mio compagno, eravamo pronti per fare una rapina. Al semaforo una vecchietta chiedeva alle macchine in coda di essere portata in farmacia. Noi l’abbiamo portata, gli altri prima di noi si sono rifiutati. Il male a volte è non fare il bene. Gianni: Per mio padre compiere delle atrocità durante una uscita a caccia era una cosa normale e così è diventato per me: dall’abitudine a piccole atrocità fatte su animali da una persona che ami e rispetti, si crea un meccanismo per cui non rispettare gli altri diventa la regola. E non riconosci più il peso del male. Aparo: Spesso, quando si pensa al male non ci turba tanto la sofferenza che il male provoca in chi lo subisce quanto la motivazione di chi lo pratica. Le immagini di Gianni e Rocco permettono un arricchimento delle costanti rintracciate nelle immagini delle giornate precedenti (vedi il circuito del male: abuso di potere che mortifica e rende impotenti – reazione all’impotenza con un abuso su un altro anello della catena). Gianni riapre il discorso, sottolineando che in una relazione d’abuso si realizza sempre il disconoscimento del legame e della continuità tra elementi simili (il disconoscimento dell’origine comune fra vittima e carnefice). Aparo: Il male che più ci disorienta è appunto quello che avviene quando chi dovrebbe proteggere qualcuno, invece, lo espelle da sé, attaccando non solo l’altro ma anche il proprio legame con la vittima. L’immagine di Gianni (il padre che infierisce sul figlio) è complementare alle immagini di Rocco, Livia e Silvia nelle quali il male si produce attraverso l’alleanza fra l’esterno e l’interno dell’individuo. L’immagine di Rocco del nemico interno, quella di Livia della sveglia rotta e quella di Silvia del tossicodipendente che si prepara la dose sono accomunate dall’attacco a se stessi e dall’alleanza fra un male esterno e un male interno. Suggeriscono un collegamento con un capitolo importante, quello della seduzione. Nella religione giudaica il male corrisponde al diavolo tentatore che inquina la coscienza della persona pilotandola in direzione contraria alla crescita. Il nemico è un personaggio che avanza mano a mano che si appropria di territori della nostra coscienza. Il male si serve, dunque, sia della persona che lo esercita sia della persona che lo subisce. Viene instaurata un’alleanza tra chi attacca e chi viene attaccato, tra chi invade e chi viene invaso, tra chi abusa e chi viene abusato. A ben guardare, niente di strano, vista la necessaria collusione fra chi corrompe e chi viene corrotto. Nell’immagine che Sofia ha individuato al femminile (il petrolio che galleggia sul mare e la sporca) l’inquinamento mentre ti pervade, ti corrompe. L’immagine di Giampietro (la strage) parla dello scollegamento ingovernabile e imponderabile dal senso delle cose. Giampietro: Ho ascoltato alcuni dibattiti a proposito della strage in America, c’era un esperto che diceva che uccidere può costituire un piacere. Aparo: Anche fare nascere costituisce un piacere! Se un individuo lo dimentica, allora diventa un piacere uccidere. Torna utile, a questo proposito, l'episodio che riportava prima Mario. E’ un falso dire che uccidere può essere un piacere se l’affermazione non viene corredata dal suo complemento. Il potere può essere utilizzato in senso generativo e in senso mortificante. In entrambi i casi si vive un po’ l’illusione di partecipare della natura divina. L’uomo si sente un po’ Dio sia quando contribuisce in maniera determinante a dare spazio alla vita sia quando determina per sua volontà la morte. La seduzione della illusione d’onnipotenza è sempre a portata di mano, ma attraverso il percorso del giro lungo, si impara ad amministrarla e nel frattempo si godono i frutti del viaggio fra limiti e risorse, frustrazioni e risultati gratificanti. Gianni: il male quanto è insito nell’uomo? Io penso all’atteggiamento di mio padre; la caccia, la violenza. Questo era normale per lui, era una consuetudine compiere delle atrocità contro animali o uomini. Piano piano anche per me è diventato normale. Penso che quando si è piccoli si amino delle persone, ci si fidi e si ripongano in loro delle speranze. Queste persone considerano magari normali certe cose; tu ti ci abitui e poi non riesci a uscire da questa abitudine radicata fin dai primi istanti della tua vita. Io non mi rendevo e forse non mi rendo ancora conto di che male faccio quando punto la pistola verso qualcuno; la mia abitudine all’atrocità mi impedisce di rendermene conto. Il grado dell’abuso verso un altro è la cosa più difficile da vedere, se chi sta abusando sei tu. Mirco: il male più pericoloso è quello che si fa inconsapevolmente. Maurizio: il tassello fondamentale per me è il genitore. Quando si ha la responsabilità di crescere un figlio la faccenda diventa critica perché se le spinte personali non sono state lavorate prima accecano il genitore che perde di vista l’importanza di essere responsabile e credibile di fronte a suo figlio. Livia: mi sono venute in mente due scritti: “L’ombra comune sul bancone” e “Il sipario”. Il primo parla di rapinatori e rapinati e il secondo del fatto che esistono momenti in cui una persona fa delle cose contro natura, usa uno strumento inadatto allo scopo. |