Il teatro delle bambole |
Livia Nascimben | Livia e-mail - info@trasgressione.net | 07-05-2008 |
Durante il ponte del primo maggio sono andata in montagna e naturalmente con me avevo la mia macchina fotografica! Mentre selezionavo le foto da mandarvi mi sono accorta che, da sempre, le mie fotografie possono essere divise in due gruppi: le foto scattate per ricordarmi dei luoghi che ho visitato e che mi sono piaciuti; e altre foto che non so ancora ben definire, per le quali succede che c’è qualcosa che mi attira come una calamita e che mi spinge a fotografare proprio quel qualcosa lì.
E' come se vedessi la foto ancora prima di farla e quando la vedo riprodotta sul display è come se qualcosa dentro di me prendesse vita. Ed è questo secondo gruppo di fotografie che mi piace condividere.
A queste fotografie do quasi sempre un titolo; quando le spedisco a piccoli gruppetti di amici, raccontano sempre una storia. Le foto sono diverse ma il copione della storia è lo stesso: è presente un desiderio irraggiungibile, schiacciato, nascosto e poi avviene il passaggio e il desiderio viene riconosciuto e prende spazio. La storia parla sempre del tentativo di liberarsi da uno stato di oppressione per giungere all'espressione di sé.
E' lo stesso gioco che facevo da bambina con le bambole: una veniva picchiata, punita e tenuta in disparte e un'altra era amata perché bella e buona, ma alla fine del gioco la bambina maltrattata riusciva a farsi amare per le sue qualità riscoperte ed era quella che più veniva considerata. E' lo stesso gioco che è presente nelle mie fantasie più intime: subisco o ricerco un'aggressività e il desiderio di riscatto lo trasformo a volte in vendetta e a volte in rinascita.E' forse la stessa dinamica che cercavo di riprodurre quando mi abbuffavo e vomitavo: superare l'impotenza e sentirmi protagonista della mia vita, mangiare per non sentirmi mangiata e svuotarmi per non restare inghiottita.Sento che attraverso le fotografie io cerco qualcosa, qualcosa che ho sempre cercato, qualcosa a cui non ho ancora dato un nome, qualcosa che mi chiama e che continuerò a cercare fino a quando non sarò sicura di avere recuperato. Ma ecco le foto di questi giorni...
Mi pare di avere passato parte della mia vita a salire e scendere gradini, incessantemente; sono ancora attratta dalle scale, con l'unica e non trascurabile differenza che oggi non salgo e scendo solo tre gradini fino allo sfinimento, ma salgo e scendo gradini di diversi piani e incontro persone e visito appartamenti e guardo paesaggi fuori dalle finestre... e intanto mi diverto a fotografare!