Il lombrico

 

Marta Sala

18-04-2005  

Sono anni che striscio nel fango che produco. Non ho mai parlato con nessuno e nessuno ha mai parlato con me. Chi si avvicinava non mi vedeva e rischiava di schiacciarmi.

La solita vita, chiuso in questa cella. Per anni ho convissuto con la mia trasparenza fino a diventare invisibile anche a me stesso. Col tempo ho accantonato la sofferenza per questa condizione, ho abbassato la testa e ho mangiato e vomitato solo il mio fango. Se ero solo nessuno poteva schiacciarmi.

Non ti avevo mai visto nella mia cella, eppure sei grande. Non mi ero mai accorto che strisciavi con me, che mangiavi il mio cibo, che vivevi nel mio buio. Oggi però hai teso la mano per toccarmi. Non era un piede stavolta.

Mi ha fatto male sentire la tua voce, ho tremato per lo spavento. Temevo che volessi usarmi come esca per i pesci o divertirti coi miei anelli smidollati.

E invece m’hai fatto una domanda. Non sono più invisibile e per questo mi sento vulnerabile.

Guarda, sta entrando il sole. Ma da dove? Non ci sono finestre.

Anche i miei fantasmi stanno scomparendo. Ad ogni mia parola se ne dissolve uno. Mi abbandonano. Erano la mia unica compagnia.

Per piacere, adesso che sai che esisto, non mi schiacciare.