Noi coltivatori |
Cosimo Colbertaldo | 01-03-2004 |
La felicità è grande alla notizia del provvedimento di detenzione domiciliare per Ivano Longo. Io non sto nella pelle e fatico ad immaginare cosa stia provando Ivano.
Di una cosa sono sicuro: Ivano ha saputo trovare nel gruppo l’alleato con cui specchiarsi e dialogare, la compagna feconda che ti accompagna verso la libertà.
Sicuramente il viaggio è ancora lungo, il cammino è appena iniziato.
Le paure nascono e si moltiplicano, le insicurezze divengono palpabili e assumono un colore più intenso, più forte per gli occhi abituati ormai a guardare attraverso le sbarre.
Può succedere che, ottenuta la libertà, Ivano si trovi a chiedersi cosa farsene, come utilizzarla e possa domandarsi quale sia il modo migliore di vivere. In questo caso sarebbero chiare le cose da non fare, da evitare, le possibili cadute. Più difficile invece capire verso dove indirizzare il proprio interesse, la propria vitalità, la propria passione, oltre al gruppo.
L’altra mattina ero con lui a casa di Aparo e mentre aspettavamo che lui finisse di lavorare, per poi accompagnarlo a casa, Ivano si è messo davanti allo schermo del computer e ha iniziato a scrivere.
E’ stato fantastico vederlo comporre le frasi, cercare le parole per narrare la storia e trovarle in modo così naturale; è stato bellissimo vedere e ammirare la semplicità di ciò che scriveva, una semplicità ottenuta grazie ad un lungo e faticoso lavoro su se stesso, le proprie emozioni e i propri sentimenti.
Tornava con attenzione e cura a rivedere i passaggi appena composti, cancellava una parola qui e ne aggiungeva un’altra poco sotto; riprendeva un concetto e lo arricchiva o trovava un aggettivo più adatto a ciò che voleva esprimere.
In passato sia io che Ivano siamo fuggiti da un'identità adulta che oggi intravedo. Oggi io sto con lui e non riesco a capire come sia stato possibile scappare così a lungo; penso che la sua e la mia fuga siano iniziate perché non sapevamo quanto potessero essere belli e gustosi i frutti dell'amicizia e dell'impegno. Se mi penso al suo fianco, sento che lui è vitale e che io ho ancora molto da imparare per smettere di fuggire e trovare il modo di prendermi cura di me stesso e della mia realtà.
Oggi sia io che lui cominciamo a imparare che l’unica cosa da cui possiamo accettare di dipendere è la relazione con gli altri. Comincio a capire che ho bisogno di sentirmi riconosciuto per le mie qualità e per le cose che riesco a fare. Come membro del gruppo, sento di avere ricevuto la sua fiducia e la sua amicizia e sento una reciproca responsabilità. E mi piace sentire il dovere morale e umano di conservarle e coltivarle nel miglior modo possibile.