Angelo Aparo | 21-05-2007 |
Rendo pubblica la mail di Massimo Battarin perché le sue parole evidenziano che nella vita occorrono persone alle quali si possa pensare come compagni dei propri risultati.
Chi ha commesso reati, di solito, ha avuto in passato compagni ai quali questo tipo di risultati non interessa. Per chi conclude la pena occorrono dei compagni di progetto con cui approdare e muovere i primi passi nel nuovo mondo (peraltro così difficile e così pieno di seduzioni); diversamente, il progetto nato in carcere corre forti rischi di naufragio.
So bene che l’istituzione carcere non ha il compito di vigilare su quello che fanno gli ex detenuti, ma mi chiedo quale sia il senso dell’enorme spesa che il mondo penitenziario comporta per la collettività se gli obiettivi dichiarati di tale spesa (la sicurezza sociale, la rieducazione e il reinserimento dei condannati) non vengono coltivati anche dopo la pena. In fondo, gli obiettivi di cui parliamo non sono obiettivi né dell’apparato giudiziario né di quello penitenziario, ma dello Stato; non è dunque ragionevole che lo Stato li trascuri appena la persona esce dal carcere!
Si può osservare che qualsiasi cittadino ha e deve avere la possibilità di scegliere se praticare il reato o la strada della legalità e che, una volta scontata la pena, l’ex detenuto è giusto che abbia la stessa libertà di scelta di qualsiasi altro cittadino. Ma chi conosce il carcere e la vita di chi finisce in carcere sa perfettamente che non si tratta dello stesso grado di libertà di scelta.
Complimenti a Massimo Battarin, che si è preso cura del suo progetto e degli obiettivi dello Stato (secondo quanto recita l’art. 27 della Costituzione) con la tenacia con cui si affrontano le salite; complimenti a chi ha contribuito a motivarlo verso i suoi obiettivi.