| Un colloquio familiare in carcere |
Enzo Martino | 09-09-2003 |
Dopo la telefonata con mia moglie, dove mi comunicava che il giorno dopo avrebbe portato i nostri figli al colloquio, ero in fibrillazione. La sera prima del colloquio non riesco ad essere sereno, non mi viene sonno, penso all’indomani, quando vedrò le due gioie della mia vita. I sentimenti che mi attraversano sono molteplici: gioia sicuramente, ma anche preoccupazione per le domande alle quali dovrò rispondere, ed essere il più sincero possibile. Ma tante volte è difficile comprendere cosa li tuteli di più, cosa li traumatizzi di meno, come raccontare loro la realtà di oggi, quella di ieri, come prospettare quella di domani.
Dopo una notte, quasi insonne, si fa mattino e dopo la routine della colazione e della pulizia personale, vado al lavoro. Il tempo sembra essersi fermato. Aspettare delle persone alle quali tieni particolarmente, già nella vita da cittadino libero, mette ansia; in carcere molto di più. Penso che, per arrivare in carcere in orario, mia moglie deve trasformarsi in un pilota di formula uno: abitiamo (ahimè, è meglio dire abitano, ormai sono otto anni che sono detenuto) in provincia di Milano e l’apertura dello sportello per le prenotazioni del colloquio coincide con l’uscita da scuola di mio figlio maggiore, vale a dire Antony.
Non riesco ad essere razionale, sono in uno stato quasi confusionale, basta un niente per farmi saltare i nervi. Penso alla lunga fila che devono sopportare per entrare all’ufficio colloqui, concludo che sono un disgraziato! Forse era meglio che mi mandassero a quel paese! Mentre questi irrazionali pensieri mi passano per la mente, ricordo di essere stato prima figlio anch’io, e per quanto mio padre non sia mai stato detenuto (per fortuna!), se avesse avuto bisogno di me, non lo avrei abbandonato per nessuna ragione al mondo.
La certezza è che quando avrò abbracciato i miei bambini mi sentirò come un re; loro, insieme a mia moglie, mi danno tanta forza per andare avanti. Mi danno una vitalità assoluta. Con il tempo il rapporto si è consolidato. All’inizio ci sono stati momenti dove mio figlio Antony era molto arrabbiato con me, si è sentito abbandonato e tradito dal mio comportamento. Poi dopo tanti “No” alle mie richieste di venirmi a trovare, ha ceduto. Gli ho parlato di tutto, innanzi tutto di me, di com’ero ieri, di come desidero essere oggi. Lui ha creduto in me, in quel che ho iniziato a fare. Cercherò di non deludere le sue attese e nemmeno quelle del resto della famiglia. I miei figli pensano ad un futuro insieme e vedono in me un modello di padre in evoluzione in cui potersi riconoscere.
Provo adesso a raccontare il nostro colloquio di quel giorno con mia moglie Giovanna (Giovi) e i miei figli Antony e Giuseppe, che hanno 14 e 9 anni. Premetto che con i miei figli non posso svolgere dei colloqui settimanali, perché impegnati con la scuola. Ovviamente d’accordo con mia moglie, non intendiamo far perdere loro dei giorni di scuola, pertanto, li vedo una volta al mese, per un’ora soltanto.
Appena varcata la soglia della saletta dei colloqui, incrocio gli occhi di mia moglie e di Antony. Vedo Giuseppe che cerca di nascondersi sotto il tavolino in una sorta di gioco a nascondino. Faccio finta di non vederlo e chiedo: Ciao Giovi, ciao Antony e Giuseppe? E’ rimasto a casa? Giuseppe intanto è sbucato da sotto il tavolo di plastica, di quelli usati per i campeggi o per le verande delle abitazioni. Mi saltano addosso abbracciandomi e baciandomi, io non mi tiro indietro, anche volendo, non ce la farei, non lo desidero neanche, non so sottrarmi ai baci dei miei due gioielli. Sono dei gioielli, i nostri, miei e di mia moglie.
Poi incominciano le domande.
Giovi | Come va? |
Enzo | Come la settimana scorsa. |
Antony | Papà cosa hai fatto? Sei dimagrito? |
Enzo | Mi sfotti? |
Giuseppe | Papi posso venirti in braccio? Hai portato le brioche? |
Enzo | Certo, ma non combinare disordine! |
Giovi | Enzo, ti avevo detto di non portare più dolci, lo sai che poi hanno il mal di pancia! |
Enzo | Amore, come faccio a non portarle? Mica ho altro da portare! |
Antony | Papà, quando pensi che ti possono dare un giorno di permesso per venire a casa? |
Enzo | Amore, ancora è presto per fare dei calcoli, e poi ci siamo detti che di questo è meglio non parlare. |
Giuseppe | Papi, lo sai che a scuola i miei amici mi chiedono dove sei? |
Enzo | E tu cosa rispondi? |
Giuseppe | Che lavori lontano, ma io soffro quando mi chiedono di te. |
Enzo | Lo so amore, ma purtroppo, dire come stanno realmente le cose, non si può. Capisci che i tuoi amici ti farebbero mille domande alle quali tu non potresti rispondere e poi sono ancora troppo piccoli perché capiscano. |
Giuseppe | Mi prometti che quando vieni a casa stai sempre con noi? |
Enzo | Te lo prometto, anzi, tutte le mattine ti accompagnerò a scuola. |
Giuseppe | Che bello! |
Antony | Papi, ti devo dire una cosa, ma prometti di dire di sì. |
Enzo | Antony, lo sai che se posso dirti di sì, lo faccio volentieri. Tu chiedi, e poi insieme alla mamma decidiamo. |
Antony | Sì! La mamma mi ha già detto che devo chiederlo a te! |
Enzo | Antony, è inutile ripeterti che le decisioni le prendiamo insieme alla mamma. |
Antony | Sai che io vado matto per il calcio vero? |
Enzo | Lo so! Certamente vale anche per lo studio! no? |
Antony | Perché ti puoi lamentare? I risultati non si sono visti? |
Giovi | Sì! Ci voleva la ramanzina di papà del mese scorso, per farti venire la voglia di prendere i libri in mano, altrimenti il pallone neanche in tv lo vedevi! |
Antony | Hai ragione mamma! Ho capito che tu a papà gli spifferi tutto! |
Giovi | Certo, non lo sapevi? |
Antony | Comunque, papi, cosa ne pensi? |
Enzo | Del fatto che mamma mi racconta tutto? |
Antony | Papà! Non scherzare sempre! Mi ascolti? |
Enzo | Certo, dimmi quest’importante novità! |
Giuseppe | Papi, io lo so cos’ha in testa Antony. |
Antony | Giuseppe, smettila! |
Giuseppe | Papi, te lo dico nell’orecchio? |
Giovi | Giuseppe, smettila, poi non ti lamentare se Antony ti fa i dispetti. |
Antony | Papi, la nostra squadra di calcio è stata scelta per andare a Barcellona. |
Enzo | A Barcellona? Vicino Messina? |
Antony | Papi! Mi prendi in giro? Lo sai benissimo che sto parlando della Spagna! |
Enzo | Hai ragione, scusa, ma chi ti accompagna? |
Antony | La nonna. |
Giovi | Lo sai, Antony, che la nonna non sta bene di salute e io non posso accompagnarti, perché devo lavorare |
Enzo | Allora, siccome noi siamo una famiglia democratica, deve prendere parte anche Giuseppe a questa decisione, giusto? |
Giuseppe | Antony, papà ha ragione, per me comunque puoi andare. |
Antony | Papà continui a scherzare! Cosa mi rispondi? |
Enzo | Amore, ma chi ti accompagna? Questo è il problema! Figurati se non intendo mandarti. La cosa più importante è che tu creda in quello che fai e che ti diverta. Io non ho nessuna intenzione di romperti le ali, anzi, voglio che voli in alto. |
Giovi | Enzo, ma chi lo porta fino in Spagna! Ma scherziamo? |
Antony | Mamma, allora vedi che sei tu? Non faccio niente di male. |
Enzo | Antony, la mamma ha ragione, vediamo di trovare una soluzione, ok? |
Giuseppe | Calmati Antony! Una soluzione papà la troverà sicuramente! |
Giovi | Enzo, io non so più cosa devo fare per farlo ragionare; da quando c’è questa storia di Barcellona, è intrattabile. |
Enzo | Amore porta pazienza, sistemeremo tutto; ci vuole ancora un mese, no? |
Antony | Papà ha ragione, e poi devo stare quattro giorni soltanto! |
Giovi | Appunto! Devi ancora crescere, prima di poter stare fuori casa da solo, per giunta in Spagna! Enzo, per favore, prova a parlarci tu! |
Enzo | Ok, abbiamo un mese di tempo per vedere come risolvere la questione |
Giovi | Adesso dobbiamo pensare a che scuola iscriverlo. Antony non ha le idee chiare in merito all’indirizzo scolastico che deve intraprendere; gli insegnanti, in ogni modo, gli hanno consigliato il professionale. |
Enzo | Il liceo classico? E tu cosa pensi, Antony? |
Antony | Ancora non ho idee riguardo alla scuola |
Enzo | Andiamo bene! Comunque pensaci bene perché riguarda il tuo futuro. Giovi per favore, non facciamogli fretta, ok ? |
Giovi | Va bene, ma non dimenticare che siamo già in ritardo. |
Antony | Papi, la mia maestra d’italiano ti saluta, mi ha detto che ha letto sul sito quello che scrivi per il gruppo della trasgressione. Anche se non ti conosce personalmente, le sei simpatico. |
Enzo | Ma è giovane questa maestra?! |
Antony | Papi! Scherzi sempre |
Giovi | Ieri siamo andati a farci un giro sul sito della trasgressione e abbiamo letto alcuni scritti. |
Antony | Sì, ho letto quello che ha scritto Livia, è molto brava, la conosci? |
Enzo | Certo. E’ una ragazza che fa parte del gruppo e studia per laurearsi in psicologia |
Antony | Posso entrare anch’ io per frequentare il gruppo? |
Enzo | Mi dispiace amore, ma la legge non lo consente. Però, puoi scrivere qualcosa e inviarla con un e-mail al sito della trasgressione; sicuramente ti risponderà il dottor Aparo |
Antony | Sì, ma il dottore non mi conosce neanche! |
Enzo | Credo che ti sbagli! Ti conosce più di quanto tu immagini, anzi, lui mi chiede spesso di te; gli sei simpatico senza conoscerti di persona. |
Antony | E come fa? |
Enzo | Non ci arrivi? E’ ovvio che io gli parlo di te e del resto della famiglia |
Antony | Ma quando posso venire a conoscere le persone del gruppo? |
Enzo | Forse più avanti faremo un convegno esterno, dove, anche se io non ci sarò, tu potrai partecipare e conoscere tutti gli studenti che fanno parte del gruppo. |
Giovi | Ma di quale argomento si parlerà al convegno? |
Enzo | Parleremo di genitori e figli, tutto è cominciato da una domanda che avevo posto al gruppo tempo fa, mi sembra che già ti avevo accennato, ricordi? |
Giovi | Mi sembra, ma non ricordo la domanda. |
Enzo | La domanda era posta in questi termini: Cosa possiamo fare affinché i nostri figli non finiscano in carcere o, semplicemente, affinché non soffrano troppo per quello che non abbiamo saputo dare loro? |
Giuseppe | Papi, io posso venire al convegno? |
Antony | E i detenuti del gruppo posso conoscerli? |
Giovi | Antony! Giuseppe! È naturale che se li portano al convegno conosceremo tutte le persone del gruppo! |
Enzo | Adesso non pensiamo a queste cose, anche perché è già finita l’ora di colloquio. |
Giovi | Ti chiamano, devi andare. Mi telefoni giovedì? Cosa ti porto nel pacco? |
Antony | Papi, telefona dopo le 13,30, a quell’ora sarò già tornato da scuola. |
Giuseppe | Papi, io purtroppo torno da scuola tardi e non posso sentirti per telefono, mi dispiace! |
Enzo | Lo so amore mio, dispiace tanto anche a me, ma come sai dopo le 16,00 l’ufficio telefoni chiude. Giovi, ti dico per telefono cosa mi serve ok? Vi amo più della mia vita. |
Giuseppe | Papi, ci baciamo tutti e quattro insieme? Siamo una vera famiglia! |
Enzo | Baciamoci in fretta perché è la seconda volta che mi chiamano, ed è meglio non approfittarne! Mi mancate da morire, forza e coraggio vita mia. |
Giovi | Ti amo. |
Enzo | Anch’ io, di più! Ciao, ti amo. |
Tornato in cella i pensieri erano tanti. Mi era rimasto impresso il momento che ci siamo salutati, dopo la gioia di vederli e di appropriarmi della loro dolcezza, i miei figli mi hanno lasciato con tanta tristezza. Non mi basta vederli per poco tempo, e in queste condizioni. Penso soprattutto a come possono sentirsi loro; credo peggio di me.
Cerco di mantenere un atteggiamento sempre ironico quando ho la possibilità di incontrare i miei figli, ma non è sempre facile. Con mia moglie al mio fianco, cerco di superare dei momenti brutti; grazie a lei, oggi ho un buon rapporto con i miei figli. Non è facile per me essere il loro punto d’appoggio, è difficile prendere delle decisioni che possono avere delle conseguenze sul loro futuro. Non essere a contatto con la realtà esterna, in questo caso con la mia famiglia, e prendere delle decisioni, per far anche capire ai miei figli che sono presente nella loro vita: tante volte c’è da perdere il sonno! Essere disponibili e assumersi delle responsabilità verso i figli, che sono lo specchio della famiglia alla quale appartengono, è difficile anche per i genitori fisicamente presenti nella loro quotidianità.
Credo di riuscire ad interagire con loro perché ho capito che i figli non bisogna trattarli come oggetti che ci appartengono. Voglio dire che in famiglia si è l’uno per l’altro, ma è giusto che ognuno abbia un suo spazio personale. In ogni caso, i problemi non finiscono mai, in qualsiasi famiglia.
Per quanto riguarda Antony, mio figlio, ho preso una decisione riguardo la partita a Barcellona. In verità, subito dopo il colloquio con i miei familiari, c’era stato un incontro del gruppo della trasgressione; insieme con loro ho parlato della mia perplessità relativa al viaggio di mio figlio in Spagna.
Tutto il gruppo era stato entusiasta della proposta che aveva ricevuto mio figlio e tutti avevano sostenuto che Antony dovesse poter giocare quella benedetta partita. Poi ho anche capito che tutti gli elementi del gruppo sentivano la partita come una loro meta personale, la sfida che un figlio di uno di loro potesse emergere positivamente nella società civile.
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Lietissimi della collaborazione con Nico Bastone (imperdibile il suo sito su Fabrizio de André!), lo ringraziamo anche per le foto che ci concede e che invitiamo a visitare sul suo sito.