La morte del cigno

Redazione

Un sunto e i commenti da San Vittore

22-10-2011

Un ballerino, da troppo tempo in cerca di lavoro, viene a sapere che nel teatro della sua città sono aperte le audizioni per ottenere una parte nello spettacolo “La morte del cigno”.

Il ballerino prende parte alla selezione e, grazie a un colpo di fortuna, viene scritturato per interpretare un cigno che nel grande finale dello spettacolo, dopo una breve ma straziante agonia, morirà.

La parte è breve, l'ultimo ballo dura appena un paio di minuti. Ma il ballerino, che da tanto tempo non lavora e che brama di esprimere le sue qualità, durante lo spettacolo pensa che l'ultimo canto del suo cigno merita ben altro spazio e così decide di prolungarne indefinitamente l'agonia.

Gli spettatori, i colleghi di scena e il regista cominciano ad allarmarsi, il ballerino non dà segni di voler cedere, l’agonia dell'animale diventa per tutti sempre più dolorosa. In sala gli spettatori rumoreggiano sempre più, ma il cigno non desiste.

Volano pomodori e insulti ma lui, galvanizzato dalla danza e dal palcoscenico, scambia le imprecazioni per ovazioni e gli ortaggi per omaggi. Il regista, oramai fuori di sé, irrompe sulla scena con un bastone per obbligare il ballerino a chiudere lo spettacolo, ma non c’è niente da fare.

Arriva la polizia, che lo carica in macchina strappandolo alla folla che vorrebbe ormai linciarlo. Viene accompagnato in ospedale mentre lui, sanguinante, fantastica sul successo della serata.

Gli anni passano; il ballerino prova a riciclarsi come attore. Squattrinato come prima e sempre in cerca dell'occasione giusta, ottiene la parte di Mercuzio in “Romeo e Giulietta”. Siamo al momento in cui il personaggio dovrebbe morire in duello, ma ancora una volta il nostro non ci pensa proprio a lasciare la scena. Ferito ripetutamente dall'avversario, ondeggia ma non cade mai. Fin quando dal pubblico si leva una voce: “Ma tu, 10 anni fa, non eri quel cigno che…?"

 

 

Commenti dal Gruppo di San Vittore

Antonio Iannetta : io vedo in questa storia la nostra vita, la smania di stare sul palco, l’incapacità di tollerare dei limiti.

Francesco Leotta: vedo anch’io la vita di molti detenuti. Spesso più si prendono botte e più ci si sente eroi. Il carcere è così frustrante, la disumanità che c’è in questi posti a volte viene scambiata per una palestra in cui si può dimostrare di essere dei veri uomini. Poi, una volta fuori, non si ricordano i “pomodori” che ci hanno colpito dentro, si sente solo la smania di diventare degli idoli immortali.

Luigi Petrilli: il cigno ha voluto dilatare in modo esasperato la sua presenza sul palcoscenico proprio perché il protagonista ha collezionato moltissime frustrazioni nella sua vita di ballerino.

Marcello Iannacci: il ballerino è un emarginato che, appena avuta la possibilità di essere al centro delle attenzioni di tutti, ha colto al volo l’occasione. Nonostante gli insulti e le botte, ha proseguito per dimostrare disperatamente alle persone che vale qualcosa e che sa lottare per questo.

Luciana Invernizzi: io ci vedo l’attaccamento alla vita. Vedo me stessa, vedo i miei momenti difficili in cui ho temuto di crollare, ma poi non ho ceduto e ho continuato a lottare. Io ho 85 anni, ma dentro ho una marea di cose per cui lottare ancora.

Delia Russo: c’è un uomo che cerca lavoro da tanto tempo, gli si presenta un’occasione più unica che rara ma, anziché collaborare con gli altri e lavorare bene per il minuto e mezzo che ha a disposizione, vuole tutto e subito, non ha la pazienza di coltivare relazioni e qualità e scivola nel grottesco, fino a scambiare insulti per adulazioni.