La rinascita del cigno |
Adriano Sannino | 16-11-2011 |
Leggo la storia di questo ballerino che ha fatto tanti provini per entrare nel mondo dello spettacolo e che non trova mai la parte che lui avrebbe voluto interpretare. Finalmente un regista teatrale gli assegna una piccola parte: dovrà vestire i panni di un cigno che muore. Ma la sua parte è breve, solo un minuto e mezzo per morire. Il ballerino si ribellerà in scena non facendo morire il cigno. Tutti i compagni attori cercano in ogni modo di farlo smettere, ma non ci riusciranno. Anche il pubblico gli si oppone buttandogli contro ortaggi di ogni tipo, ma il cigno li scambia per fiori e prende gli insulti per complimenti. Il regista, vedendo che la situazione gli è sfuggita di mano, prende un bastone e cerca di fermarlo, ma il cigno ancora una volta resiste. Solo la polizia chiamata dallo stesso regista riuscirà a trascinarlo giù dal palcoscenico e ad arrestarlo. Ma anche nella gabbia del cellulare delle forze dell'ordine, il cigno continua a ballare e a fare lo spavaldo.
In questa trama mi rispecchio molto, mi rivedo come il cigno che non vuole morire perché non ho mai rispettato le regole. Anche io mi sono sempre ribellato, anch'io nella vita sono stato un cigno: cercavo sempre di mascherare la drammaticità che mi circondava facendo il bullo, ovvero il cigno, proprio come il ballerino.
Come il cigno ho disobbedito alle regole del regista (mio padre) e non ho voluto rispettare e percorrere secondo le regole la parte che mi era stata assegnata. Ho voluto sempre fare il cigno per stare al centro della scena. Prendevo gli insulti e le ramanzine come complimenti di cui essere orgoglioso, ma era pura illusione. Non mi rendevo conto che stavo procurando agli altri danni incalcolabili e nello stesso tempo stavo affondando nella melma. Sono stato spavaldo anche quando mi hanno arrestato e caricato sulla macchina della polizia: volevo far vedere a tutti che il cigno non moriva, proprio come ha fatto il comico. Ma dentro di me c'erano tempeste di angoscia, amarezza, tristezza e delusione.
Oggi, grazie ai miei familiari che mi hanno sostenuto nel mio percorso di cambiamento, grazie agli aiuti che ho ricevuto negli istituti in cui sono stato (quando sono entrato non sapevo quasi scrivere e oggi ho il diploma di ragioniere), grazie al confronto settimanale al tavolo del Gruppo della Trasgressione, il cigno è “morto” ed è risorto con nuovi propositi, nuovi valori e nel rispetto delle regole che coinvolgono le altre persone.
Il mio cigno ribelle e bullo ha provocato danni irreversibili a tante persone e alla società nel suo complesso. Nella rinascita chiedo scusa alla mia famiglia e a tutte le persone vicine a coloro che per colpa mia hanno perso la vita.