DOMANDA: Qual è attualmente, dal punto di vista giuridico, il criterio per accertare la morte di un individuo?
Dal punto di vista legale in quasi tutti i paesi oggi la definizione della morte è semplicissima: morta è una persona che è dichiarata da uno, due o tre medici morta. Dunque lo Stato e la più gran parte delle giurisprudenze e delle leggi per paura di essere superati dagli eventi non definiscono più la morte.
Mi spiego. Come si decideva prima che una persona è morta, i criteri della morte? I criteri della morte più antichi erano il respiro; l'assenza del respiro era il segno della morte. Poi i battiti del cuore: con l'invenzione di un apparecchio, lo stetoscopio, nell'800 si considerava che una persona vive finché batte il cuore. Ma con l'introduzione di apparecchi che aiutano la respirazione si può arrivare ad una situazione particolare in cui il corpo respira, il cuore batte, il sangue circola, però noi pensiamo che non c'è coscienza né pensiero, non c'è nessuna reazione del sistema nervoso centrale, il cervello è distrutto. Allora se noi possiamo considerare che una persona come persona sia viva se il suo rene è morto o se un altro organo è morto, ovviamente consideriamo come viva una persona alla quale è stata tagliata una gamba, è molto difficile immaginarsi e considerare come viva una persona nella quale il cervello è distrutto.
"La morte è il passaggio dall'organismo al cadavere... Questo passaggio si può interpretare in vari modi, come un evento, come un processo, e queste interpretazioni costituiscono il concetto della morte" |
Quando si è scoperto che la morte di un organismo complesso può essere parziale perché una parte delle cellule che compongono un organismo multicellulare muore senza che muoia il tutto, sono subentrati i problemi della gerarchia della morte, dell morte a vari livelli ma anche dei passaggi da un livello all'altro. Se noi definiamo la morte come la fine dell'integrazione delle varie parti che compongono l'organismo vivente, non si può veramente parlare di "evento". Si tratta infatti di un processo. Per ragioni pratiche, giuridiche, sociali, però, questo è inammissibile. Una persona deve giuridicamente morire in un dato momento.
Se noi consideriamo la morte come processo, allora solo quando l'ultima cellula dell'organismo è morta, il cadavere è veramente completo. Noi però vogliamo determinare il momento della fine quando la distruzione è arrivata al punto tale che non si può più tornare indietro. La grossa sorpresa della diagnosi di morte cerebrale è la scoperta che non è la cessazione dell'attività della parte più alta della personalità, cioè della corteccia cerebrale, a rendere irreversibile il processo di morte. Infatti si sono registrati casi di ritorno alla vita dopo la cessazione dell'attività della corteccia cerebrale.
DOMANDA: Nelle scienze biologiche, specialmente in microbiologia, si sottolinea spesso che in realtà una linea cellulare è praticamente eterna. Essa non muore perché l'informazione contenuta in una cellula si può riprodurre all'infinito. Questo vuol dire che può esistere la vita senza la morte?
Vita e morte sono una coppia dialettica: la morte è negazione della vita, non esiste la morte se non c'è la vita e anche le definizioni filosofiche di solito prendono insieme i due termini, come nella più famosa definizione di Bichat: "La vita è l'insieme delle forze che si oppongono alla morte". Ma la definizione della vita come processo, evento, o altre definizioni più moderne in termini di "cristallo", "struttura", suppongono due diversi modi di concepire la morte. Se la vita è un cristallo, aperiodico, come si dice, allora in questo caso la morte è la distruzione e l'annullamento di una struttura, la rottura di qualcosa. Se invece la vita è un processo, un insieme di reazioni chimico-fisiche, allora la morte è la cessazione di peculiari funzioni.
Questa definizione è la più comune, ed in questo caso la coppia vita/morte si comprende molto bene. Ma che cosa fare se le funzioni vitali cessano e però poi riprendono? Abbiamo un terzo stato, uno stato di frontiera, di "non vita-non morte". Le strutture possono essere conservate, ma non c'è nessuna attività vitale, eppure la vita può riprendere. La biologia, le ricerche biologiche, dopo la seconda metà dell'Ottocento, hanno dimostrato la possibilità di congelare questi processi; non possiamo parlare più della vita, ma di vita latente. E' vita in potenza, ma non è vita in atto, comunque non è morte. Nasce l'esistenza di questo terzo stato che è qualcosa di completamente nuovo anche nel pensiero filosofico .
Tuttavia, nelle scienze biologiche, specialmente in microbiologia, si sottolinea spesso che in realtà una linea cellulare è praticamente eterna. Essa non muore perché la materia, soprattutto l'informazione contenuta in una cellula, si può produrre all'infinito. Si potrebbe dire, quindi, che esiste la vita senza la morte, ma tutto, allora, verrebbe a dipendere dalla definizione di "individuo".
La morte esiste sempre come una parte della vita, del processo vitale quando esiste l'individuo. Se si definisce in un certo modo, in un punto l'individuo cessa di esistere definitivamente. Se la riproduzione si fa con la divisione microbica come in certi protozoi, in questo caso non c'è cadavere, anche se l'individuo iniziale non esiste più, poiché al momento della divisione ci sono due individui diversi. Ma anche qui le cose non sono così semplici come si pensava inizialmente quando si è scoperto questo fenomeno dell'immortalità potenziale delle nostre cellule o degli esseri unicellulari. Dopo un certo numero di divisioni infatti esiste una necessità biologica di scambio di materiale genetico tra i diversi individui e questo scambio implica la morte dei due individui, la cessazione della loro esistenza individuale. Dunque anche quando si sopravvive, quando non c'è cadavere, esiste però, la cessazione dell'individuo. Altrimenti la morte non esisterebbe.
Anche nell'uomo c'è una parte che è, in senso biologico, immortale. Adesso non parlo filosoficamente, non penso all'anima, ma alla parte germinale: una parte dell'organismo umano è conservata, preservata e non funziona nella sua vita di ogni giorno, la parte genetica, le cellule sessuali, le quali non muoiono perché sopravvivono nei figli, i nostri figli sono una continuazione di noi.
DOMANDA: Lei ha parlato anche, riguardo ai microorganismi, dell'importanza dello scambio del materiale genetico per assicurare la continuità delle linee cellulari. In questo modo la morte è in un certo senso associata con il processo di organizzazione del vivente. Qual è il significato biologico della morte?
La morte è indispensabile perché la vita possa mantenersi. E' indispensabile perché le strutture viventi devono essere in accordo con l'ambiente, devono adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente: se esso cambia, la vita o gli esseri viventi devono cambiare. Se la morte non esistesse non sarebbe possibile adattarsi, non solo, ma anche l'evoluzione degli esseri viventi risulterebbe impossibile. Gli esseri esistenti occuperebbero tutto lo spazio vitale. E' necessario morire per lasciare posto alla nuova generazione e dare con ciò la possibilità che questa sia un po' diversa della precedente. Ci sono due strategie con le quali gli esseri viventi resistono ai cambiamenti dell'ambiente e si sviluppano. Queste due strategie, scoperte solo dalla biologia moderna, sono state sentite come tali, individuate già in modo intuitivo dai filosofi e dai letterati, dai poeti di tutti i tempi. Si tratta della coppia Eros e Thanatos, sesso e morte: la morte, Thanatos, lascia posto alla nuova generazione e l'amore, Eros, permette lo sviluppo con l'accoppiamento di due individui diversi, delle informazioni portate dai due, consentendo, da un lato, l'eliminazione degli errori che si sono accumulati e, dall'altro, l'introduzione di capacità nuove.
DOMANDA: I mutamenti che si osservano nel concetto di "morte" sembrano rimettere in questione lo stesso statuto ontologico della morte in quanto tale. Quali sono i mutamenti che si sono verificati al riguardo dalla filosofia antica fino ai nostri giorni?
.. Il mutamento fondamentale concerne l'idea della morte come evento; essa viene allora concepita come un processo, come una cosa che si sviluppa in diverse fasi; in tale prospettiva è pensabile anche una gerarchia della morte. Ma questi cambiamenti non toccano in nulla il concetto ontologico della morte.
... Il problema ontologico è che non si può immaginare la propria morte. Se noi pensiamo la nostra morte, e pensando siamo, allora non possiamo, insieme, essere e pensare di non essere. L'ha detto già Lucrezio che non bisogna avere paura della morte: non c'è nessuna ragione di averne paura perché quando noi ci siamo, la morte non c'è, e quando c'è la morte, noi non ci siamo. Essa quindi non ha nessuna importanza per noi poiché non ci tocca.
l problema, dal punto di vista metafisico, è però ancora più complesso e grave. Con lo stesso diritto con cui si dice che dal nulla non può nascere qualcosa, si deve dire anche che nulla può tornare nel nulla: tutto è trasformazione dell'esistente. La morte in senso assoluto sarebbe invece un ritorno nel nulla. Il problema metafisico esiste nella misura in cui si pensa che un essere vivente sia in sé e per sé un'entità ontologica, che abbia un'esistenza assoluta, indipendente, la quale non si esaurisce nelle strutture materiali che lo compongono. In questo caso il problema esiste effettivamente; non si può immaginare veramente la morte dell'anima se, appunto, l'anima è pensata come un ente in senso ontologico. Io sono vicino a questa prospettiva, che si collega alle filosofie orientali. Se esiste lo sparire nel nulla, allora possiamo ammettere anche che esiste un nascere dal nulla: siamo nati e poi torniamo alla stessa situazione precedente alla nascita. Se invece la parte spirituale in noi non muore, non vedo come mai potrebbe nascere; in questo caso, con lo stesso principio, penso che noi esistiamo come tali da sempre e passiamo soltanto attraverso diversi stadi. C'è una specie di metamorfosi del nostro Io.
..la morte infatti avviene come perdita di integrazione di una totalità. Diceva Diderot: "Da vivo reagisco come un insieme, da morto reagisco come molecole"...