Un ponte interminabile

 

Salvatore Marchisella, Vito Damone

In una cella di San Vittore si incontrano due soggetti: uno giovane (Y), ribelle, narcisista, con un passato familiare problematico, sfiduciato nelle istituzioni, incapace di provare emozioni, che si trova in carcere per aver commesso una rapina; l'altro (X) sulla quarantina, amico del padre di Y e conosciuto da Y come persona prestigiosa nell'ambiente criminale e quindi "da rispettare".

X riconosce in Y lo stesso temperamento della sua gioventù. Il passato di X è stato caratterizzato, all'interno del carcere, da comportamenti ricattatori verso la Direzione dell'istituto: un ribelle che non accettava alcuna forma di aiuto, né riteneva doversi confrontare con nessuno. In passato X era stato protagonista di aggressioni violente nei confronti dei compagni detenuti, pur di affermare la sua leadership.

Ad un certo punto della sua esperienza carceraria, dopo anni di comportamento squilibrato, X ha l'occasione di conoscere all'interno del carcere una assistente volontaria (A), verso la quale sviluppa una forte attrazione sentimentale.

Dopo diversi incontri X viene invitato da A a partecipare al giornale interno di cui A è la direttrice. X accetta di buon grado perché attratto più dal sentimento che dai motivi per i quali viene sollecitato.
Da qui X incomincia un cammino diverso; egli inizia a comprendere, con l'aiuto di A e di altri operatori carcerari, l'importanza di un confronto sulle problematiche della vita e di un dialogo aperto e sincero.

Egli scopre così che le difficoltà per il raggiungimento delle aspirazioni, la mancanza di uno spazio nel quale far emergere la sua creatività e le sue capacità sono frustrazioni presenti anche in altre persone. Quindi si identifica nelle problematiche altrui e acquisisce una maggiore sensibilità nei confronti del prossimo. Da qui, inizia a riflettere sui suoi reati e sui suoi comportamenti in generale.

Incomincia a frequentare corsi scolastici interni, a partecipare a tutte quelle attività di risocializzazione presenti nel carcere e arriva a conseguire una laurea in giurisprudenza, regalando così una grande soddisfazione non solo a se stesso, ma anche a quanti all'interno del carcere avevano contribuito a stimolarlo con la loro sfida (recuperare un soggetto particolarmente irrequieto).

X si prodiga per trasmettere la sua esperienza positiva a Y, coinvolgendolo in tutte quelle attività che l'avevano portato ad una crescita culturale. Y inizialmente si lascia coinvolgere perché ritiene X una persona da assecondare per proseguire nella malavita. Ma ben presto anche Y, con l'aiuto di X e degli operatori penitenziari, si accorge della positività e della crescita che avviene in lui.

Quasi in coincidenza, X e Y maturano i termini e i requisiti per poter accedere a misure alternative al carcere. Entrambi ne fanno richiesta. L'esito dell'istanza fatta da X risulta essere negativa, in quanto ritenuto capace di poter organizzarsi una fuga; al contrario, Y ottiene l'affidamento ai servizi sociali.

Una volta fuori, Y incontra numerose difficoltà, soprattutto la mancanza di fiducia nei suoi confronti da parte della collettività a causa del suo passato e dell'attuale condizione di semi-detenuto.

Non riesce a trovare un lavoro, tenta di frequentare un corso professionale serale, ma all'interno della classe incontra gli stessi problemi di reinserimento. Viene osteggiato dai genitori della sua ragazza che lo ritengono un poco di buono; la sua famiglia lo spinge a rendersi indipendente e a responsabilizzarsi, e lo giudica negativamente nonostante i suoi sforzi per descrivere che le difficoltà di reinserirsi non sono dovute a una sua cattiva volontà ma alla mancanza di fiducia nei suoi confronti da parte degli altri.

Trovandosi di fronte a questa situazione, Y si rivolge all'assistente sociale, la quale relaziona la situazione al Magistrato di Sorveglianza, che a sua volta dispone che Y deve trovarsi un lavoro entro il termine massimo di 30 giorni; in caso contrario, la revoca del beneficio. Y interpreta questo ultimatum come la sua grande sfida.

Nonostante il suo grande impegno per vincere la sfida, il 29° giorno si ritrova di fronte ad uno specchio con una pistola in mano; si chiede se commettere una rapina e darsi alla latitanza, lasciarsi arrestare o addirittura suicidarsi.

In quel momento sopraggiunge una telefonata dal Rettore dell'università Bicocca; Y apprende di avere vinto un concorso per un impiego da bidello.

Y ringrazia, posa la cornetta del telefono, posa la pistola e, alla luce di quanto appena acquisito, torna a interrogarsi sul da farsi.