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Esplorando il sito della trasgressione, ho scovato in un angolo anche le nostre riflessioni. Rileggendole mi sono accorta di come fossero tutte davvero riduttive. Quei dieci minuti non sono stati assolutamente sufficienti per esprimere tutti i nostri pensieri.
Quando ho sentito dire da uno di voi che si sente libero soltanto leggendo e scrivendo lettere, mi sono totalmente riconosciuta nella sua affermazione. Spesso mi è capitato di sentirmi "imprigionata" da quello che devo fare, dalle mie scelte e da quelle che gli altri fanno per me. Un contatto con un'altra persona attraverso una lettera mi ha fatto sentire libera, è vero, e soprattutto lontana dalla vita normale. E penso che per qualcuno che è realmente imprigionato, questa emozione sia ancora più forte ed importante.
Tra le sensazioni positive che mi sono portata fuori dal carcere c'è stata quella di aver eliminato tutte le differenze.
Durante il gioco non esistevano più scout, studenti o carcerati; tutti eravamo semplicemente persone, e indistinguibili.
Devo ammettere però, che la maggior parte delle sensazioni che mi rimangono sono negative.
Ascoltando le vostre storie e cercando di capire i vostri stati d'animo, ho percepito la sofferenza che domina il carcere e coinvolge tutte le persone che lo abitano. Secondo il cappellano stesso, nessuno può essere felice in carcere, non possono esserlo i detenuti e neanche gli agenti, gli operatori e il direttore. Ma non è questa una contraddizione esagerata? Creare un luogo dove per definizione non ci sia posto per la felicità?
Dalle vostre parole ho potuto percepire soprattutto sfiducia e sconforto. Mi viene in mente una canzone di De Andrè che ripete la frase: "anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti..."; e questo esprime perfettamente il mio stato d'animo, mi sento tragicamente coinvolta e colpevole per aver sempre fatto parte di quella fetta di società, la più grande, che tende a fregarsene. La società che preferisce sconfinare i problemi in un angolo e nasconderli, toglierli di mezzo. La società che dimentica le grandi responsabilità che ha nei cofronti dei suoi figli.
Ho parlato di questa esperienza con tutte le persone che mi stanno più vicine. Non ho lasciato che quel pomeriggio mi passasse semplicemente sopra, ho cercato di fare sì che diventasse realmente mio. Ora però mi trovo in difficoltà, vorrei fare qualcosa di concreto perché non cada tutto nel vuoto. E' difficile e non so da che parte cominciare. Avete qualcosa da suggerirmi???
GRAZIE, UN SALUTO A TUTTI
Valentina