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Passo dopo passo

Antonella Cuppari

Ciao Valentina,

sono Antonella e faccio parte del Gruppo della trasgressione esterno.

Il gruppo è sia interno che esterno, è sia dentro che fuori; da una parte ci sono i detenuti, dall'altra gli studenti e la società. Ciò nonostante il Gruppo e la Redazione de "Il due" sono una realtà che rende permeaibili i confini dentro/fuori promuovendo la comunicazione tra parti diverse della società, nonostante le mura del carcere e i muri ben più spessi legati ai pregiudizi, alle paure, al bisogno di isolare ciò che si avverte come pericoloso.

L'incontro con voi scouts è stato un esempio di come le mura carcerarie, non hanno impedito al dentro e al fuori di comunicare, dialogare, scambiarsi opinioni. Tutto questo è avvenuto nella consapevolezza, da parte di ognuno, di essere uno studente, piuttosto che uno scout, piuttosto che un detenuto. Un incontro nell'identità, dove io sono rimasta Antonella, tu sei rimasta Valentina e Ivano è rimasto Ivano. Forse è stata proprio questa diversità a rendere l'esperienza unica: un po' come i calzini che voi scouts vi siete scambiati quella domenica pomeriggio poco prima che il workshop terminasse; ognuno ha portato a casa un calzino diverso da quello che aveva.

Il carcere non rende felice nessuno; hai avuto modo di vedere come le cose che al suo interno non funzionano siano di gran lunga superiori a quelle che funzionano.

Ciò nonostante il Work Shop, la realtà del Gruppo della Trasgressione e della redazione del Due, rappresentano una sfida, una dimostrazione del fatto che dal carcere è possibile far uscire qualcosa di buono e di positivo.

Io credo che la storia non sia fatta tanto di grandi rivoluzioni ma di piccoli passi che giorno dopo giorno rendono più chiaro il percorso fatto e la meta che si vuole raggiungere.
E' solo attraverso una progettualità che si possono portare dei cambiamenti che, oltre a distruggere una realtà negativa, siano capaci di costruire una realtà nuova e migliore.

Abbattere le mura del carcere potrebbe sembrare a prima vista una meta auspicabile, ma di fatto è realmente così?
Queste mura sono nate per dividere, per emarginare quelle persone che hanno fatto sentire, per qualche motivo, vulnerabile la società.
La società di fronte al reato ha paura, vuole difendersi e questo, spesso, lo fa anche a costo di una amputazione non indifferente di se stessa.

I confini tra il male e il bene sono labili, e questo porta le persone a rafforzare quelle mura che le illudono di essere lontane dal pericolo. Il carcere fa schifo, ma ha una sua funzione, giusta o sbagliata che sia.

Forse, prima di "abbattere" il carcere, bisogna affrontare le mura invisibili, ma non per questo meno resistenti, che ognuno di noi ha verso questa realtà. Ciò è possibile, credo, solo attraverso una comunicazione che aiuti le persone a mettersi in gioco in tutta sicurezza e a stimolare la loro creatività e il piacere di spenderla con gli altri.

Quel qualcosa di concreto che tu dici di voler mettere in pratica per non "fare cadere tutto nel vuoto" lo hai fatto adesso con queste riflessioni; riflessioni che non hai tenuto per te, ma a cui hai dato una forma e che hai deciso di comunicare.

Un altro passo è stato fatto...

Grazie e buona giornata.

Antonella